Capitolo undici.

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Dopo aver fatto un po' di spesa tornammo a casa, Salvatore decise di rimanere in camera, voleva stare un po' da solo.
All'inizio la sua richiesta mi preoccupò un po', poi mi resi conto che aveva passato tutta la mattinata fuori, al contatto con altri esseri umani, non doveva essere stato il massimo per lui.

Controllai il telefono per vedere se Stefano aveva risposto al messaggio che gli avevo scritto dopo che se n'era andato, niente.
A questo punto iniziai a pensare che non tornasse nemmeno a pranzo.

"Torni per pranzo?"
Sperai che almeno questa volta mi degnasse di avere una risposta.
Nel frattempo riempii una pentola con l'acqua per la pasta, la misi sul fuoco e tirai fuori dal frigo uova, guanciale e panna.
Sì, odiavo la carbonara senza panna nonostante mia madre continuasse a ripetermi che non va assolutamente messa.

Mi stesi sul divano aspettando che l'acqua si decidesse a bollire, perché ovviamente è l'acqua che decide, non è per la temperature, e aspettando una risposta da Stefano.

Quella domanda di Salvatore, quel 'Sei innamorata di Stefano?' non mi aveva lasciata del tutto impassibile, forse sotto sotto un po' di sentimento da parte mia nei suoi confronti c'era, dopotutto il suo comportamento mi stava facendo stare male, davvero troppo male.

'swuuuuip!'
Una notifica del mio cellulare, finalmente.

"Non so, posso tornare o qualcosa me lo impedisce?" sbuffai infastidita come poteva comportarsi costantemente in questo modo?

"Vuoi sapere cosa te lo impedisce? Il tuo stupido modo di comportarti! Sembri un bambino a cui hanno appena rubato la caramella Stefano, Salvatore non ha fatto assolutamente nulla e tu solo per la sua presenza non vuoi più nemmeno vivere a casa tua, si può sapere che cazzo hai? Di cosa hai paura?!"
Mentre scrivevo sentivo le mani che tremavano, succedeva spesso quando ero triste, nervosa o ammalata.
Non so con quale coraggio scrissi quelle parole, ma mi ero davvero stancata di questa situazione, non era giusto nei confronti di nessuno.

Come immaginavo non ricevetti nessuna risposta, non sarebbe tornato per pranzo.
Buttai la pasta nell'acqua bollente, impostai il timer del cellulare e decisi di andare a controllare Salvatore.

La porta di camera mia era chiusa, avrei dovuto bussare?
L'educazione prima di tutto no?

Bussai, ma anche lui non rispose.
C'era lo sciopero della parola oggi?
Roteai gli occhi ancora infastidita dall'atteggiamento di Stefano e entrai.

"Oddio, ma cosa stai facendo!" esclamai avvicinandomi velocemente a lui e guardandogli il braccio: era coperto di sangue.

"Se lascio uscire fuori quello che ho dentro dopo starò bene, no?" era convinto di aver fatto la cosa giusta.
Scossi la testa cercando disperatamente qualcosa con cui fermargli il sangue
"Dio, no!- non riuscii a trovare niente di utile in camera, così gli presi la mano costringendolo ad alzarsi dal letto- vieni, andiamo in bagno"

Mentre lo trascinavo in bagno pensavo a come potesse essersi fatto una ferita del genere, come poteva avere il coraggio di piantarsi una cosa nel braccio e non provare il minimo dolore?

Lo feci sedere nel gabinetto, ovviamente chiuso, e cercai inutilmente di pulirgli la ferita, inutilmente perché continuava a sanguinare, così presi un asciugamano e lo strinsi attorno al suo braccio sperando di fermare il sangue, in caso contrario l'avrei portato al pronto soccorso.

"Non fare mai più una cosa simile, mai, per nessun motivo al mondo, nemmeno se te lo dice Anna, va bene?" stringevo la presa, sperando di non fargli male, mentre lui mi guadava profondamente dispiaciuto.

"Midispiace..." disse semplicemente, non gli diedi nemmeno retta, lui non capiva chese avesse beccato un punto sbagliato avrebbe potuto uccidersi.

Tolsi l'asciugamano, il sangue sembrava essersi calmato permettendomi diripulire il tutto al meglio, fui sollevata quando vidi che il sangue che avevaperso non era per niente proporzionale alla grandezza della ferita, essa eramolto più piccola di quanto mi aspettavo.

"Prendo una garza, stai qui" lo guardai severa, volevo cercare di fargli capireche quello che aveva fatto era davvero grave, ma dentro di me sapevo che leinformazioni nella sua testa facevano un giro strano, non uscivano, ma venivanocompletamente stravolte.

Tornai con la garza, un po' di cotone e del disinfettante.
Iniziai a tamponare la ferita, fece una smorfia.

"Brucia!" si lamentò.

"Bene, così la prossima volta non lo rifai" continuai in tono severo, non dissepiù nulla.
Avvolsi la zona interessata nella garza, misi via tutto e lo guardai.

Ero in piedi davanti a lui, che in quel momento era ancora seduto, e miguardava con l'aria più colpevole che avessi mai visto.
Sospirai.

"Vieni qui..." allargai le braccia e aspettai che lui si buttasse fra esse.
Lo strinsi forte a me, istintivamente gli diedi un leggero bacio fra i capelli.

"Mi hai fatta preoccupare" dissi continuando a coccolarlo.

"Non volevo.." strofinò il suo viso nella mia spalla, era così dolce.

"Lo so, tranquillo, va tutto bene"

Lo portai in cucina con me, la pasta era scotta e da buttare, presi una padella, ci buttai due uova epreparai delle omelette.
Rapide, ma buone.

Lui preparò il tavolo con una precisione da far invidia a...ecco, forse non hostudiato abbastanza da saper fare un paragone, ma era preciso.
Appena finì circondò i miei fianchi con le sue braccia a appoggiò il viso allamia spalla facendomi sorridere.

"Mi sento in colpa" si strofinò come aveva fatto prima, questa volta però ilsuo naso, e a volte le sue labbra, sfioravano il mio collo facendomirabbrividire.

"Davvero, è tutto apposto, l'importante è che tu stia bene" cercai di mantenereil controllo, ma non era facile, per niente.

Adesso non sembrava più un bambino indifeso, era tornato un normaleadolescente.
Quante personalità potevano esserci in una sola persona?

"Vorrei farmi perdonare..." iniziò ad accarezzarmi il fianco.

'Ti prego fallo tornare piccolo e indifeso, ti prego, ti prego' mi ripetevonella mia testa, sarei dovuta essere io a controllare lui e invece in questomomento lui aveva il via libera, qualsiasi cosa avesse fatto non sarei riuscitaad oppormi.

"Non hai...bisogno di farti perdonare- spensi il fornello- dai, è pronto"

Mi voltai per andare verso il tavolo, grave errore.
Salvatore non si era spostato, era li, davanti a me, più alto di me,incredibilmente vicino, troppo vicino.

"Sei arrossita" sorrise dolcemente e mi appoggiò una mano sul viso.

"Fa molto caldo vicino ai fornelli" mi giustificai e lui annuì, poi passò distrattamentela lingua sulle sue labbra secche.
Mi stava facendo impazzire.
Oh, al diavolo, tanto probabilmente nemmeno se ne ricorderà.
Mi misi in punta di piedi, portai le mie braccia attorno al suo collo, chiusigli occhi, avvicinai il mio viso al suo e si aprì la porta.

Ed era Stefano.
Ed io ero li, pronta a baciare un pazzo. 

HEY EVERYBODY!
Non so perchè ma ho la sensazione che everybody sia scritto male.

Btw, che ne pensate del capitolo? Voglio un sacco di commenti perchè mi sembra una parte abbastanza carica, mi raccomando.

See u soon <3

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