Capitolo sei.

710 96 40
                                    

La prima cosa che feci una volta uscita da quella casa, oltre che dire a Sabrina cosa mi aveva detto, è stata chiamare Stefano.

Dovevo cercare di convincerlo, nonostante sapessi quanto era difficile.

Al primo squillo iniziai a torturarmi la mano spaventata da un suo eventuale rifiuto.

Secondo squillo.
Mi avrebbe sicuramente uccisa.

Terzo squillo.
Questa era la mia ora.

Quarto squillo.
Dite a Justin che lo amo.

“Fra? Dimmi” rispose, finalmente.

“Hey, ascolta ho parlato con la signora, lei è molto anziana e beh, mi ha chiesto se posso, come posso dire, cioè possiamo, tenerlo? Sì, tenerlo noi, insomma a casa nostra- iniziai a ridere nervosamente- dai non sarà così male Stefanoo” nel formulare la frase sembrai più pazza di Salvatore.

“Abbiamo altre possibilità?” sospirò, forse si stava davvero rassegnando.

“Non credo Stefano, se vogliamo che stia meglio no” risposi.

“Vogliamo? Tu vuoi, a me non importa, comunque fai come ti pare” sembrò piuttosto nervoso all'idea, ma ormai aveva accettato.

“Non essere senza cuore Stefano! Ci vediamo a casa, e forse ci sarà qualcuno con me” chiusi la chiamata alludendo a Salvatore con l'ultima affermazione.

Sabrina mi guardò curiosa.

“Si è rassegnato” feci spallucce.

“Ti porto al manicomio?” annuii, sinceramente non vedevo l'ora di poterlo avere con me, volevo sapere di più su di lui.

Volevo sapere come aveva vissuto fino ad ora, perché aveva deciso di scappare, come si sentiva, chi era Anna.

Troppe domande alla quale probabilmente nemmeno lui sapeva rispondere, aveva troppa confusione in testa.

“Pensi che accetterà di venire con te?” mi chiese e, sinceramente, non lo sapevo.

Avrebbe avuto tutti i motivi del mondo per rifiutare, e li avrebbe avuti anche per accettare, ma se lui era rimasto li evidentemente stava bene no?

“Lo spero Sabri, ma non lo so” sospirai mentre parcheggiava.

“Ti aspetto qui” mi disse ed io scesi dall'auto.

Mi avvicinai all'ingresso principale, la porta era aperta quindi entrai da li.

Perché l'aveva lasciata aperta?

Camminai per un po' diretta verso un posto preciso, era come se dentro di me sapessi perfettamente dov'era.

“Salvatore?” lo vidi, era steso sul letto con lo sguardo verso il soffitto.

Allungò una mano verso di me facendomi cenno di avvicinarmi, così feci.

Alzò il braccio indicando il soffitto, lo guardai.
Non c'era niente.

“Cosa c'è nel soffitto?” gli chiesi abbassandomi.

“Le ombre, guarda”

Lui vedeva delle ombre, io no.

“Tirati su dai, ti devo dire delle cose”

Senza farselo ripetere due volte si tirò su curioso.

“Prima di tutto, dov'eri ieri? Hai mangiato le cose che ti ho lasciato?”

Mi sentivo una mamma in quel momento.

“Non mi piace il tuo amico, e le cose erano buone” rispose guardandomi negli occhi.

Psychopath|| SurrealpowerWhere stories live. Discover now