13 prima decisione

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Aprì la porta di casa e lasciò entrare il ragazzo. Vederlo così insicuro, mentre si ispezionava intorno, gli provocò un'ondata di tenerezza. Si ricordò della prima volta che Livai era piombato in casa sua, di come anche lui, era impaurito e indifeso, ma aveva finto di essere il solito spavaldo. "Dammi il giubbino, te lo appendo." Lawrence sussultò, ma lasciò che Irwin gli sfilasse il giubbotto dalle spalle. Sotto aveva la divisa scolastico, segno che non aveva nemmeno avuto il tempo di cambiarsi, tanto era deciso a cercarlo. Gli avrebbe voluto chiedere come faceva a sapere che strada doveva prendere, per arrivare fino a casa sua, ma sarebbe stato stupido, perché in fondo conosceva già la risposta. C'era una domanda, che tuttavia, sentiva impellente. "Livai sa che stavi venendo da me?" 

"No. Penso che se avesse saputo il motivo per cui volevo raggiungerla, mi avrebbe spaccato la faccia lui." Irwin non poté trattenersi dal ridacchiare. Si, una reazione del genere era indubbiamente sua. Lo precedette in cucina, facendolo accomodar su una delle sedie. Sul tavolo, c'erano ancora le tazzine del caffè sporche di qualche ora prima. Irwin le raccolse e le gettò nel lavandino. "The, caffè...aspetta. Forse è meglio qualcosa di non eccitante." Lawrence rise, scostandosi imbarazzato delle ciocche ribelli dalla fronte. Irwin non attese la sua risposta: mise due tazze fumanti di cioccolata calda, sperando che il ragazzo accettasse quell'alternativa. Per un attimo, Lawrence gli parve troppo sorpreso, cosa che lo incuriosì. "Non ti piace? Scusa, la tolgo subito. In realtà non capisco come mi è venuto in mente la cioccolata, aromatizzata alla cannella e arancia poi. Di solito io non ne bevo, non so nemmeno come ho fatto a trovarmela..."
" No...è che. È mia. La cioccolata. La bevo sempre insieme a Livai, quindi credo che lui ne abbia presa un po' dalla mia cucina." Distolsero entrambi lo sguardo, sentendosi improvvisamente imbarazzati. Se solo avesse potuto, a Irwin sarebbero cadute entrambe le braccia. Bella mossa, genio.


Si schiarì la gola, fissando gli occhi verso Lawrence. Stava finendo la sua cioccolata avidamente, senza nemmeno guardarlo negli occhi. A Irwin invece, venne improvvisamente la nausea, pensando che quel dolce, era stato portato da Livai apposta, per farglielo assaggiare. Il ragazzo interruppe il corso dei suoi pensieri. "Posso andare a sciacquarmi la faccia?" domandò.
"Oh, certo. Il bagno è in fondo al corridoio, a sinistra."
Quando il ragazzo uscì dalla cucina, lasciandolo solo, Irwin si concesse di prendersi il volto tra le mani. Sentiva una stanchezza improvvisa, mista a un'intensa voglia di piangere. Non si era mai sentito così, in quel modo, per niente e nessuno. Era convinto che la sua vita, sarebbe stata sempre rigidamente sotto controllo, ma tinta di una sfumatura apatica che rendeva tutto noioso. Perfino quando era stato tradito, nonostante avesse sofferto, dentro di sé non aveva provato lo sconforto che invece, ora gli infiammava il petto e lo stomaco. Cercò di alleviare la tensione, concentrandosi su piccole cose che lo circondavano: lo scrosciare dell'acqua, l'odore del cacao e delle spezie, la sensazione di freddo che avvertiva nella stanza. 

Quando sentì il rumore di passi che tornavano, Irwin alzò gli occhi. Lawrence era appoggiato contro lo stipite della porta, il volto completamente pulito, nonostante gli evidenti segni che lo sfogo aveva causato, infiammandogli gli occhi. Ma l'attenzione di Irwin, si spostò verso l'oggetto che stringeva tra le mani. Non gli chiese perché fosse entrato nella sua camera da letto. Le sue emozioni erano concentrate per il piccolo braccialetto dal filo consumato. "Glielo ha dato lui?" Il tono di Lawrence era sorpreso. Cercò gli occhi del suo insegnante, che però preferì distoglierli, colmo di imbarazzo. "Non me lo ha mai dato...Lo ha sempre lasciato qui, come un promemoria. Lo ho sempre interpretato come una promessa, di ritorno."

"Glielo ha regalato sua madre, lo sapeva questo?"
Irwin tacque, non sapendo cosa rispondere. Attese in silenzio, che il ragazzo tornò a sedersi di fronte a lui, per osare guardarlo. Lawrence carezzò l'incisione del ciondolo, assorto. C'era una traccia di tenerezza nei suoi gesti, un amore protettivo. Fissandolo a sua volta, il suo sguardo parve incerto. "Cosa prova per lui, professore? Ho bisogno di sapere la verità."
Irwin soppesò la domanda. Gli parve, che quell'indecisione fosse dettata più per necessità. Ma quando, le parole gli uscirono fluide, sentì che quello che stava dicendo era la verità assoluta, e che c'era stata, nonostante lui avesse deciso di velarla.

 "Io lo amo." Ammise. Lawrence sgranò gli occhi. "Lo amo...Dal primo momento che lo ho visto, durante il nostro scontro, mentre aspettavamo la metro. Ho adorato la sua sfacciataggine, i suoi occhi arrabbiati e denigranti, perfino la nostra differenza di altezza, che lo fa sembrare così piccolo e indifeso. All'inizio, era un sentimento più carnale, un desiderio che non sentivo da anni, che ho provato nell'esatto momento in cui ha iniziato a flirtare sulla mia cattedra. Ero inorridito dall'idea che fossimo entrambi maschi, e che lui fosse così giovane rispetto a me. Mi facevo schifo. Ma poi, lo ho rivisto fuori da un pub mentre un ragazzo lo stava molestando, e quando lo ho aiutato, e lui mi ha guardato, con quegli occhi spaventati e colmi di gratitudine, ho sentito il sentimento crescere dentro di me. Non sono riuscito a fermarlo quando mi ha baciato, perché non lo volevo. E non ho mai voluto interrompere i nostri incontri, nonostante tutto.Sembrerò un'idiota, mentre dico tutto questo. Ma sono disposto ad andare dall'altra parte del mondo, per riprendermelo, per farmi perdonare da lui." sorrise. "Non avrei mai pensato, che il mio autocontrollo, la mia ironia e la mia vita, sarebbero state messe così a soqquadro, a causa di un adolescente problematico. Ma posso giurare, che sono disposto a rinunciare a questo lavoro, a questa città, alla possibilità di riavere la mia ex ragazza e avere una relazione normale, se questo servirà ad avere di nuovo Livai con me." 

Lawrence era rimasto, per tutto il tempo di quello sproloquio, immerso in una rispettosa attesa silenziosa. Irwin non sapeva cosa significasse, quel silenzio struggente, ma era come se il ragazzo, stesse vivendo una sorta di lotta interna, contro due parti in contrapposizione tra loro. Ma infine, parve che il discorso del suo insegnante, lo avesse convinto, e si decise a parlare. "Avevo giurato che non avrei mai detto questo a nessuno..." disse, con voce tremante. "Ma se perdere Livai, potrà in cambio dargli la felicità, allora sono disposto a farlo."    

Akai ito (La leggenda del filo rosso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora