Fine del regno di Erebor/
Terza Era.Il fuoco cresceva lungo le pareti e le immense sale dorate, la fame lo contorceva dal interno come un parassita spietato e senza alcun desiderio di fermarsi. Il rosso tingeva le pareti di un colore vivo, caldo che un tempo scorreva nelle vene. L'ossigeno lo nutriva lo faceva crescere ma non era a sufficienza, lui voleva di più; voleva sentire la pelle delle sue vittime fondersi dentro di lui, sentire le ossa frantumarsi in una manciata di polvere nera, insignificante quanto la vita che stava prendendo.
Non vi erano vie di fuga per i nani che ancora si trovavano all'interno del regno sotto la montagna, ormai le fiamme e il loro padrone avevano già detronizzato uno dei discendenti della casa di Durin prendendosi con avidità ciò che era suo, compresa la gemma del Re.
Le urla risuanavano forti e chiare alla luce di quei massacri, come anime disperate in preda ad una scalata verso la morte, travestita da speranza: il dolore e la sofferenza avevano sopraffatto la città di Dale e ora si stavano filtrando dentro Erebor.
Una donna dai capelli bianchi annaspava l'aria in cerca d'ossigeno per respirare. Le sue braccia arrancavano nel vuoto come mosche cercando sostegno sulle rocce bagnate del suo stesso sudore: la sua vestaglia rosa era tutta sgualcita, strappata con le cenere sparsa su di essa. Strinse i denti e gemette mentre con forza si aggrappava alla roccia dietro di sè per riuscire ad alzarsi. La sua gamba destra - però- non riusciva a muoversi, era incastrata sotto un'enorme macigno mentre il marmo sceggiato le raschiava la pelle come un'aratro che crea un solco nel terreno. La vista del suo stesso sangue- ormai- non la turbava più, era completamente ricoperta da quel liquido rosso, tanto da farle temere che non ve ne fosse a sufficienza per far battere il suo cuore.Il pianto di una bambina le risuono di nuovo nelle orecchie: era sua figlia. Bloccata oltre alla parete di rocce con la disperazione e la solitudine a farle compagnia. Voleva sua madre, ma come poteva una donna come lei riuscire ad alzarsi e a spostare le macerie una per una con le ferite gravi che aveva? Era sola. Suo marito era riuscito a fuggire da quel regno di devastazione solo con il suo sacrificio, eppure - in quel momento- una parte di sè, avrebbe voluto che fosse rimasto a stringerle la mano.
-Ringil! - singhiozzò esausta. - la mamma non ti lascerà morire da sola, hai capito?! Io non ti abbandonerò qui! Ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla!- ad ogni parola che pronunciava si sentiva pervasa da una nuova forza, un caldo tempore che si propamava dentro di lei.
Pallaran smise di piangere, chiuse gli occhi e lasciò che i suoi capelli bianchi le accarezzassero il viso come sottili fili d'erba fresca. Il dolore divenne improvvisamente lieve, quasi un antico ricordo: non percepiva, non avvertiva più il sangue sgorgare fuori dalla ferita nè le ossa frantumarsi lentamente. Si sentiva leggera come l'aria, viva ma soprattutto estremamente forte, forse persino troppo indistruttibile. Sapeva che nessun nano- ormai- sarebbe tornato indietro a prenderla, era sola davanti al lurido serpente usurpatore. Non aveva più motivo di nascondere ciò che era davvero, nemmeno a sua figlia. Anche perchè era certa che un giorno anche lei avrebbe liberato la sua stessa natura: ricordava come se fosse ieri la sensazione di potere, rabbia che la divorava nell'anima come un costante martello che batte sopra un chiodo, il richiamo del caldo liquido rosso che scorreva nelle vene di suo fratello e il forte senso di piacere nell'affondare le zanne nella carne viva e tenera.
Era così che si era guadagnata un invito di sola andata per una vita immortale e senza amore, per il solo e unico desiderio di prosciugare un vivente: gli occhi di suo fratello li vedeva ancora ogni notte, quando cercava di chiudere gli occhi, li vedeva ogni giorno, quando tentava di pensare alla gioia. Tutto perchè non poteva fare a meno di uccidere ma dopotutto era così che si reputava: un'assassina.
Il suo corpo venne ricoperto da delle placche dorate mentre i suoi occhi si inniettavano di sangue; gli artigli si allungavano, le sue corde vocali si gonfiavano rendendo la voce più roca, le sue pupille si strinsero come quelle dei serpenti e le sue iridi incominciarono a brillare di bronzo.
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Lo Hobbit- La Maledizione Di Rauros
FantasyQuando il desiderio diventa devastante e il ruggito della libertà divora l'anima come un parassita, finchè non lo fa emergere dalle profondità della tua mente. Thorin ScudodiQuercia ha finalmente l'occasione per recuperare il suo regno perduto dal...