Capitolo 3

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Il giorno dopo, Marco e Sofía si svegliarono con un mal di testa terribile. Iniziarono a mettere in ordine i ricordi che avevano della sera precedente e piano piano, si ricordarono anche della discussione che avevano avuto.

Sofía scese a fare colazione e, come ogni domenica, trovò i suoi genitori e Manuel, suo fratello, seduti a tavola mentre facevano colazione. Suo padre, come sempre, stava leggendo il quotidiano sportivo, mentre sua madre era ai fornelli.

"Buongiorno amore" esclamò la signora Martínez rivolgendosi alla figlia. Dopodiché le mise davanti due fette di pa amb oli.
La ragazza non disse niente, le rispose solo con un sorriso un po' spento.
"Sei sicura di stare bene?" domandò la donna.
"Sì mami, tranquilla" rispose lei, un po' fredda.

Pablo percepì la tensione che si stava creando e decise di cambiare argomento.
"Allora, quest'anno lottate per la décima, eh?" chiese rivolgendosi alla ragazza. Lui, da sempre tifoso del Mallorca e simpatizzante del Barça, aveva faticato parecchio ad accettare che sua figlia fosse una tifosa dei blancos.
"Così pare" rispose Sofía stringendosi nelle spalle.
"Certo che la vinceremo, siamo la squadra migliore del mondo" esclamò Manuel alzando le braccia al cielo come se stesse già esultando per la famosa decima Champions League che il Real Madrid non era ancora riuscito a conquistare.
Un sorriso spontaneo nacque sul viso della ragazza.
"Bravo enano, così ti voglio" disse scompigliando i capelli del più piccolo.
"Abbiamo fatto due figli merengues, com'è possibile che sia accaduto? Dove abbiamo sbagliato?" chiese scherzosamente Pablo guardando sua moglie.
"Ne parli come se fossimo gli unici due tifosi blancos di tutta Mallorca" rispose Sofía ridendo e alzando gli occhi al cielo.
"Gli unici due no, di sicuro c'è anche Marco" replicò la madre.
Al sentire pronunciare quel nome, la ragazza si incupì e, dopo aver finito la colazione, si preparò e uscì di casa. Aveva bisogno di prendere un po' d'aria.

Prese il cellulare e scrisse un messaggio a Marco.
Digitò semplicemente un "Ci possiamo vedere?". Non era abituata a parlare al suo migliore amico in modo così freddo e distaccato, ma dopo la sera precedente non sapeva bene come avrebbe dovuto comportarsi.
La risposta del ragazzo non si fece attendere "Sì, ho bisogno di parlarti di una cosa importante. Ci vediamo oggi pomeriggio alle cinque al nostro posto".
Sofía guardò l'orario, erano appena le due, avrebbe avuto qualche ora prima dell'incontro con Marco, così decise di dirigersi verso la spiaggia.

Nonostante fosse novembre il clima era mite e passeggiare sulla sabbia era da sempre una delle cose preferite di Sofía.
Si fermò a guardare il mare e iniziò a pensare. Il mare d'inverno era una cosa che da sempre le permetteva di riflettere, di emozionarsi, a volte persino di commuoversi.
Mancavano pochi mesi alla fine della scuola e lei ancora non sapeva cosa avrebbe fatto dopo. Tutti i suoi compagni fantasticavano sull'università o sul lavoro che avrebbero voluto fare. Ma Sofía no. Non aveva mai avuto le idee ben chiare sul suo futuro, nemmeno quando era più piccola. Una volta, quando ancora frequentava la scuola elementare, la maestra chiese alla classe cosa avrebbero voluto essere da grandi. Tutti risposero nominando diversi mestieri, chi il pompiere, chi la ballerina, chi il calciatore. Ma quando fu il turno di Sofía, rispose con un "beh io... voglio essere una persona felice da grande". La maestra rimase sorpresa e i suoi compagni probabilmente nemmeno capirono quello che intendesse dire.

Eppure, neanche dopo quasi dieci anni Sofía sapeva dare una risposta diversa a quella domanda. Voleva essere una persona felice. Ma che cos'era realmente la felicità?
Sicuramente la felicità erano gli abbracci del suo fratellino, le domeniche passate a vedere le partite di calcio in tv con suo padre, le serate passate con le sue amiche. Ma la felicità, per lei, era soprattutto vedere Marco felice. Non sapeva spiegarselo, ma ogni volta che lo vedeva sorridere, il suo cuore si colmava improvvisamente di gioia, così tanto che a volte aveva persino avuto paura che potesse esplodere.
Che fosse innamorata di lui? Avrebbe forse dovuto parlargliene, con il rischio di rovinare la loro amicizia? O magari era proprio quella la cosa importante di cui voleva parlarle Marco? Ma no, Sofía era più che certa che Marco non sentisse le stesse cose, perciò scosse la testa e si alzò ripulendosi dalla sabbia.
Si accorse che mancavano poco più di dieci minuti alle cinque, perciò si avviò verso la fortaleza, asciugandosi qualche lacrima che le aveva rigato il volto.

Una volta giunta lì, vide che Marco la stava già aspettando.
"Sono in ritardo? Scusa, non..." iniziò la ragazza.
"No" la interruppe lui "sono io ad essere in anticipo, sono nervoso ed emozionato per quella cosa di cui devo parlarti".
Sofía notò come il ragazzo si muovesse avanti e indietro nervosamente. Che davvero dovesse parlarle dei sentimenti che provava per lei? Una piccola speranza si accese nel suo cuore.
"Marco, ehi, tranquillo..." cercò di calmarlo prendendogli le mani e facendolo fermare.
"Ok" iniziò lui "innanzitutto volevo chiederti scusa per come mi sono comportato ieri sera, davvero non so che mi sia preso..."
"Non fa niente Marco, eravamo tutti un po' su di giri" replicò la ragazza "e devo chiederti scusa anche io, non pensavo davvero quelle cose che ti ho detto. Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, né ora, né mai".
I due si abbracciarono forte, rendendosi conto che, in un modo o nell'altro, sarebbero sempre riusciti a fare pace e a rafforzare il loro rapporto.
"Era questa la cosa importante di cui mi dovevi parlare?" domandò Sofía staccandosi da lui.
"No, ecco..." iniziò Marco "stamattina mi ha chiamato Horacio..."
Horacio era il rappresentante di Marco, che lo aveva seguito da quando il Mallorca lo aveva voluto in squadra. E ormai era diventato parte della famiglia.
"E? Dai Marqui, non tenermi sulle spine!" fece la ragazza, impaziente.
Il ragazzo sorrise per quel nomignolo, adorava sentirglielo pronunciare.
"Mi ha detto che c'è un offerta da parte di un club importante" continuò.
"Quanto importante?" chiese Sofía.
"Se ti dicessi F.C. Barcelona?" replicò Marco con un'espressione che era tutta un programma.
La ragazza spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca per la sorpresa. Il Barcellona, quel Barcellona, voleva Marco. Era incredula, non aveva mai messo in dubbio le doti calcistiche del ragazzo, ma tutto quello le sembrava surreale.
"Marco, ma è... pazzesco" esclamò dopo qualche secondo di silenzio.
Si lanciò verso di lui e lo abbracciò forte, mentre una piccola parte del suo cuore si stava sgretolando. Era la parte in cui si era accesa la piccola speranza qualche minuto prima. Ma d'altronde doveva aspettarselo, lui non avrebbe mai potuto provare nulla di più di un forte sentimento di amicizia per lei.

Dopo qualche minuto si staccarono e si guardarono negli occhi.
"Lo sapevo che ce l'avresti fatta, non ho mai smesso di credere in te" gli disse Sofía, emozionata.
"Questo lo so, sei una delle poche persone che non ha mai dubitato di me" replicò Marco "sei e sarai sempre parte dei miei esiti".
La ragazza gli sorrise, vederlo così felice era la faceva stare bene, non aveva bisogno di nient'altro.

"Beh certo, non è il Real Madrid..." continuò poi il ragazzo mentre passeggiavano sulla spiaggia abbracciati.
"Effettivamente, un po' mi farà male vederti con quei colori addosso" replicò Sofía ridendo.
"Già, ti avevo promesso che un giorno avrei vinto una Champions con il Madrid e te l'avrei dedicata" fece lui guardandola.
"Beh non fa niente, puoi sempre dedicarmi quella che vincerai con il Barça".

I due continuarono a camminare per qualche minuto, quando improvvisamente la ragazza si incupì. Marco, chiaramente, avrebbe dovuto trasferirsi e lei sapeva cosa era capace di fare la distanza. Rovinava i rapporti, li congelava, li corrodeva. E in quel momento ebbe il terrore che potesse succedere anche a lei e Marco. Sarebbero passati giorni, mesi, e probabilmente lui si sarebbe dimenticato di lei. Anzi, ne era quasi sicura.

Filo rosso. // Marco AsensioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora