IX

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I don't hate you, you're just the most annoying person in my life 

[Rebecca Sparrow]

Un paio di giorni dopo, Samanta si svegliò di buon mattino per fare una passeggiata in solitudine. Avvisò un domestico, prese un scialle verde scuro per proteggersi da un leggero venticello freddo e uscì da casa Thomas.

Mentre passeggiava, Samanta ripensò alla lettera che Frederick le aveva scritto. La lettera, in quel momento, era nascosta in uno dei cassetti del mobiletto in camera di Samanta. La sera, quando non riusciva a dormire, la giovane donna la tirava fuori e la rileggeva.

Samanta camminò e camminò, raggiungendo così il centro città. Pensò ai suoi amici, quelli nel 2017, e si chiese che cosa stessero facendo. Ormai mancava da quasi due settimane: la stavano cercando? Avevano avvisato sua madre? Se sì, come l'aveva presa lei?

«Hai la classica espressione di una persona immersa nei suoi pensieri, sai?» le chiese una voce familiare alle sue spalle.

Samanta si voltò e si trovò davanti a Wilbur Ross. Lui stava sorridendo, teneva le mani dietro la schiena e il cappello a cilindro, rigorosamente nero, lo faceva sembrare più alto. La marsina, anch'essa nera, era aperta sul davanti e lasciava intravedere un panciotto color perla e la camicia bianca.

«Non ti vedo da un po', Wilbur. Sei stato da Annie e Edward?» gli chiese Samanta, sorridendogli.

Wilbur annuì. «Annie vuole che vada a vivere con loro, ma non è così semplice per me»

Samanta lo capì perfettamente. Nel 1811, avere un figlio con una donna che non era tua moglie, poteva portare ad uno scandalo. Wilbur, inoltre, faceva parte di una famiglia di alta società: i Ross non glielo avrebbero mai perdonato se fossero venuti a sapere di Annie e Edward.

«Potrebbe esserci una soluzione» mormorò Samanta, prendendo Wilbur sotto braccio.

«E sarebbe?» domandò lui, conducendo Samanta in un piccolo locale dove avrebbero potuto bere un tè.

Wilbur le aprì la porta da vero gentiluomo, la fece passare e poi la seguì all'interno del locale. Il posto, sebbene fosse un tantino piccolo, era molto accogliente. Un uomo li accolse con un piccolo inchino, li portò ad un tavolo per due e, una volta deciso cosa prendere, lasciò Samanta e Wilbur soli.

«Prima o poi dovrò tornare a casa, no?» fece Samanta, tornando alla sua idea. «Una volta che avrò capito come fare, tu potrai venire con me insieme ad Annie e Edward»

«Nel tuo tempo?» chiese Wilbur in un sussurro.

Entrambi, mentre discutevano su quell'argomento, si guardarono intorno con occhi vigili. Non potevano permettersi di farsi sentire: quel discorso, nel 1811, sarebbe parso da pazzi – parlare di viaggi nel tempo, di tornare nel futuro.

«Samanta a me sembra una cosa impossibile!» proseguì Wilbur, afferrando un biscotto da un piattino che gli era stato portato. «Come puoi pensare che andrà tutto bene?»

«I primi tempi sarà difficile, questo non posso negarlo» rispose Samanta, guardandosi nuovamente intorno. «Ma potrete sempre fare affidamento su di me»

«E dove andremo a vivere, a questo ci hai pensato?» le domandò lui, a bassa voce.

Samanta si mise a riflettere. Non ci aveva pensato a questo, in realtà. Ai suoi occhi, uno spostamento del genere, era molto semplice perché lei aveva già un posto in cui passare le sue giornate. Ma Wilbur, Annie e Edward no.

Poi le tornò in mente la seconda casa che i suoi genitori avevano comprato quando lei aveva appena cinque anni, quella in cui andavano a passare le vacanze estive. Avrebbe potuto portare lì Wilbur e poi, da quel momento in poi, si sarebbero organizzati.

Stay with me | CompletataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora