Capitolo 19

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Marco.

Ero sveglio da più di dieci minuti e non riuscivo a smettere di osservarla.
Era così bella, così semplice, così diversa da tutte le ragazze che avevo incontrato prima di allora.
Non potevo fare a meno di pensare a quanto fossi fortunato ad averla nella mia vita, a quanto ne fosse valsa la pena aspettare tutto quel tempo per averla finalmente tra le mie braccia.

Ad un tratto la sentii mugugnare qualcosa che assomigliava ad un "buongiorno".

—Buongiorno anche a te, amore mio— feci accarezzandole il viso.

—Tu sei già così sveglio— replicò tra uno sbadiglio e l'altro —io ho bisogno di un litro di caffè prima di riuscire a connettere due neuroni—

Scoppiai a ridere. Se c'era una cosa che avevo sempre adorato, era Sofía appena sveglia. Aveva quell'espressione da "lasciami dormire altri cinque minuti" che durava almeno una mezz'oretta. Poi, dopo il suo amato caffè, tornava ad essere se stessa.

—Dai, alziamoci!— feci ad un certo punto nella speranza che non si fosse già riaddormentata.

—No dai, altri due minuti, ti prego— replicò appoggiando la testa sul mio petto e stringendosi ancora di più a me.

—Sai che resterei così fino alla fine dei miei giorni, ma poi lo senti tu Zidane— sospirai —se c'è una cosa che odia di più della finale dei mondiali del 2006, beh, sono le persone in ritardo—

—E dai— cercò ancora di convincermi —ci parlo io con Zidane—

—Sì, tu!— scoppiai a ridere —che ieri sera per poco non svieni davanti a Sergio Ramos—

—Senti, non mi prendere in giro!— replicò, imbronciata —io non me l'aspettavo di vederli tutti così, insomma non ero pronta—

—Allora ti farò un corso di preparazione che non si sa mai, magari la prossima volta incontri Beckham— scherzai prima di darle un bacio sulla fronte e alzarmi dal letto.

—Se incontro Beckham ci metto un secondo a lasciarti per diventare la sua amante, sappilo— fece alzando la voce per far sì che la sentissi mentre entravo in bagno.

Dopo una doccia veloce, mi misi il completo da allenamento e scesi a fare colazione. In cucina trovai una Sofía provata che fissava l'interno della sua tazza di caffè.

—Se aspetti che il caffè ti parli, ti conviene tornare tra un millennio quando avranno inventato il caffè parlante— scherzai.

—Fa schifo— fece, infastidita —la tua moka fa del caffè letteralmente schifoso—

—Come, scusa?— scoppiai a ridere —è una moka normalissima—

—E qui ti sbagli, signorino— replicò —sembra acqua sporca, io non lo bevo—

—Ok, allora facciamo una cosa— proposi —dato che manca più di un'ora all'inizio dell'allenamento, vieni con me e andiamo in un bar serio a bere un caffè come si deve—

L'espressione sul suo viso cambiò improvvisamente e con un balzo mi saltò al collo.

—Grazie grazie grazie!— esclamò —ti ho già detto che sei il fidanzato migliore del mondo e ti amo tantissimo?—

—Qualche volta— risposi baciandola —ma tu non stancarti mai di ripeterlo—

***

Dopo una ventina di minuti eravamo in un bar che distava pochi chilometri da Valdebebas.

—Un caffè doppio e un croissant alla crema— ordinò Sofía.

Filo rosso. // Marco AsensioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora