La vita fuori dall’edificio per matti non era tanto diversa. In ogni angolo c’era sofferenza. Che si trattasse di una vecchia sulla sedia a rotella, dei lava vetri, dei barboni che chiedevano denaro. E mi veniva una strana rabbia quando la gente passava oltre, quando la gente li guardava con disprezzo o gli rideva in faccia.
Cominciai a vivere in solitario, senza nessuno. Senza la compagnia di un solo cane. Ne vedevo così tanti per strada, con i loro padroni “barboni” a chiedere l’elemosina per strada.
Sofferenza.
Continua sofferenza di cui il mondo si era macchiato. E come si poteva “pulire” quella macchia nera sulla faccia del pianeta terrestre? Con la morte… Solo grazie alla morte il mondo si sarebbe sistemato, si sarebbe… si sarebbe lavato da ogni male.
Erano passati due anni.
Due anni di vita moribonda.
Stavo assieme a persone che soffrivano dalla mattina alla sera, eppure qualcuno sembrava felice. Felice di cosa?
Vagabondando per le strade, un giorno mi trovai di fronte un negozio di animali. Non avevo mai desiderato una compagnia, ma i miei occhi si illuminarono alla visione di una creatura tanto meravigliosa quanto maligna.
Un serpente.
Un serpente dalle squame nere e rosse, corto e magro, ma dal veleno così potente da ucciderti. E doveva essere mio.
Prendilo., mi consigliò la mia coscienza. Quasi mi voltai per guardarla, ma non potei che vedere me. Me e solo me a sorridermi, proprio come stavo facendo io.
Entrai dentro il negozio con passo elegante e felpato. Deserto. Non c’era nessuno li dentro. Il posto era pieno di animali: dai cagnolini alle tarantole. Guardai uno per uno gli animali. Belli, dolci… tenebrosi. Io preferivo gli ultimi.
“Scusa…” la voce di un uomo mi destò dai miei pensieri. Mi alzai incrociando il mio sguardo nero con quello di lui. Era un ragazzo. Un ragazzo abbastanza paffutello poco più grande di me, con l’apparecchio ai denti. “… Hai bisogno di aiuto?”
Lo studiai per qualche secondo. Il volto diventò rosso in qualche secondo, imbarazzato dal mio sguardo insistente. Ragazzino… Come se io potessi essere interessata a lui.
“Si” alla mia voce tirò un sospiro di sollievo. Cominciai a camminare lentamente verso la gabbia vetrata in cui era chiuso il mio nuovo amico. “Questo. Vorrei questo” lo indicai. Il serpente sembrò sentirmi, a mi guardò uscendo la lingua. Sorrisi a quella visione. Sapevo che era d’accordo.
“Sicura?”
“Sicura” , sussurrai appena avanzando una mano verso il vetro. La mossi e il serpente cominciò a seguirla in quella strana danza.
“Bene, allora vado a chiamare l’addetto che … toglierà il veleno al serpente”
Lo vidi andare via a passo velocizzato. Un sorriso mi coprì il volto, mentre guardavo il serpente “Che spreco sarebbe toglierti il veleno?” mi guardai attorno un secondo. Nessuno. La stanza era completamente vuota. Lentamente aprii la gabbia e infilai la mano sinistra. Il serpente si aggrappò sul mio braccio. La sensazione di viscido mi paralizzò per un attimo, solo un attimo, prima di coprire quello strano malessere in un benessere strano. Stavo rubando, lo sapevo.. ma avevo anche ucciso… La cosa non mi sfiorava nemmeno la mente. Se avevo ucciso non era perché “volevo” farlo… Era mio dovere uccidere chi soffriva.
“Bene, caro amico… Da oggi in poi sarai tu la mia compagnia” il serpente uscì la lingua varie volte. Era contento. Era felice anche lui di aver trovato la compagna giusta. Di essere stato liberato.
Presi dalla mia tasca un fiammifero e lo accesi. Osservai il fuoco. Anima calda che scalda il cuore. Poggiai la piccola fiamma dentro la gabbia del serpente e lascia che il fuoco desse vita al suo balletto. Non avrei bruciato tutto il negozio. Non sentivo sofferenza negli animali…
“Andiamo”
Uscii di spalle dal negozio mentre gli animali cominciavano ad agitarsi.
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Il Diario di una Psicopatica
Horreur"Il mio dono è la morte.. e sono qui per donarla anche a te" E' questo quello che crede la Psicopatica. Uccidere è quello che adora fare, e lo fa con grande sentimento... come se fosse davvero il suo modo di vivere. Vivere, uccidendo gli altri.