16. Nuova Ibbish

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Il capitolo inizia dopo lo spazio autore (testo in corsivo)

Cari lettori ed efesini,
È finita la seconda parte, quindi è il momento dello spazio autore.
In realtà questa suddivisione in parti mi serve soprattutto per scrivere due parole a voi e chiedervi cosa pensate della storia. Con la stessa onestà vi dico che non ho idea di quanto sarà lunga, in quanto al numero sia di queste "parti" sia di capitoli :)

NB. Anche nella terza parte potranno esservi SPOILER sulla prima stagione della serie HBO o sul primo volume di George RR Martin.

Ovviamente spero che la storia vi stia piacendo e vi invito a commentare e votare i capitoli!
Cosa pensate della love story di Viserys con Marie? E dell'omicidio di Maestro Hoscar? (E di questi capelli neri?)

E infine... Buona lettura!
Best regards,
@drogonthug

- fine spazio autore -

Marie aveva ragione: il viaggio per Nuova Ibbish richiedeva più di un'intera giornata. Nel mentre Viserys camminò lungo la scogliera e di tanto in tanto nel bosco quando il terreno sembrava instabile o quando, non avendo più un mantello, pativa troppo freddo. Di notte fu spesso costretto a seguire questa tattica, mentre di giorno la maggiore visibilità - e temperatura, elemento da non sottovalutare - gli permise di restare sulla costa e ammirare il gelido Mare dei Brividi.
Per la maggior parte del viaggio la sua mente fu libera da pensieri tristi e sensi di colpa. La massima preoccupazione che lo colpì fu il timore di arrivare troppo tardi a destinazione, trovare le porte chiuse e dover aspettare la mattina seguente per entrare in città. In effetti era un'usanza assai diffusa, specialmente dove le mura dovevano proteggere gli abitanti da gente pericolosa come i dothraki.
Per sua gioia però, tali mura gli apparvero al tramonto. Delle tristi mura grigie che, nonostante appartenessero ad un centro ancora abitato, non potevano competere neanche lontanamente con quelle di Vaes Aresak. Peraltro per trovare l'unico ingresso il giovane dovette praticamente girare intorno all'intero perimetro di Nuova Ibben - inconveniente che gli portò via ben poco tempo date le ristrette dimensioni di questa.
Quando fu davanti alla porta si mise in coda dietro alcuni uomini dall'aspetto buffo, di bassa statura ma con le spalle spropositatamente larghe, la mascella prominente coperta da una folta barba nera. Trasportavano il tronco di un albero in silenzio, guardando di tanto in tanto il ragazzo con sospetto. Fortunatamente non dovette attendere molto per il proprio turno, poiché questi furono piuttosto veloci.

"Ulcham dha Nee Ibbish." Disse - più o meno - con voce stridula il più giovane tra le due guardie dall'aspetto pressoché identico ai taglialegna che se ne erano appena andati. L'altro sembrò rimproverarlo, sempre in quella lingua strana.
"Parlate la lingua comune per caso?" Chiese speranzoso.
"Un po'. Ho stato a Approdo dei Re per vendere balena. Quasi tutti abbiamo stato, tranne giovani." Rispose il più anziano indicando il compagno d'armi - che riteneva certamente inferiore a sé.
"Menomale..." Mormorò tra sé Viserys, poi si rivolse alla guardia. "Salve, signori, vorrei entrare nella vostra città."
Gli rispose con una risata, accompagnato poi dall'altro, anche se non capiva cosa stessero dicendo.
"Noi non lascio passare stranieri senza causa e se non pagherebbero dazio in soggiorno per città."
Non fu particolarmente facile capire cosa stesse dicendo quello, ma era chiaro che volesse dei soldi. Gli ibbenesi erano un popolo tirchio, l'aveva detto persino Maestro Hoscar. Già, il Maestro! Il ragazzo mostrò la catena che aveva portato via.
"Sono un giovane Maestro, devo tornare nel Continente Occidentale e mi serve un passaggio via mare." Prese anche una moneta d'oro dalla sacca legata alla cinutra - la sua prima spesa. "La tassa di soggiorno, giusto?"
Le due guardie guardarono il denaro come un mastino a digiuno da settimane avrebbe guardato una bistecca.
"Certamente, certamente, Maestro. Noi ti faccio passare, qui trovare nave per Ib, poi da Ib altra fino a Continente Occipitale." Rispose il soldato allungando la mano verso la succulenta moneta. "Moneta di Pentos?"
"Moneta d'oro, soldato. Moneta d'oro." Replicò il ragazzo come per prenderlo in giro. Possibile che fosse così ingenuo - o meglio, avido e distratto - da bersi la storia del Maestro? Un Maestro così giovane?
"Ragione, Maestro, entrare." L'altra guardia fece un gesto analogo indicando il portone ancora aperto. "Ancora un cosa. A Ib fanno freddo, ghiaccio. Serve pelliccia, vendono in bottega di mia cugino, Iknur."
Il ragazzo fece cenno con la testa per ringraziare prima di varcare l'ingresso della città.

Dietro la porta vi era un'unica via in discesa su cui si affacciavano dei palazzi di legno dall'aspetto grigiastro e triste, che formavano tra l'alro un perfetto corridoio per il solito fastidioso vento freddo. Infine il cielo stava iniziando ad incupirsi e salutare definitivamente la luce solare per quel giorno.
I taglialegna erano ancora alle prese con il loro tronco, ma sparirono ben presto a sinistra, dietro la prima e forse unica curva della strada. In compenso però da uno strettissimo vicolo laterale che il giovane non aveva notato, sbucò un uomo - tanto per cambiare - basso, largo, con la barba nera e la camminata goffa. Portava con sé una sorta di bottiglia piena di un qualche olio che usava per accendere delle deboli lampade poste lungo la via.
Non c'era in giro nessun altro, nemmeno un cane o un gatto randagio. Beh, forse perché con l'odore di pesce che permeava l'aria quegli animali dovevano essersi radunati tutti al porto o in qualche magazzino dei pescatori.
In compenso però, a dispetto della solitudine e della penombra nelle strade, l'interno delle case doveva essere ben illuminato per la notte a giudicare da quanto si potesse vedere dalle finestre.
Viserys dovette sbrigarsi a cercare la bottega del sarto: tutti i commercianti, dagli ortolani ai fabbri, sembravano aver già chiuso le loro attività per quel giorno. Percorse la via principale fino alla curva - dopo la quale, come sospettato, la strada arrivava rapidamente al mare, sottolieando le modeste dimensioni della città.
Il porto sembrava d'altro canto un po' più affolato rispetto al centro, con qualche marinaio, pescatore, carpentiere e i soliti taglialegna che erano finalmente giunti nel cantiere navale dove erano diretti. Vi erano ormeggiate delle barche e dei piccoli pescherecci o velieri.
Tuttavia non aveva tempo per andare a curiosare: preferì saggiamente controllare dietro ogni porta su cui fosse affissa un'insegna - scritta in ibbenese e pertanto a lui incomprensibile - per capire in quale entrare. Il negozio più improbabile che trovò fu forse quello di un venditore di ossi e lische di pesce - aveva persino dei corni di narvalo appesi al soffitto - ma anche quello che vendeva insetti vivi non aveva molto da invidiargli in quanto a stranezza.
La bottega del sarto invece si trovava in una rientranza tra i palazzi, una sorta di piazzetta con alcune altre botteghe, esattamente in corrispondenza della curva sul lato interno.

Viserys non è morto: è alle Hawaii con Elvis (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora