Nella stessa giornata piovve. Provavo pace. Provavo solo pace quando quelle lacrime celestiali cadevano piombando sul terreno. Cominciava sempre lentamente, la pioggia, proprio come quando si piange... e poi comincia ad aumentare la velocità. Anche il cielo talvolta ha bisogno di sfogarsi.
Da piccola mia madre mi diceva che erano i santi e Cristo che piangevano. Piangevano per noi, per quello che accadeva nel mondo. Tutti gli omicidi, tutte le persone morte.. Il cielo lo ricordava, e piangeva per tutti.
Mi chiesi se il cielo stesse piangendo anche per me. Avevo sbagliato quel giorno? Avevo fatto qualcosa che non andava fatto? Ci pensavo in tutti i minuti... ogni secondo il mio pensiero stava a quel bambino a cui avevo stretto il braccio. Il braccio era una sciocchezza... avrei dovuto staccarglielo per ciò che aveva commesso, avrei dovuto ucciderlo senza pensarci. Era questo che meritava, quel... quel Peccato.
"Ciao"
Mi voltai per vedere chi era a salutarmi. Ma dalla voce non mi venne difficile riconoscerlo.
"Ciao", ricambiai.
Lui si sedette accanto a me, su uno scalino dell'edificio. Non venivamo bagnati visto che c'era il tetto di sopra a proteggersi.
"Cosa fai?", mi chiese.
La curiosità della gente mi ha sempre dato fastidio, ma non poté che sospirare "Penso" Guardavo verso destra... mentre lui stava alla sinistra. No che non volessi guardarlo, ma era stato lui a fermarmi. E mi aveva guardato come se io avessi sbagliato. E adesso cosa voleva? Dirmelo in faccia? Voleva capire se fossi davvero una pazzoide? Voleva capire se...
"Perché hai fatto quella cosa oggi?"
Per appunto, voleva sapere perché l'avevo fatto.
Un sorriso quasi malinconico - forse pentito - mi crebbe sul volto. "Andava fatto"
"Andava fatto?" ripetè con voce quasi sconcertata. Sicura nella sua Bibbia non c'era scritta una cosa del genere. Secondo lui doveva essere solo perdonato. "Sarah hai quasi strappato la carne a quel ragazzino! Che vuol dire che < andava fatto >?!"
Mi voltai per guardarlo. In effetti aveva lo sguardo quasi smarrito, sconcertato.
"Senti..." il nome. Non lo ricordavo mai.
"Nath"
"... Nath." Lo ripetei velocemente, senza smettere di guardarlo "Ha quasi ucciso un ape. L'ha torturata. La teneva sotto un suo bastone caratterizzando i minuti di quella piccola ape che desiderava solo volare. Per te non è nulla, certo.. Ma andava fatto, se no non avrebbe mai capito." Mi voltai nuovamente dal lato opposto guardando un albero. "E non capirai nemmeno tu" sussurrai.
Per qualche secondo non parlò. Lo sentii solamente prendere qualcosa dalla tasca. Con la coda dell'occhio mi accorsi che stava prendendo una sigaretta. La portò alle labbra e l'accese con un accendino. Odiavo il fumo, odiavo chi fumava. Ma di certo questo non era un peccato mortale... Questo era solo un vizio. Uno stupido vizio.
"Se non sbaglio il "Non uccidere" è uno dei comandamenti del Signore, giusto?" quella domanda mi restò per qualche attimo senza parola. Cosa ne sapeva lui di chiesa? Aveva detto a suo figlio che sua madre era morta... Punto. No che fosse andata in un mondo migliore, semplicemente la madre di James era morta.
"Precisamente" mi decisi a rispondere dopo qualche secondo.
"E tu? Hai mai ucciso?"
Bloccata, Rimasi bloccata. Cosa voleva sapere? Perché voleva saperlo? Era un poliziotto per caso? Mi voltai per guardarlo in volto. Potevo leggere la sua anima, il Signore mi aveva anche dato questo potere. La vedevo pulita, si. I suoi occhi sembravano sinceri, come il suo sorriso pulito.
"Forse" era solo un sussurro, forse nemmeno. Forse mi uscii solo fra le labbra, ma nulla di che.
"E il Signore? Secondo te ha mai ucciso?"
Che razze di domande erano? Mi stavano mandando in pappa il cervello! Continuavo a guardarlo in modo stranito. Non... non poteva chiedermi una cosa così... così ovvia.
"Come puoi chiedermi una cosa del genere? Il Signore..."
"Secondo me Si", non mi permise nemmeno di rispondere. Ma la sua risposta mi bloccò. Si... Secondo lui il Signore si era sporcato le mani di sangue. Del nostro sangue, sangue umano. No, non poteva dire una cosa del genere. Scossi il capo senza smettere di guardarlo. "Si, Sarah." Continuò ad annuire con quel sorriso in volto "Come mi spieghi allora la morte della mia ex moglie, nonché madre di James?" Ci fissammo per qualche attimo. Io non riuscivo a parlare. Per me il Signore era tutto. Non avevo una casa, una madre, una famiglia... ma se lui era li sopra mi importava solo di questo. "Elèna aveva un cancro. Quando concepimmo James non lo sapevamo ancora, ma gli esami lo certificarono. < O Lei o il Bambino >, disse il dottore. Quel Cancro era entrato nelle nostre vite come lo era entrato quel piccolo bambino. Eppure Elèna piangeva... Di felicità. Non dimenticherò mai il suo sorriso inondato di lacrime mentre mi diceva < Io morirò ugualmente.. Quanto vale morire per dare la vita ad una creatura. La nostra creatura >."
Non riuscivo nemmeno a respirare. Gli occhi mi si riempirono di lacrime in qualche attimo. La pioggia era aumentata, come se lo stesso Cielo capisse la gravità di ciò che succedeva.
"Continuava a crescere, sia la malattia che il feto. La vidi invecchiare in quel nove mesi, come se passassero ad ogni mese un anno. O dieci, per la precisione. La pancia le si ricopriva piena di lividi, e anche la pelle. Vedere la sua pancia macchiata di bluastro non era mai uno spettacolo esilarante ma... La baciavo. Perché l'amavo. Elèna era la mia vita. Elèna era il mio presente, e sarebbe stato il mio futuro se... se non avessimo concepito James." Continuava a guardarmi negli occhi. Ed io non capivo se trovato quella storia terribilmente sconcertante o solo qualcosa che aveva caratterizzato la vita di Nath ed Elèna, nonché di James. "Al parto era senza forze. Il Cancro si stava mangiando tutto dentro lei. Partorì con l'auto dei medici e morì. Aveva dato alla luce James e lei era andata via lasciando il vuoto dentro noi, specialmente dentro me" sospirò. Prese aria come se quella storia l'affliggesse. Affliggeva anche me. "Poco dopo mi dissero che James aveva ereditato il cancro dalla madre. Mi dissero che al momento era in forma benigno, che fino ai dieci anni non mi avrebbe dato molti problemi. Dovevo trovare gli organi giusti, con il suo stesso sangue. Ma siamo in un paese in cui ormai si preferisce morire che essere tagliati e morire lo stesso" mi sorrise, un sorriso ricco di risentimento. Credeva di non aver fatto nulla.
Una lacrima mi scivolò sul volto, mi rigò la guancia. Ma non smisi nemmeno un secondo di guardarlo. "Perché dici a James che sua madre non sta in cielo? E' li che stanno tutti i morti... in un posto migliore"
Mi sorrise scuotendo il capo "E quale madre abbandonerebbe il figlio per andare in posto migliore, Sarah? Tu lo faresti?"
Nuovamente mi bloccò con quelle domande. Non aveva ragione, perché Elèna era andata via perché era malata donando la vita a James. Ma bisogna vedere la mentalità di un bambino. Cosa avrebbe pensato se Nath gli avesse detto che Elèna, sua madre, fosse andata in un luogo migliore, più bello? Se la sarebbe presa?
"Il Signore da... Ma toglie anche" continuò "E' il ciclo della vita, Sarah. Gli animali uccidono per mangiare, gli uomini uccidono per pazzia o... < misericordia >. E Cristo... Cristo uccide per noi, per metterci alla prova" lo guardai senza capire, e mi sorrise "Se Elèna non fosse morta io non avrei avuto James. Se James non fosse nato Elèna non fosse morta. Ma ti assicuro che in un certo senso la morte di Elèna non ha potuto che rendermi felice. Ringrazio sempre il signore di avermi dato James."
Nath mi stava insegnando tante cose. Cose a cui non avevo pensato, ma che adesso mi sembravano fatali. Lo guardai, e mi alzai senza nulla dire.
"Dovresti dire la verità a James. E' un bambino intelligente e... capirebbe"
Annuì.
Gli sorrisi e me ne andai.
STAI LEGGENDO
Il Diario di una Psicopatica
Horor"Il mio dono è la morte.. e sono qui per donarla anche a te" E' questo quello che crede la Psicopatica. Uccidere è quello che adora fare, e lo fa con grande sentimento... come se fosse davvero il suo modo di vivere. Vivere, uccidendo gli altri.