Bussare alla porta.

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La mano mi trema appena, mentre busso alla porta.
Sono nervosa, troppo direi.
Sento i passi e poco dopo la porta si spalanca.
《Ciao. Sei in anticipo》saluta, aprendo la zanzariera.
《Ciao. Posso tornare dopo, se ti metto in difficoltà.》
《No, entra. C'è un po' da aspettare per la cena》 dice, passando la mano sulla testa.
Varco la soglia e il profumo mi investe.
《Beh, a giudicare dall'odore ne vale la pena》provo a metterlo a suo agio.
Fa strada, andando nel cucinotto.
Non è grande la sua casa, però è pulita.
Angolo cottura, soggiorno abbastanza ampio e luminoso, e al piano di sopra, scommetto, ci sono le camere da letto.
Mi guardo intorno, nessun soprammobile, neppure una pianta, ma tante foto di lui e della sua famiglia. In linea col suo carattere. Una cornice mi colpisce più di tutte, dentro vi è raffigurato lui con Lj, che doveva essere nato da poco.
L'espressione che ha, mentre lo guarda, è di amore totale.
《Aveva una settimana》spiega, da dietro le mie spalle.
《Lo immaginavo》, sorrido passando un dito sulla foto.
《Piangeva sempre, io e sua madre non sapevamo come fare per calmarlo. Ricordo ancora le nottate passate in giro con la macchina. Era il solo modo per farlo dormire.》 Si adombra e aggiunge: 《è stato molto tempo fa.》
Il rammarico nella sua voce è palese.
《Mi dispiace. Deve essere stata dura》mi rendo conto di quanto suonino banali le parole, ma non so come altro esprimermi.
《Sì》non aggiunge altro, tornando in cucina.
《Ti aiuto?》 Mi offro, per stemperare l'imbarazzo.
《No, sei ospite e, in questa casa, gli ospiti non lavorano》rimesta con un cucchiaio di legno, dentro a un tegamino.
《Va bene. Chi sono io per contravvenire alle regole?》Scherzo.
《Però c'è del vino. Aprirlo se vuoi e versane un po' per tutti e due. Spero ti piaccia rosso》mi lancia uno sguardo di traverso.
《Sfruttatore! Comunque, sì, mi piace rosso. A dire il vero il vino mi piace in ogni modo.》
Vado al mobile e prendo la bottiglia. Lui mi passa il cavatappi.
Lo apro, lo lascio riposare qualche minuto e poi lo verso nei bicchieri.
Nascondo una risata, vedendo che sono quelli della marmellata, con i personaggi dei cartoni.
《Ehi, non ridere della mia collezione!》 Finge di essere offeso.
《Non lo stavo facendo. Pensavo solo che... ecco, è come se fosse sparita la sensazione di disagio, propria del trovarsi a cena con una persona estranea. Non so se mi sono spiegata.》 A volte sono così contorta nei ragionamenti.
《Ti ho capita, Eva.》
Ogni volta che pronuncia il mio nome, il cuore accelera.
《Allora, chef, che hai cucinato di buono? E sai che non pensavo sapessi cucinare?》
《Beh, ho vissuto quasi sempre solo. O imparavo oppure morivo di fame. Di necessità, virtù...
Ho fatto una cosa semplice, spaghetti con polpette》abbozza un sorriso.
《I miei preferiti》ed è vero.
《Sul serio? Non per offenderti ma, dal tuo aspetto, sembri una ragazza da piatti stellati.》 Ma non c'è critica nelle parole.
《L'aspetto molte volte inganna. Non posso dire di non averne mai provati, mentirei, tuttavia opto per le cose semplici. Inoltre, era il piatto che mia madre cucinava sempre. Era una donna meravigliosa, ma ai fornelli...》 faccio un'espressione terrorizzata.
《È morta?》 Domanda.
《Sì. Nel periodo in cui eravate in fuga. Ti spiace se cambiamo argomento?》 Non voglio parlare di lei, ricordare.
Alza le spalle e poi butta la pasta.
《Nove minuti e poi possiamo mangiare.》 Mi fa' sapere.
《Preparo la tavola? Non mi piace stare con le mani in mano.》
Apre lo stipetto, estrae i piatti e me li passa. Siamo a pochi centimetri di distanza. Il suo odore e la sua presenza mi sopraffanno.
È troppo, in ogni senso.
《Eva... non guardarmi così. Ti prego.》
《Scusa. Non lo faccio apposta. Non ho sempre il controllo delle mie reazioni. Non volevo metterti a disagio. Ma che mi piaci è un dato di fatto》mi impantano, sempre più.
《Lo so', ma... sono un uomo, e sono solo da troppo.
Capisco che per te sia complicato da capire, voglio solo fare un passo alla volta. E trascinarti a letto sarebbe un salto nel burrone, anche se lo desidero.》
Deglutisco, cercando di ristabilire il controllo, ignorando le immagini di lui e me a letto.
《Posso chiederti una cosa?》 Mi corre in aiuto.
《Certo.》
《Sai che non sono un ragazzino. Perché io?》 Sapevo che saremmo arrivati a questo.
《Ora come ora sarà difficile per te capire quello che sto per dirti.
Ci sono cose nel mio passato che mi hanno portata a scegliere un uomo come te. Più grande, con un certo vissuto alle spalle.
Cose di cui parleremo, quando il momento sarà giusto. Però, e ti sto dicendo la verità, non è che ti ho scelto per l'età. Ti ho visto al notiziario ed è scattato qualcosa.》 Provo a spiegare.
《Capisco. Però mi continuo a chiedere una cosa: io non sono bello, non sono giovane e neppure ricco. Ho commesso molti errori, sono un ex galeotto e ho la fedina penale sporca. Che cosa può mai attrarti, di me, se non sei in cerca del brivido?》 Domanda.
《Che tu non sia bello è una questione di punti di vista. Per me lo sei. Non sei di primo pelo, ma neppure una cariatide. Hai quarant'anni poco più. E che tu non sia ricco non conta. Non è questo che cerco, come ti ho già spiegato. Quello che cerco è un uomo solido, che non scappi dalle responsabilità come un coniglio. Un uomo che ami la famiglia. Una persona che ha visto l'orrore e ne ha piena consapevolezza. Non voglio un ragazzino viziato che corre da papà al primo ostacolo.
Capisci?》
《Sì》
Fa un passo, ma il timer della pasta ci interrompe.
《Siediti, si mangia》, torna nel cucinotto.
Mi siedo, con la speranza di non aver rovinato tutto, di nuovo.

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