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Shattered - Trading yesterday

***

Paige

Eccolo laggiù, aprire le porte a vetri ed entrare.

Non feci più caso a Liam, di fronte a me, non feci caso alle sue parole, se stesse parlando, se mi stesse chiamando. Harry era diventato il soggetto dei miei pensieri e di tutto il resto non me ne importò più.

Gli andai incontro mentre lo vedevo farsi spazio tra la gente: aveva un'espressione disorientata, come se non sapesse nemmeno dove si trovasse.

-Harry?-

Nemmeno si accorse di me. Continuava ad avanzare a tentoni, come se stesse trascinando dei macigni di pietra con i piedi. Raggiunse il bancone e indossò il grembiule del Tetch, tenendo la testa bassa.

-Che hai fatto?- dissi, sperando che mi rispondesse.

Ma in realtà non mi guardò neanche, tanto era preso ad allacciarsi il grembiule alla vita.

Non sapevo perché si stesse comportando in quel modo, non sapevo perché fosse arrivato in ritardo e perché mi stesse ignorando.

Dov'era finita la dolcezza con la quale mi aveva fatto addormentare a casa dei suoi genitori due notti prima?

Avevo ancora l'eco delle parole di quella sera nelle orecchie.

-Harry...-

-Non è successo nulla, Paige.-

Continuava a non guardarmi, a trattarmi con indifferenza e questo mi gelava il cuore. 

-E allora perché ti comporti così?- 

Iniziò a sistemare i fogli delle ordinazioni e mantenne quel distacco, quell'insensibilità che mi faceva domandare cosa lo spingesse a comportasi in quel modo.

Dopo aver ordinato tutti i pezzi di carta stropicciati, si girò e provò a dedicare quell'assente attenzione ai clienti. Eppure non ci riuscì: si dimenticava subito le richieste, era troppo deconcentrato, troppo impegnato a vagare nei meandri della sua perdizione.

Una perdizione a me sconosciuta.

E questo mi distruggeva, perché pensavo di averlo finalmente conosciuto, dopo la notte a Holmes Chapel. 

Non resistetti più: gli presi la mano e lo incitai a guardarmi.

Si staccò da me con un gesto brusco e camminò a passo rapido verso la porta, per poi uscire. Lo seguii, restando interdetta.

-Harry, dannazione fermati!- lo chiamai mentre lui proseguiva sul marciapiede, sotto al cielo plumbeo e attorniato dalla foschia di quella fredda mattina.

Ad un certo punto si bloccò e vidi le sue spalle irrigidirsi.

-Senti, Paige. È stato uno sbaglio la scorsa notte. Mi dispiace che tu mi abbia creduto, ma non pensavo veramente ciò che ti ho detto. Dovresti lasciarmi stare.-

Gli andai vicino e mi sentii sprofondare nel terreno. Gli toccai una spalla, sperando che si voltasse e che mi guardasse. Volevo vedere i suoi occhi.

-Per favore, Paige. Lasciami stare.-

-Perché?-

-Vattene e basta.-

Non capivo cosa fosse cambiato dopo quella notte. Non potevo credere che tutte quelle parole fossero state soltanto menzogne. Non potevo credergli, perché sapevo che mi stava mentendo.

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