Capitolo 15

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Durante tutto il tragitto in macchina, aveva provato ripetutamente a telefonargli, ma rispondeva la solita segreteria. Aveva anche provato a chiamare a casa, ma l'unica cosa che Abbie era stato in grado di dirle era il nome dell'ospedale dove era stato portato John.

Era sempre stato un bambino cagionevole, ricordava ancora che, quando l'aveva conosciuto, era addirittura costretto a spostarsi su una carrozzina: nonostante avesse appena due anni, era già molto malato. Con il tempo e con molta tenacia, il bambino era riuscito a migliorare, anche se la sua vita sarebbe sempre stata diversa.

Soffriva di una grave mancanza respiratoria che, per un breve periodo, l'aveva costretto a vivere con l'ossigeno. Ricordava ancora quel faccino sempre pallido e piccolo, che fissava i suoi coetanei giocare a rincorrersi, mentre lui era costretto a restare seduto.

Un nodo gigantesco si formò alla gola che la costrinse a deglutire rumorosamente.

Non era la prima volta che John veniva ricoverato d'urgenza in ospedale, l'ultima volta era rimasto in ospedale per due settimane.

Strinse forte il telefono tra le mani, fissandolo intensamente, con la speranza che George la chiamasse da un momento all'altro. Speranza inutile e assurda dal momento che suo figlio stava male.

-Non risponde?- la voce di Yuri arrivò alle sue recchie come un eco, era così agitata che le tremavano le mani, avvertiva un senso di nausea, mentre il cuore le batteva forte tanto da rendere difficile anche respirare.

-No- soffiò, incapace di aggiungere altro.

Yuri aveva insistito per accompagnarla e lei non aveva saputo rifiutare, anche perché non era del tutto sicura di essere in grado di guidare fino all'ospedale.

Non aveva fatto domande, si era limitato a chiederle dove dovevano andare, poi si era messo alla guida in completo silenzio.

-Vedrai che non sarà nulla di grave- cercò di rassicurarla e lei lo apprezzò davvero tanto.

Quando aveva saputo che George aveva già un figlio, ancora non si frequentavano. A dire la verità non era stato lui a parlargliene ma lo aveva capito dalle voci che giravano in ufficio. Quando poi Janine lo portò in ufficio per la prima volta, quando lei riuscì a dare un volto a tutte quelle voci, fu allora che George si decise a parlargliene, a raccontarle tutta la loro storia.

Il tutto successe dopo circa due mesi che avevano iniziato il loro rapporto, fatto solo di sesso.

-Buongiorno signorina, George è libero?-

Alzò il viso dal suo monitor per fissare quella ragazzina che stringeva tra le braccia un bambino dal volto pallido ma dal sorriso caldo. Era la prima volta che la vedeva, era la prima volta che una ragazza venisse a chiedere di George.

-No, è in riunione- rispose, raddrizzando la schiena mentre ricambiava lo sguardo curioso del bambino.

-Oh! Durerà ancora per molto tempo?- chiese, aggiustandosi il bambino tra le braccia.

-Credo che tra quindici minuti sarà libero- rispose, dopo aver controllato l'ora.

La ragazza sospirò, poi spostò lo sguardo sul bambino: sembrava indecisa su cosa fare.

Aveva i capelli sciolti che ricadevano soffici e che sembravano essere l'attrazione principale del bambino.

-Può aspettarlo nel mio ufficio se vuole- si ritrovò a dire, alzandosi per posare una cartella di documenti.

Fu allora che il bambino allungò una mano per afferrare quella cartellina, forse attirato dal colore vivace.

-No, amore quella non è tua-

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