Vivere dentro quell’istituto non faceva che rendere la mia mentalità sempre più accesa. Dovevo portare il rispetto li, dovevo riuscire a far capire ai mocciosi che quello che loro credevano solo un semplice gioco in realtà metteva a rischio la vita delle creature di Dio. Ma erano bambini, ecco perché non riuscivano a capirlo.
Anche io mettevo il destino delle persone sulle mie mani, e le chiudevo, rendendole mio. Ma la mia era una cosa diversa: io lo facevo per il volere divino di Cristo. Era lui a segnalarmi il sangue buono e quello avariato, brutto e amaro. Era lui a segnalarmi i figli di Satana. E il piccolo che aveva quasi ucciso l’ape lo era.
Ma ben presto decisi di dimenticare il misfatto. Decisi di assecondarlo un po’ fingendo di essermi dimenticata di ciò che aveva commesso. E le mie giornate tornarono a guardare i bambini, ad osservare i loro sorrisi. Ad ascoltare le loro risate. Ed io passavo il tempo a disegnarli sul mio album da disegno. Non c’era nemmeno un anima triste adesso li. Semplicemente qualcosa di felice.
Ma c’era ancora qualcosa che non andava… C’era qualcuno che non andava.
Mi voltai incrociando appena lo sguardo con Terry. Era li, accanto a me. Ed era sola.
“Perché non sei a giocare con gli altri bambini?”
Fingi di non interessarmi molto continuando a disegnare. Infondo non mi interessava granché perché non giocasse. Mi sarebbe interessato, invece, capirla meglio. Capire quella forma di disaggio che aveva nello sguardo.
Terry ovviamente non rispose, continuando a giocare con un filo d’erba per terra. E mi infastidiva davvero quando non rispondeva. Purtroppo non potevo far altro che stare a guardare ogni sua mossa. Era l’unica anima triste li, in quel luogo. Perché gli altri potevano essere figli di Satana, ma avevano sempre il sorriso sulle labbra. E Terry? Terry non aveva nell’uno nell’altro. Non aveva ne il sorriso gioioso di Cristo né quello peccaminoso del Diavolo.
La bambina tirò un sospiro che io ascoltai attentamente. Era un sospiro di quelli che tengono dentro tante cose, senza che si riescano a dirle.
“Qualcosa non va?” chiesi, ancora senza guardarla. Ma continuavo a fingere di non esserle molto interessata. Era questo che lei voleva, no? Ed era questo che io facevo. Fingevo…
“Oggi viene il mio papà” voce fina, quasi sussurrata. Sembrava non volesse farlo sentire a nessuno.
“E allora? Insomma.. non è una bella… cosa?” cominciavo a non esserne certa.
La bambina alzò lo sguardo verso di me. Mi guardava cercando di trasmettermi qualcosa. Sembrava volesse parlare telepaticamente, sol con la voce del suo sguardo.
“Penso di si” sussurrò poi.
E mentiva.
Cristo, come mentiva!
Qualcun altro non se ne sarebbe accorto, ma io avevo capito. A Terry non piaceva la compagni a di suo padre, e a me non restare che scoprirne il motivo.
Fui li quando il padre di Terry arrivò. In verità fui li per caso, accidentalmente. Ma in quei pochi attimo lo squadrai per bene. Spalle larghe, mani scure, vestiti rovinati.. Quale padre felice di vedere la propria figlia veniva in quel modo? C’era qualcosa che non mi convinceva in quell’uomo. Con lui però stava parlando la direttrice del luogo.
“Sarà una bellissima settimana, non è vero Terry?” , chiese la direttrice con un sorriso. Il padre accarezzò la testa di Terry che si limitò ad annuire con il volto basso. Poi le prese la mano con la propria rozza, scura, e la portò fuori.
C’era qualcosa che non mi piaceva.
Quell’improvviso formarsi di adrenalina in me mi insospettiva. Avrei dovuto fermarli, dire che Terry sarebbe rimasta li. Non mi fidavo di quell’uomo… Non mi fidavo di nessun uomo. Ma ormai era tardi, e avrei rivisto Terry non prima di una settimana.
Pensavo.
Per tutta la settimana non feci altro che pensare a quello che Terry stesse facendo, a come si sarebbe comportata con il padre. Quando la vidi a scuola assieme a suo padre, quella settimana prima, non mi sembrava granchè una bambina felice di star con il padre. Ecco perché volevo scoprire tutto, ecco perché io dovevo sapere tutto quel che riguardava la situazione familiare.
Ma benché ne parlassi con la direttrice, benché ne parlassi con altri.. nessuno sembrava essersi accorto del disagio che Terry aveva scritto in volto quando stava assieme a suo padre.
Decisi di non parlarne con nessuno. Decisi di chiudermi in me e pensare a cosa avrei fatto durante quella settimana che mi sembrava estremamente lunga. Terribilmente lunga.
In uno di quei pomeriggi lunghi in cui i bambina giocavano con le figurine e le bambina raccoglievano dei fiori nel prato, io mi ritrovavo a stare seduta sotto un albero a scrivere qualcosa.
“Cosa pensi?”
Non mi accorsi nemmeno di Nath che si era avvicinato, ma in primo tempo non gli diedi nemmeno retta. Dovevo finire quello che avevo appena cominciato. Solo non appena concluso mi voltai verso di lui incrociando il mio sguardo con il suo.
“Chi ti fa credere che stia pensando?” si, perché lui non mi aveva chiesto cosa stessi scrivendo.. ma cosa stessi pensando. E questa cosa, dovetti ammettere, che mi incuriosii parecchio.
Aprì le labbra in un sorriso e per qualche secondo abbassò lo sguardo per terra, per poi rialzarlo e guardarmi dritto negli occhi “Semplicemente perchè non mi hai notato per quasi un quarto d’ora.”
Lo guardai, come a capire se stesse dicendo il vero. Solo per questo?
“E.. e perché quando pensi i tuoi occhi non si chiudono nemmeno un attimo. Come diavolo fai?”, ecco questa era una cosa che non avevo mai notato. Guardai il mio squadernino – ovvero, il mio Diario Segreto - e sospirai. Non sapevo se Nath fosse un uomo di cui avrei potuto fidarmi. Io sapevo che fidarsi di una persona era una cosa estremamente pericolosa, ed io correvo già abbastanza pericolo per far leggere i miei pensieri a Nath.
“Pensavo a Terry”, ma la frase uscii prima dei miei pensieri, e quasi mi presero in soprassalto. Non potei che sospirare. Alzai lo sguardo su di lui, scuotendo appena il capo. Mi guardava senza capire. Come, come avrebbe potuto capirmi, in verità? “Penso che non si senta a suo agio con suo padre”
“Sarah..”
“Lo so, adesso mi dirai anche tu che mi faccio strane fantasie semplicemente perché suo padre è stato in carcere per un anno o due ma..”
“Sarah, non sei l’unica a pensarlo. Lo penso io, e lo pensa la direttrice.. ma non abbiamo alcun potere per fermare suo padre. Perché è suo padre, lo capisci?”
Silenzio. Un silenzio paralizzante mi arresto del tutto, fermandomi anche il respiro. Loro sapevano.. loro sapevano tutto e non hanno mai fatto nulla per fermarlo. Per un attimo fui invasa dalla rabbia. Una rabbia cieca. Una rabbia micidiale, di quelle che crescono solo a chi sa uccidere senza pensarci. Una rabbia che può crescere solo a chi lo fa per uno scopo, per Lui.
“Vedi, Terry ha vissuto una vita parecchio dura, sin dalla nascita. La madre è morta alla sua nascita e suo padre era un trafficante di droga. Ha la fedina penale sporca ma.. non ha mai ucciso nessuno e dubito che possa far del male a sua figlia. E’.. è pur sempre sua figlia, no?” sebbene mi raccontassi la storia della povera bambina, mi accorsi del suo dubbio.
E’ pur sempre sua figlia.
È pur sempre sua figlia…
“No che voglia dire molto, sai?” chiusi il quaderno e mi alzai. Adesso avevo altro a cui pensare. Specialmente dovevo pensare a come andare a riprendere Terry.
“Sarah, non far qualcosa di sbagliato”
Lo guardai ancora una volta. E questa volta i nostri sguardi si incrociarono davvero. Furono solo secondi.. ma secondi in cui sentii quasi dentro me la sua anima. Mi strinse il cuore questa strana sensazione, davvero.
“Mai fatto qualcosa di realmente sbagliato” un sorriso solcò sul mio viso. No,non volevo rassicurarlo. Ma sapevo quello che dovevo fare. Sapevo quello che realmente andava fatto..
Ma avrei dovuto aspettare la fine della settimana per rendermene conto.
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Il Diario di una Psicopatica
Horror"Il mio dono è la morte.. e sono qui per donarla anche a te" E' questo quello che crede la Psicopatica. Uccidere è quello che adora fare, e lo fa con grande sentimento... come se fosse davvero il suo modo di vivere. Vivere, uccidendo gli altri.