Parte 8

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Una bicicletta emergeva lentamente dalla bruma.Una ragazza vestita di bianco avanzava verso di me,pedalando lungo la strada in salita.L'alba in controluce permetteva di scorgere la sua silhouette sotto il vestito di cotone.I lunghi capelli color fieno ondeggiavano coprendole il volto.Rimasi immobile,guardandola avvicinarsi,come un imbecille durante un attacco di paralisi.

La bicicletta si fermò a un paio di metri da me.I miei occhi,o la mia immaginazione,intuirono il contorno di due agili gambe che sembrava uscito da un quadro di Sorolla fino a imbattermi nei suoi occhi,di un grigio così profondo da poterci cadere dentro.Erano fissi su di me con un'espressione sarcastica.Sorrisi e feci la mia migliore faccia da idiota.<Tu devi essere quello dell'orologio>disse la ragazza con un tono  coerente con il suo sguardo.

Calcolai che doveva avere i miei anni,forse uno di più.Indovinare l'età di una donna era,per me,un'arte o una scienza,mai un semplice passatempo.La sua pelle era pallida come il vestito.<Abiti qui?>balbettai,indicando il cancello.Abbassò appena le palpebre.Quegli occhi mi trapanavano con una tale furia che mi ci vollero un paio d'ore prima di accorgermiche,per quanto mi riguardava,era la creatura più abbagliante che avessi mai visto o sperassi di vedere in vita mia.Punto e a capo.<E tu chi sei per farmi delle domande?>   <Immagino di essere quello dell'orologio> improvvisai.<Mi chiamo Oscar.Oscar Drai,sono venuto a restituirlo.

Senza darle il tempo di ribattere,lo tirai fuori dalla tasca e glielo porsi.La ragazza sostenne il mio sguardo per qualche istante prima di prenderlo.Quando lo fece,notai che la sua mano era bianca come quella di un pupazzo di neve e che sfoggiava un anello dorato all'anulare.  <Era già rotto quando l'ho preso> spiegai. <E rotto da quindici anni> mormorò senza guardarmi.

Quando alla fine alzò gli occhi,fu per esaminarmi dall'alto in basso,come se stesse calcolando il valore di un vecchio mobile o di qualche cianfrusaglia.Qualcosa nei suoi occhi mi disse che non mi considerava un ladro vero e proprio;probabilmente mi stava classificando nella categoria dei cretini  o in quella  degli idioti.La mia faccia da illuminato non aiutava granchè.La ragazza si inarcò un sopracciglio e sorrise enigmatica,poi mi restituì l'orologio

<Tu l hai preso,tu lo restituirai al proprietario>.

<Ma...>

<L'orologio non è mio> mi spiegò <Appartiene a Germàn>

Quel nome mi fece tornare in mente il gigante dalla bianca capigliatura che,giorni prima mi aveva sorpreso nel salotto della villa.

<Germàn?>

<Mio padre>.

<E tu sei?> chiesi.

<Sua figlia>.

<Intendevo dire: come ti chiami?>

<So benissimo cosa intendevi dire> rispose la ragazza.

Senza aggiungere altro,montò di nuovo in sella e attraversò il cancello d'ingresso.Prima di sparire in giardino,si voltò per un attimo.Quegli occhi ridevano di me a crepapelle.Sospirai e la seguii.Un vecchio conoscente  mi diede il benvenuto.Il gatto mi fissava con il suo solito disprezzo.Avrei voluto essere un dobermann.

Attraversai il giardino scortato dall'animale.Mi districai in quella giungla fino ad arrivare alla fontana dei cherubini,dove era appoggiata la bicicletta.Della cesta sul manubrio la ragazza stava scaricando un sacchetto che profumava di pane fresco.Tirò fuori una bottiglia di latte e si accovacciò sulla sua colazione.Doveva trattarsi di un rituale quotidiano.


marinaWhere stories live. Discover now