Capitolo 20

794 44 9
                                    

Sofía

23 ottobre 2016, Madrid.

— Posso aprire gli occhi? — domandai impaziente —dai, dai, ti prego!—

—Quanto sei impaziente, madre mía— lo sentii sospirare.

Dopo un buon quarto d'ora durante il quale Marco mi aveva portata chissà dove tenendomi per mano, finalmente si fermò e mi diede il via libera. Così finalmente potei aprire gli occhi.

Mi ritrovai nello stesso posto in cui esattamente un mese prima Marco aveva confessato i suoi sentimenti per me e ci eravamo ufficialmente messi insieme.

Solo che questa volta era tutto addobbato con tantissime lucine e candele, una coperta da picnic, e tanto, tantissimo cibo.
Ero esterrefatta, era tutto così meraviglioso che non mi uscivano le parole di bocca.

—Marco...— feci guardandolo —tutto questo è meraviglioso e non so cosa dire... grazie—

—Non devi dire niente— mi sorrise —mi basta vedere quanto sono illuminati i tuoi occhi in questo momento—

—Questo è perché sono con te— allacciai le mie braccia dietro il suo collo —finché sarò con te il mio sguardo avrà questa luce, anche se dovessimo essere nel posto più brutto del mondo—

—Ti amo— replicò baciandomi.

—Anche io— sorrisi —ma sai cos'altro amo? Il cibo! E vedo che qui ce n'è parecchio— mi staccai da lui dirigendomi verso quel ben di Dio.

—Che bello vedere che certe cose non cambiano mai— scoppiò a ridere per poi imitarmi sedendosi sulla coperta da picnic.

Aveva preparato moltissime cose, tra cui i miei piatti maiorchini preferiti e, per dessert, non poteva mancare la mia amatissima ensaimada.

—Sono quasi geloso di come guardi questo cibo— iniziò a prendermi in giro.

—Mi dispiace, ma non potrai mai competere con il cibo... con questo cibo, poi! No, non se ne parla proprio— replicai serissima, mentre gustavo il mio adorato pa amb oli.

Marco mi guardava sempre più divertito.
Era bello vedere che, nonostante tutto, le cose tra di noi erano sempre rimaste le stesse.
È vero, i sentimenti erano cambiati, ma continuavamo ad essere i migliori amici che eravamo sempre stati, con i nostri scherzi, le nostre prese in giro, e anche qualche stupida discussione.

—Erano secoli che non mangiavo queste delizie!— esclamai non appena ebbi finito la mia ultima fetta di ensaimada.

—A giudicare dalla voracità con cui hai mangiato, direi che erano secoli che non mangiavi, punto—

Gli diedi un leggero pugno sulla spalla per poi sdraiarmi accanto a lui con la testa sul suo petto e iniziammo ad osservare le stelle.
Amavo osservare quei puntini luminosi che costellavano il cielo. Soprattutto quando ero lontana da casa e sentivo la mancanza della mia famiglia e dei miei amici, iniziavo ad osservare il cielo e pensavo che, in fondo, se anche loro potevano vedere le stesse stelle, non eravamo poi così lontani.

—È stato il mese più bello della mia vita— esordì ad un certo punto Marco, mentre mi accarezzava i capelli —credimi, il momento in cui un mese fa hai deciso di stare con me, è stato il più bello della mia vita. Niente, neanche il momento in cui ho firmato per il Real Madrid o in cui ho segnato in Supercoppa, è stato più bello. Perché, in fondo, se non ho te, tutto questo è inutile.—

—Ti odio— feci asciugandomi qualche lacrima —perché sai sempre cosa dire, hai sempre le parole perfette e mi dimostri ogni singolo giorno che mi ami. E io non credo di meritarmi tutto questo...—

—Smettila— mi interruppe —smettila di sottovalutarti e di credere di non essere abbastanza. Lo sei, sei anche troppo per me. Ed è per questo che cerco di dimostrarti ogni giorno quanto ti amo. Perché te lo meriti e perché voglio che tu sappia che ci sarò sempre per te. E so che per me vale lo stesso, che tu ci sarai sempre e che sarai sempre il mio supporto più grande. Non c'è bisogno che tu me lo dica a parole—

***

Appena tornati a casa iniziai a preparare la valigia perché il giorno seguente saremmo partiti per quei famosi giorni a Mallorca.
Sì, alla fine Marco mi aveva convinta, nonostante i miei mille dubbi, paure e insicurezze.

—Marco!— urlai mentre mettevo a soqquadro la camera.

—Oddio— replicò immediatamente facendo capolino —quando mi chiami così significa che è successo qualcosa di grave—

—Le ho perse! Non le trovo più!— sospirai sconsolata mentre mi sedevo sul letto con le mani tra i capelli.

—Cos'hai perso?— mi domandò apprensivo sedendosi accanto a me.

—Le cuffie— sbuffai.

—Dio, Sof!— esclamò Marco facendo un sospiro di sollievo —pensavo avessi perso qualcosa di molto più importante—

—Stai dicendo che le mie cuffie non sono importanti?— lo guardai truce.

—No...— rispose —ma possiamo ricomprarle, non ti preoccupare—

—Odio questa tua mentalità consumista e capitalista— mi alzai e continuai a cercare in ogni angolo della stanza —solo perché ora sei un calciatore strapagato non significa che io possa perdere qualunque cosa perché tanto poi ci sarai sempre tu a ricomprarmela—

—Sof, ehi, amore— fece prendendomi per le mani e facendomi sedere sul letto accanto a lui —so che stai facendo così perché sei nervosa per la partenza, ma andrà tutto bene... Mallorca è casa nostra—

—Non è per quello—

—Oh andiamo— mi guardò —sai benissimo che è così—

—Uffa, smettila di essere sempre così comprensivo e di conoscermi così bene— sbuffai, facendolo scoppiare a ridere.

—Dai, ora andiamo a dormire che domani mattina presto ci aspetta il volo per Palma— fece dandomi un bacio sulla fronte per poi infilarsi sotto le coperte e farmi cenno di sdraiarmi accanto a lui.

E così feci. Era l'unico modo per riuscire a calmarmi, e lui lo sapeva bene. Non importava quante paure o difficoltà avessi, tra le sue braccia era tutto un po' più semplice.


Spazio autrice

Ebbene sì, sono tornata. 
Sinceramente non sono molto convinta di questo capitolo, ma spero possiate apprezzarlo lo stesso.
Ora che le vacanze sono finite e ho riniziato l'università, spero di riuscire ad aggiornare con più costanza. 
Spero continuiate a supportarmi❤️

Filo rosso. // Marco AsensioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora