Faceva freddo quella mattina, i campi erano ghiacciati e ai detenuti fu concesso un giorno di riposo.
Walter sedette su un cumulo di sabbia, chiuse gli occhi e cercò di sentire il vento spigoloso sulla pelle.
<Strano> osservò silenzioso, mentre l'aria spazzava il terreno.
Non sentiva nulla , il freddo era un ricordo, il vento un' immagine creata dagli occhi.
Quel posto lo stava cambiando, piano piano, sottovoce; era malato di qualcosa che non capiva.
Il cervello elaborava idee, pensieri, tutti buoni e nessuno utile.
Poteva guardare, udire, parlare, ma gli mancavano quelle semplici e banali sensazioni, quali il tocco di una mano, il dolore di una ferita o per l'appunto la carezza del vento.
Un robot, ecco cosa stava diventando, un cumulo di freddo acciaio che presto o tardi avrebbe smesso di funzionare.
Il vento si placò e fu in quel preciso istante che Walter si accorse della sua presenza.
Nikolai Ruzhin se ne stava seduto a poco più di un metro, mangiava un'arancia, lentamente, perché era questo il suo credo, ogni cosa per essere ben fatta richiedeva una certa tempistica e accelerare inutilmente avrebbe portato solo problemi e guai.
<Non dovresti essere qui>.
Sobbalzò, per la prima volta da più di un anno una persona in carne ed ossa gli aveva rivolto la parola e perlopiù si trattava di uno spietato killer russo.
<Tu parli?>
<Perché non dovrei?>
<L'altro giorno mi hai dato l'impressione di essere un tipo di poche parole>.
<Diciamo solo che sono solito interagire con chi mi sta simpatico>.
< Intendi dire con uno dei tuoi bersagli?>
<Intendo solo con chi mi sta simpatico>.
Walter si rilassò, per il momento non era un bersaglio e con un po' di fortuna non lo sarebbe stato nemmeno in futuro.
<Li vedi anche tu?>
<Chi, i detenuti?>
<No, intendo loro, quelli che camminano>.
<No, anzi sì.......a dire il vero non saprei qual'è la risposta più appropriata>.
<Il vecchio Yuri diceva che erano ospiti frequenti nei Gulag; militanti politici o semplici cittadini avversi al regime che non ce l'avevano fatta, ed ora vagavano per il campo di detenzione, aspettando che qualcuno venisse a liberarli>.
<Liberarli da cosa?>
<Yuri diceva dal rancore, ma credo fossero pensieri di una vecchia mente malata>.
<Tu le vedi?>
<Non al tuo stesso modo a quanto pare>.
<Come diavolo....>
Nikolai alzò una mano, bloccando le parole di Walter a mezz'aria.
<Ssss, osserva e capirai>.
E osservò, oltre l'evidenza, fatta di detenuti e guardie, di mattoni ingrigiti dal tempo, fra le pieghe dell'aria circostante.
Sobbalzò, vedendo quelle ombre che tristemente vagavano, avanti e indietro, senza una meta precisa.
<Chi sono?>
<Te l'ho già detto, sono povere anime intrappolate in questo inferno terreno, ma tu puoi definirle come vuoi>.
<Ma allora riesci a vederle anche tu!>
<No, sento la loro presenza ma per il resto è buio pesto>.
<E come hai fatto a capire che io....>
<Il tuo sguardo, è uguale a quello del vecchio>.
<Allora sono pazzo>.
< Può darsi, oppure vedi oltre le apparenze>.
<Cosa volevi dire con la frase non dovresti essere qui>.
<Semplicemente che questo non è il posto in cui dovresti stare>.
Ruzhin si alzò con tutta calma, allontanandosi, incurante del tempo che passa, perché quella era l'unica cosa di cui disponeva in abbondanza.
STAI LEGGENDO
VARIANTE
HororFino a dove può spingersi una persona per amore? Può un uomo cadere fra le braccia del buio senza alcuna possibilità di ritorno? Walter Chris Stewart non aveva altre possibilità.... o almeno così credeva.