Il mio compito era quello di far giocare i bambini. Che compito assurdo, come se i bambini dovessero aspettare me per giocare. Come se io fossi davvero adatta per quel compito. Se volete proprio saperlo, no... Non mi sentivo adatta per un compito del genere. Solitamente i bambini giocavano, facevo per loro delle cacce al tesoro, con tesoro delle caramelle. Era l'unica cosa che veramente li rendeva felici. Mentre io mi passato il tempo a scattare delle foto. Delle meravigliose foto a quei bambini. Fermavo il loro sorriso, la loro felicità, quei attimi di gloria nell'aver trovato il tesoro.
E, credetemi, era qualcosa che riempiva il cuore.
Un po' come il pensiero della morte. Comincia ad entrarti nelle vene, piano... Lentamente. E come una coperta ti ricopre l'anima, e riempie il cuore. Qualcosa di estenuante che non puoi dimenticare. Come potresti riuscirci dopo aver ucciso un paio di persone? Dopo aver ucciso il tuo stesso sangue, tua madre?
Mi bloccai qualche attimo nei miei pensieri e non mi accorsi immediatamente del gruppo di bambini che stava in cerchio. No che mi incuriosirono tanto, ma il mio sesto senso - se così possiamo chiamarlo - mi disse che c'era qualcosa che non andava. Posai la macchinetta fotografica di lato e mi avvicinai al gruppo.
"Dai, che aspetti... uccidila!"
"No, che schifo! Io non l'ammazzo quella cosa!"
"E' solo..."
"Che diavolo state facendo?"
Si voltarono tutti verso di me. Erano cinque bambini quasi tutti della stessa età. Dieci, forse undici anni. Alzai la testa per vedere cosa c'era attorno al cerchio. Era un ape. Una piccola ape che cercava di volare ma non poteva visto che aveva il bastone di uno dei bambini sopra il corpo. La sentivo gemere, la povera ape. Riuscivo a sentire il suo dolore, la sua ira... Riuscivo a sentire l'adrenalina dentro se che gli impediva di uscire fuori. E sentivo la mia di adrenalina, che cresceva dentro lo stomaco. Era una sensazione insopportabile.
Erano peccatori.
Volevano uccidere una povera ape. Una piccola e docile ape.
"Brutti marmocchi!" non potei guardarmi allo specchio, ma non mi ci volle molto per capire che il mio volto era diventato rosso di ira. Il sangue batteva nelle tempie. Avrei dovuto ucciderli, uno per uno. Uno dopo l'altro. E con le torture peggiori. Strinsi i pugni nelle mani. Se avesse stretto ancor di più mi sarei tagliata con le mie stesse unghia.
"E' solo..."
"... un ape?"interruppi il bambino che teneva il bastone e continuava a torturare la piccola ape. "E pensi che un ape non abbia il tuo stesso diritto di vivere? Pensi che quella piccola creatura abbia meno diritti di te? Chi sei tu per poter decidere il suo avvenire? Chi diavolo sei tu per poter decidere il destino degli altri?!" senza rendermi conto avevo alzato un po' il tono della voce. I bambini mi guardavano inorriditi. Nuovamente mi sentii guardata come se fosse pazza. Quei occhi, quello sguardo... Non ero io ad essere pazza, erano loro a non capire ciò che sentivo. Senza aspettare qualche minuto in più presi la mano del bambino e tolsi il bastone. La piccola ape arrancò un po', prima di poter prendere il volo. Fortunatamente per i marmocchi, l'ape non ebbe risentimento - cosa che sicuramente avrei avuto io - e non tornò per pungerli. A che scopo poi? Sarebbe morta lo stesso. Si sarebbe ucciso per cosa? Dar una lezione a un moccioso? Non ne sarebbe valsa la pena, perché è raro che cambino per una puntura d'ape. Feci un piccolo sorriso, osservandola ancora volare. Mi voltai per andarmene.
"Sei una stupida! Chi ti mischiava nel nostro gioco?!" la voce del bambino arrestò il mio passo. Mi voltai verso di lui guardando dall'alto del mia altezza - sebbene non fossi un colosso, ma solo qualche centimetro più di loro. "Stavamo giocando, stupida Cozza!"
Rimasi inorridita. Non tanto per le prese in giro, ma quanto per quello che aveva detto. Stavano giocando. Loro stavano solo giocando... Che cosa orrenda. Che ... che schifo!
Mi avvicinai di qualche passa.
"Giocando..." ripetei con tono basso. "Ma certo. Voi stavate solo.. giocando!" solo a ripetere mi veniva una grande nausea allo stomaco. Sentivo salirmi qualcosa in gola. Sapevo che era la rabbia. E più quel bambino parlava più me lo immaginavo legato in qualche letto a farlo soffrire, come quella povera ape che prima lui stesso stava torturando per... per gioco! Sorrisi fra il disgustato e il sarcastico, avvicinandomi ancora. Gli altri bambini, vedendo forse della follia nei miei occhi, fecero qualche passo indietro. Ma non quello che stava cercando di sfidarmi. Lui rimase immobile a fissarmi "E quanto gusto ci provi a giocare con la vita delle altre creature?"
Mi fissò seriamente, ma quella serietà finì un momento dopo lasciando posto ad un sorriso per nulla gioviale. Maligno. Ecco com'era quel bambino: maligno. Una creatura del male, del Diavolo. "Più di quanto immagini"
La rabbia aumentava, ma così anche la meraviglia. Socchiusi un attimo gli occhi.
Uccidere. Era questa la voglia che avevo. Un essere così doveva solo essere eliminato. Non aveva importanza che fosse solo un bambino.. Doveva semplicemente sparire dal mondo.
"Davvero?" sorrisi appena. Feci un passo, e un altro.. e un altro ancora, sino ad essere vicino a lui. Mi abbassai per mettermi alla sua altezza. Gli occhi castani mi squadrarono. Con velocità presi il suo braccio e lo strinsi. "E ti piacerebbe soffrire, eh? Dimmi, piccolo... Proveresti gusto nel provare il sapore del dolore, di sentire il sangue fermarsi attimo dopo attimo. Di sentire il tuo cuore battere forte, velocemente... e poi sentirlo battere sempre più piano. Dimmi, quanto gusto proveresti nel provare il dolore della morte?" ad ogni mia parola la mano aumentava la sua stretta.
Il bambino gemeva. Era diventato pallido. Le mie unghia affondavano nella sua tenera carne, lasciando le macchie di sangue. Dolore... era questo che trovai sul suo volto. Ed era così piacevole. Era così sublime assaporare il dolore di quel peccatore, figlio di Satana. Un sorriso mi percorse il volto.
"Non è così bello, vero? Non è così esilarante come la sofferenza che provano gli altri, non è così?"
"Ti prego, smettila!" il bambino aveva cominciato a piangere. Lacrime. Erano sempre quelle che vedevo quando erano messe alle strette. Il sangue aveva cominciato a scendere sulla mia mano, ma io continuavo a stringere. Doveva provare lo stesso malessere dell'ape, il suo stesso dolore, la sua stessa voglia di scappare via.. di essere libera. E lo avrebbe capito non appena avesse provato quel dolore che lo avrebbe portato al pensiero della morte.
"Sai, anche l'ape chiedeva di essere lasciata in pace. E tu volevi ucciderla. Avresti saputo vivere con il peso di aver ucciso una creatura vivente? Avresti poggiato la testa sul candido cuscino e dormito col pensiero di aver messo fine alla vita di una creatura di Dio?"
Il bambino continuava a piangere senza emettere alcun suono se non quello dei gemiti.
"Sarah?"
Continuavo a stringere, sempre più.
"Sarah? Che diavolo fai?!" il papà di James, di cui spesso dimenticavo il nome, si avvicinò a me prendendomi per un braccio. Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi. Vidi il suo sguardo spaventato, inorridito, scandalizzato. "Che stai facendo?" mi chiese con voce flebile.
"Lo punisco" ero seria, e non poco.
"Mollalo, dai."
Come potevo mollarlo? Una scena del genere gli sarebbe potuta costare un braccio!
"Sarah, mollalo!"
Mi decisi a mollarlo, sebbene la mia ira crescesse. Ritrassi la mano bagnata del suo sangue. Il suo sangue peccatore.
Guardai il volto scandalizzato del bambino.
Guardai il volto scandalizzato dell'uomo.
Guardai la mano... E con un sorriso mi voltai e me ne andai.
STAI LEGGENDO
Il Diario di una Psicopatica
Horor"Il mio dono è la morte.. e sono qui per donarla anche a te" E' questo quello che crede la Psicopatica. Uccidere è quello che adora fare, e lo fa con grande sentimento... come se fosse davvero il suo modo di vivere. Vivere, uccidendo gli altri.