20. La Providence

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A differenza del primo mattino, il porto di Nuova Ibbish brulicava di gente al lavoro verso mezzogiorno. Uomini e donne ibbenesi - piuttosto difficili da distinguere a dire il vero - erano intenti a caricare merci varie, soprattutto legna e dei sacchi con dentro chissà cosa, sulle piccole scialuppe ormeggiate al molo.

Era evidente che tutto quel ciarpame dovesse essere successivamente imbarcato sulla grande nave in rada. Al ragazzo apparve invece un po' meno chiaro come ottenere un passaggio, dato che i lavoratori ibbenesi lo guardavano con diffidenza e cercavano di evitarlo.
Sicuramente sarebbe bastato un po' d'oro, ma quella tappa a Nuova Ibbish gli era già costata abbastanza. In fondo, benché fosse riuscito a lasciare l'oste del 'Leviatano Ubriaco' bramoso di una mancia a bocca asciutta, non disponeva di risorse infinite nella sua sacca e gli sarebbero dovute bastare per parecchio tempo.
Certo, avrebbe potuto anche cercare un lavoro un giorno, ma con il rischio di restare vincolato per sempre ad una bottega o un campo come la gente del volgo. Quindi in tal caso non sarebbe stato meglio restare con i dothraki e accontentarsi di diventare re dei Sette Regni o - per essere più realisti - perire eroicamente nell'impresa?
Si domandò anche come stessero Dany e Khal Drogo. Loro probabilmente avevano come ultimo ricordo di lui un pazzo ubriaco che voleva uccidere lo 'Stallone che Monta il Mondo', ma non aveva molta importanza. Contava solo che stessero bene in quel cumulo di fango che chiamavano Vaes Dothrak - e nondimeno che fosse stato un banale schiavo a finire sotto la colata di oro fuso.

"Straniero dovere andate per Westerntoast?" Domandò un omuncolo ben vestito - negli standard dei suoi concittadini, s'intende - dalla foltissima barba nera.
Viserys sentì il suo cuore spezzarsi alla parola 'Westerntoast'. Né il dothraki che aveva cercato di violentarlo, né le bestie feroci incontrate durante il viaggio, né Maestro Hoscar quando aveva appreso la sua identità ed era pronto a mandare corvi in giro per il mondo erano riusciti a farlo sentire così!
Non disse niente e annuì.
"Me Timoniere. Nostro nave salpa di Porto Ibben tra poco, Ib, poi riparte per il Continente Occipitale. Soldi viaggiare?" Continuò l'ibbenese, con il lungo braccio destro già teso per ricevere qualcosa.
Il giovane di norma avrebbe ceduto facilmente, ma non voleva dare niente ad un uomo che chiamava i Sette Regni 'Westerntoast'. Tuttavia aveva bisogno di quel passaggio, per cui provò con un'altra tecnica.
"Purtroppo non possiedo nulla qui, ma vi potrò ripagare in patria..."
"Niente fare, noi vuole pago subito."
"Vi garantisco che non appena attraccheremo nei Sette Regni avrete il vostro denaro." Mentì spudoratamente.
Il timoniere lo guardò dubbioso, evidentemente non si fidava della promessa di un estraneo. Serviva un modo efficace per persuaderlo, qualcosa di forte e deciso.
"Siete già stato nei Sette Regni, immagino."
"Certo che ho stato, come tutti." Rispose secco l'altro.
"E quindi avrete senz'altro sentito che un Lannister paga sempre i propri debiti..."
Davvero se n'era uscito con quella scemenza? Come gli era potuta venire in mente? Proprio ora, che aveva i capelli più neri del più Baratheon dei Baratheon!
Poteva puntare solo sull'ignoranza e la distrazione del timoniere al pensiero dell'oro.
"Siete Lannister? Quale voi nome?"
"Lancel. Lancel Lannister." Replicò prontamente il ragazzo.
Se la scusa precedente era ridicola, questa trascendeva il concetto di ridicolezza. Lancel Lannister: un nome assurdo che poteva avergli dato solo un qualche idiota balbuziente. Forse sarebbe stato meglio pagare e basta...
"Se mi porterete nel Continente Occidentale vi darò molto oro, potrete comprare una nave tutta vostra e sarete il capitano. Ma non ditelo a nessuno, anzi, fingete che io mi chiami... Tomas, ecco." Bisbigliò nell'orecchio del marinaio.
Costui, in estasi per l'accostamento delle parole 'molto' e 'oro', si bevve la farsa.
Era stato fin troppo facile ingannarlo - e pensare che Viserys non era neanche membro del Concilio Ristretto!
"Poteteci contare..." Rispose. "Tomas."
Ciò detto agì come agisce un uomo - a maggior ragione se ibbenese - che pregusta i propri guadagni e accompagnò il ragazzo su una lancia per i marinai.

Quando fu a bordo si rese conto di quanto il mare fosse calmo solo per finta. La modesta scialuppa continuava ad oscillare, dando costantemente l'impressione di volersi ribaltare nell'acqua gelida insieme a tutto il suo troppo numeroso equipaggio.
Non fu un viaggio particolarmente gradevole, ma perlomeno durò pochi minuti. Ciò che portò via la maggior parte di quella mezz'ora fu l'attesa per caricare completamente la lancia, seguita dal trasbordo dei passeggeri sulla Providence - nome scritto a caratteri ibbenesi sulla fiancata della grande nave; fu uno dei marinai a spiegare al giovane la pronuncia.
La Providence in effetti era davvero enorme con il suo largo scafo e i quattro imponenti alberi. Sul ponte era persino montata una gru azionata da quattro uomini per caricare più velocemente e con meno fatica le merci. La chiglia d'altro canto era coperta di catrame e sporcizia di ogni tipo che si potesse accumulare in mare.
Per il trasbordo i marinai si dovettero arrampicare su un'apposita rete che fu calata verso la scialuppa al momento opportuno. Viserys non fece eccezione.
Quando fu sul ponte vide il timoniere parlare con un altro ufficiale e subito dopo tornare dal lui per illustrargli la sua posizione sulla nave.
La diffidenza degli ibbenesi per gli stranieri, supportata dalle raccomandazioni del marinaio a cui aveva promesso l'oro, gli aveva fatto guadagnare una cabina privata, lontana da quelle dell'equipaggio, e la possibilità di assolvere compiti tutto sommato meno umili di quanto avesse ipotizzato. Tali attività, quali la pulizia del ponte di comando e della gru - sempre meglio delle latrine - o persino l'assistenza al timoniere, avrebbero permesso anche di avere due pasti al giorno e soprattutto, come si conviene in mare, rum a volontà.
Nel tempo libero - estremamente raro quando si naviga - avrebbe potuto girare un po' dove voleva, ma sempre sorvegliato dagli occhi dubbiosi della ciurma ibbenese.
D'altronde la cabina era così stretta - non molto più grande di un armadio a dire il vero - da rendere improponibile l'idea di restarci per un solo minuto da sveglio. In compenso però sarebbe stata abbastanza comoda - benché fredda - per il sonno poiché non si sentivano rumori se non quello prodotto dalle onde infrangendosi contro lo scafo della grande nave.

Tornato sul ponte, Viserys guardò le ultime scialuppe avvicinarsi alla Providence. Dietro la piccola Nuova Ibbish, dietro ancora la foresta degli Ifequevron, la foresta di Marie. A sinistra poteva ancora vedere un lontano punto bianco sulla costa, niente di meno che Vaes Aresak.
Proprio sopra la vecchia Ibbish il sole sembrava essersi messo per illuminare tutta la scogliera, la foresta e il Mare dei Brividi con i sui pallidi ma forti raggi. Mezzogiono: ora di partire per Ib.
Non appena le lance si furono allontanate, un uomo con la folta barba nera più curata rispetto agli altri, presumibilmente il capitano, diede degli ordini all'equipaggio. Dai quattro alberi caddero delle imponenti vele chiare, degli uomini - chiedendo con ovvia diffidenza una mano al giovane - si misero a far girare un argano per sollevare l'ancora, mentre il timoniere si mise nella sua posizione a governare la Previdence.
Questa, in un tempo incredibilmente breve, ruotò quasi su sé stessa puntando la prua verso il mare aperto. Il freddo vento del Mare dei Brividi non tardò a gonfiare la vele e mettere in moto il colosso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 17, 2017 ⏰

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