Parte 11

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Credo di non essere mai stato tanto puntuale in vita mia.La città era ancora in pigiama quando attraversai Plaza Sarrià.Al mio passaggio,uno stormo di colombe si alzò in volo al rintocco delle campane che annunciavano la messa delle nove.

Un sole da calendario ravvivava le tracce di una pioggerella notturna.Kafka era venuto ad accogliermi all'inizio della strada che portava alla villa.Un gruppo di passeri si teneva a prudente distanza sulla cima di un muro.

Il gatto li osservava con la studiata indifferenza di un professionista.    <Buongiorno,Kafka.Abbiamo già assassinato qualcuno stamattina>?     Il gatto mi rispose con un semplice ronron e,come un flemmatico maggiordomo,mi fece strada attraverso il giardino.Marina mi aspettava seduta sul bordo della fontana,con un vestito color avorio che le lasciava scoperte le spalle.Aveva tra le mani un quaderno rilegato in pelle sul quale scriveva con una stilografica.

Il suo volto tradiva una grande concentrazione e non si accorse della mia presenza.Sembrava persa in un altro mondo e ne approfittai per osservarla imbambolato per qualche instante.Decisi che doveva essere stato Leonardo Da Vinci a disegnarl quelle clavicole:non c'era altra spiegazione.Kafka,geloso,ruppe l'incanto con un miagolio.La stilografica si fermò di colpo e gli occhi di Marina incrociarono i miei.Chiuse in fretta il quaderno.      <Pronto>?

Marina mi guidò per le strade di Sarrià verso una meta ignota,senza darmi altro indizio sulle sue intenzioni se non un misterioso sorriso.   <Dove andiamo>? chiesi dopo diversi minuti.    <Pazienza.Lo vedrai>.      La seguii docilmente,anche se avevo il sospetto di essere oggetto di un qualche scherzo che per il momento non riuscivo a capire.

Scendemmo fino al Paseo De La Bonanova e ,di lì,svoltammo per San Gervasio.Passammo davanti al buco nero del bar Victor.Un gruppo di fighetti,al riparo degli immancabili occhiali da sole,scolavano birre e scaldavano con indolenza il sellino delle loro Vespe.Al nostro passaggio,in parecchi abbassarono a mezz'asta i Ray-Ban per radiografare Marina."Mangiatevi il fegato" pensai.

In calle Dr.Roux,Marina girò a destra.Scendemmo per un paio di isolati fino a imboccare un sentierino sterrato all'altezza del numero 112.L'enigmatico sorriso era sempre fisso sulle sue labbra.  <E qui>? chiesi incuriosito.

Quel sentiero non sembrava portare da nessuna parte.Marina si limitò a percorrerlo.Mi guidò per una stradina che saliva fino a un loggiato fiancheggiato da cipressi.Più in là,un giardino incantato pieno di lapidi,croci e mausolei ammuffiti languiva tra ombre azzurrate.Il vecchio cimitero di Sarrià.


marinaWhere stories live. Discover now