8 primo amore

228 22 4
                                    


Il sapore zuccherino di Livai, era un misto di alcool e fragola, un dolce miscuglio che lo inebriò. Era da troppo tempo, che non si sentiva più in questo modo, eccitato, rapito, al punto da perdere la ragione. Strinse maggiormente, i polsi nudi del ragazzo, carezzandone le vene sporgenti con i pollici. Sentì il suo corpo vibrare, e lo costrinse ad aderire contro il suo, trovandolo piacevolmente riscaldato dal freddo esterno. La lingua del ragazzo, carezzava la sua sapientemente, ritirandosi a volte birichina, per poi ritornare nella sua bocca desiderosa di lui. Gli carezzava le labbra, gli mordeva il labbro inferiore...giocava con lui, lasciandosi stringere e posizionare, ma era lui in realtà, con la sua maestria, a condurre a le danze. Liberandosi dalla sua stretta, portò le mani tra le ciocche chiare di Irwin, e di colpo le strattonò, impaziente. Quando cercò la sua erezione con la gamba, Irwin si sentì mancare la terra sotto i piedi. Mugugnò, staccandosi appena, ma solo il tempo di riprendere fiato, per gettarsi poi famelico nuovamente in quel dolce nettare che erano le sue labbra, ora umide dei suoi baci. Le dita guantate del ragazzo, si infilarono prepotenti sotto il suo maglione, carezzando lascivamente l'addome e, strappandogli un sospiro. Quanto gli era mancata, quella sensazione! L'intimo contatto del corpo di un essere umano contro il suo, la carne e il desiderio. Avrebbe desiderato, lasciarsi andare del tutto a quelle sensazioni passionali, dimentico del tempo, della situazione. Ma quando aprì gli occhi, il lume della ragione ritornò, per un flebile attimo, sufficiente però per rendersi conto di quello che sarebbe accaduto.


Ai suoi occhi, Livai abbandonò le sembianze della giovane sirena ammaliatrice che era, per tornare ad essere semplicemente, il ragazzo ubriaco che gli si era intrufolato in casa, lo studente, un ragazzino molto più piccolo di lui. Irwin scattò indietro, e il suo corpo patì subito la mancanza di quella pelle suadente. Studiò il suo volto, i suoi occhi socchiusi e lucidi, le gote deliziosamente arrossate. Cercò di dare la colpa di quel meraviglioso effetto, all'alcool che il ragazzo aveva ingerito, ma faticò ugualmente a distogliere il suo sguardo da quelle labbra ancora schiuse. Tolse le mani di Livai, ancora appoggiate contro il suo ventre, e cercò di mascherare l'evidente rigonfiamento che spuntava dai suoi pantaloni. Si sentì pieno, di un vergognoso imbarazzo. "Devo...fare il the." Si diresse in cucina, barcollando di dolore a causa dell'erezione. Livai non lo seguì subito, ma inclinò il capo di lato, e lo fissò, forse non comprendendo bene cosa era accaduto nell'arco di quell'attimo in cui Irwin aveva recuperato la ragione.


Dio, se solo avesse potuto capire il suo desiderio!
Tuttavia, dopo poco iniziò a seguirlo, con grande sorpresa di Irwin. "Hai un gusto preferito?" gli chiese l'uomo, controllando per la terza volta il bollitore. Tutto questo, solo per evitare di incrociarne lo sguardo! Sentì i suoi passi strascicati per terra, svogliati, e il rumore della sedia che veniva trascinata. Dopo la seconda volta, comprese che la sua domanda non avrebbe ottenuto risposta, e allora osò voltarsi. Livai lo stava evidentemente studiando. Teneva le braccia incrociate sul tavolo, il mento sopra di esse, e lo scrutava. Tuttavia, nei suoi occhi non sembrava esserci traccia di risentimento o di rabbia. Solo pura e genuina curiosità, che lo disarmò. Schioccò le labbra, fissandolo ancora a lungo, come se stesse osservando un bizzarro animale. "Gelsomino." Disse, infine.
Irwin annuì e gli diede nuovamente le spalle per cercare se aveva la bustina prescelta. Fu grato, di avere un pretesto per voltare nuovamente le spalle a quegli occhi felini. "Gusto particolare. Non sapevo neanche di averlo nel cofanetto."
"Era il gusto di mia mamma.".


 Irwin si immobilizzò, mentre chiudeva la credenza con la bustina in mano. Era la prima volta, che sentiva Livai parlare spontaneamente della madre defunta. Non sapeva, se avrebbe dovuto dire o fare qualcosa. Riaprì la credenza, fingendo di dover scegliere di nuovo il suo the, mentre cercava freneticamente una risposta da dare al ragazzo. Tuttavia, parve proprio che il silenzio fosse quello che Livai sperava di ottenere, perché subito, ricominciò a parlare. "Sai. Quando ero piccolo, mia mamma preparava spesso il the al gelsomino, dopo cena. La bevevamo insieme, avvolti in una grande coperta, in salotto, e guardavamo i cartoni animati che volevo. Mia mamma adorava quel fiore. Li piantava in giardino, e quando erano freschi, ne coglieva un po' per portarli in casa e il loro aroma aleggiava per tutte le stanze. Li usava perfino per cucinare." Rise. "Era proprio pazza.". Irwin osò sorridere, udendo quel suono limpido, mentre versava l'acqua bollente in due tazze. Erano entrambe rosa, con delle striature bianche. Ovviamente, la texture era tipicamente femminile (erano le tazze che Victoria aveva comprato, per inaugurare la loro convivenza. E lui, non le aveva ancora buttate.), ma Livai ebbe stranamente il buon gusto di non fargli domande. "Zucchero?" gli domandò Irwin.


Livai sgranò gli occhi, inorridito, acquistando di colpo un'espressione buffissima. "Assolutamente no. Solo con il miele!"
"Viziato". Si guardarono, scoppiando entrambi a ridere. Finalmente, Irwin ebbe il coraggio di guardarlo dritto in faccia, e nei suoi occhi, lesse un affetto tale da spiazzarlo. Di colpo, Livai smise di ridere. Sembrava stesse valutando qualcosa, e i suoi occhi si opacizzarono, persi nei loro pensieri. Cominciò a torturarsi il labbro inferiore, afferrandolo con i piccoli denti bianchi. E quando Irwin, gli mise la tazza fumante di fronte, quasi parve non vederla. Fu tutta, questione di un attimo. Livai scattò improvvisamente, e le sue dita sottili gli strinsero il polso con una presa che Irwin non avrebbe mai immaginato. I loro occhi si incrociarono, incatenandosi. "Ti desidero." Disse. Cercò di soffocare la frase all'ultimo, forse in un tentativo di reprimerla, a causa di un ripensamento. Ma quelle due parole furono, per Irwin, totalmente udibili, così che, si ritrovò nuovamente afferrato, dalla passione che si agitava dentro di lui. Si trovò stupido, vergognoso come una ragazzina inesperta. "Livai. Non posso..." balbettò. Lo sguardo glaciale che il ragazzo gli rivolse, lo ammutolì. "Se tu non puoi...Allora, lascia fare a me.".


Suadente, Livai Scott scivolò giù dalla sedia, inginocchiandosi di fronte Irwin. Vederlo in quella posizione, sottomesso a lui, con gli occhi cangianti e le labbra inumidite, lo mandarono totalmente in estasi. Ormai, era conscio del fatto che, non sarebbe riuscito a negarsi al ragazzo. Ogni resistenza, sarebbe stata totalmente falsa, agli occhi di entrambi. Si abbandonò, a quelle dita frenetiche, mentre gli abbassavano i pantaloni e gli slip con agilità. Il membro di Irwin uscì, eretto, già bagnato, e lui si sentì colmare di pudico imbarazzo. Ma Livai, non lo derise come si aspettava, anzi, gemette, racchiudendolo tra la mano. Quando le sue dita si mossero, ondate di piacere lo invasero, una passione che, pensava di aver ormai perso del tutto. Si morse le labbra, cercando di non far fuoriuscire nemmeno un singolo gemito, del piacere che Livai gli stava dando. Ma quando, sentì l'umido di una lingua carezzargli la punta, non resistette e diede un colpo in avanti col bacino. Le labbra del ragazzo si schiusero voraci, prendendolo subito e, iniziando a succhiare senza alcuna vergogna. Fu questo, che permise ad Irwin di abbandonarsi a quelle sensazioni, cancellando ogni forma di dubbio ancora insinuato nella sua mente. Guidato solo, da un puro istinto animalesco, gli afferrò i capelli e li strattonò. Quando sentì di essere vicino all'apice, troppo presto, tentò di togliersi dalla bocca di Livai, ma lui gli afferrò il bacino con entrambe le mani, succhiando ancora più vigorosamente. Con un ringhio gutturale, Irwin venne nella sua bocca, e i loro gemiti si sovrapposero fino alla fine. Improvvisamente, Irwin si sentì sfinito, svuotato, dall'accumulo emotivo che aveva vissuto in quei giorni. Sentiva nelle orecchie, il battere martellante del suo cuore frenetico.


Aprì gli occhi, abbassando il volto per osservare stancamente, la figura ancora rannicchiata tra le sue gambe. Gli occhi del ragazzo erano socchiusi, lucidi, quanto la saliva che gli inumidiva le labbra rosse. Con i capelli arruffati e le gote rosate, era il ritratto perfetto della seduzione. Buffo, come gli parve essere un angelo, dopo tutte le volte passate a etichettarlo come diavolo. Le dita di Irwin scivolarono lungo il suo viso, saggiando la linea dell'aguzza mandibola, il naso sottile. Livai si alzò in piedi, e prima che potesse ritirarsi, era tra le braccia di Irwin, il capo premuto dalla sua mano grande, contro il suo petto. Vederlo così, suscitò in Irwin un moto di tenerezza. Sembrava così piccolo, fragile ed indifeso. I suoi occhi grigi, fecero capolino, da sotto i ciuffi scuri dei capelli. Lo scrutavano, perplessi e un po' sorpresi, da tanta tenerezza dimostratagli. "Andiamo a dormire?" gli chiese Irwin, sentendosi immediatamente stupido, subito dopo. Livai non aveva esplicitato il suo desiderio di rimanere lì, con lui. Avevano dormito insieme, una volta, ma era una situazione totalmente diversa da allora. Inoltre, non era stata definita la relazione, che avevano. Perché, ora avevano una relazione, no?


Ma poi, Livai annuì, e Irwin sentì ogni nervosismo sciogliersi nel petto.
quella notte, passò veloce per entrambi, abbandonati reciprocamente tra le braccia dell'altro, persi a carezzarsi e baciarsi. Si addormentarono per lo sfinimento, troppo tardi, quando il sole stava iniziando a tingere di dorato il cielo.

Akai ito (La leggenda del filo rosso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora