1 - SARA

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«Accidenti Erika, è inutile che insisti con quello, non va bene per te», dissi con voce stanca al telefono.

Erika sospirò irritata, non amava essere contraddetta, ma essendo la mia migliore amica avevo il dovere di dirle le cose come stavano.

«Non capisco perché dici così, in fondo Riccardo è un gran bel ragazzo!»

«Lo dico semplicemente perché è un cretino. Avanti Ery, per quanto tempo ancora hai intenzione di farti prendere in giro da lui?», chiesi spazientita.

«Lo dici solo perché non lo conosci bene, è il suo modo di comunicare con me», sostenne convinta di ogni parola che stava pronunciando.

«Si va beh, come vuoi», borbottai alzando gli occhi al cielo i quali si fissarono sull'immagine della luna che stavo osservando seduta sul davanzale interno della mia finestra.

«A ogni modo...», continuai, «domani avrò bisogno che tu mi stia vicino. Conosco solo te in questa nuova scuola e mi servirà tutto il sostegno possibile.»

«Certo Sara, non devi nemmeno chiederlo, sarò il tuo angelo custode!», rise, il che fece sorridere anche me.

«Allora ci vediamo domani davanti all'entrata», dissi chiudendo la chiamata.

Il giorno dopo avrei iniziato una nuova vita, in un nuovo paesino, lontana da tutti, dai miei genitori e soprattutto dai miei amici.

I miei genitori non li vedevo da ormai tre mesi. A causa del lavoro di mio padre si erano trasferiti a Roma mentre io e mia sorella Elena avevamo deciso di restare. Dopo la morte della nonna, eravamo andate a vivere nella sua villa che si trovava in un piccolo paesino al nord di Milano. Era stato allora, durante uno dei soggiorni da mia nonna che avevo conosciuto Erika.

Lei era da sempre la mia migliore amica e, nonostante la distanza, la nostra amicizia si era rafforzata sempre di più. Prima di chiudere gli occhi col pensiero tornai a Kevin, un mio ex compagno di liceo e il mio migliore amico, il quale poco prima di partire mi aveva confessato i suoi sentimenti. Per quanto ci tenessi e per quanto amassi il suo carattere non riuscivo a ricambiarlo. Poco prima di partire speravo di aver chiarito le cose, ma nel dubbio presi il cellulare e gli inviai un messaggio.

"Ehi Kev, lo so che le cose

tra noi sono un po' strane

in questo momento ma ho

bisogno di sapere che,

nonostante tutto non sono

cambiate. Lo sai che io

ti voglio un gran bene,

ma come fratello.

Mi mancherai un sacco

domani, ma sappi che

penserò a te lo stesso.

Buonanotte"

Dopo circa dieci secondi ricevetti la sua risposta.

"Mi mancherai anche tu

e sarà una tortura stare

senza di te, ma me ne farò

una ragione. Divertiti domani.

Buonanotte..."

Appoggiai il cellulare sul comodino e, dopo essermi messa sotto le coperte, spensi la luce sprofondando nel sonno.

Quando una melodia orecchiabile iniziò a risuonare nell'aria, feci un balzo sul letto capendo che era la sveglia. Dopo una doccia veloce, una tazza di caffè stracolma di zucchero e un croissant alla marmellata, presi la cartella e corsi verso il pullman che mi passò davanti lasciandomi a piedi. Mi portai una mano alla fronte disperata. Se avessi dovuto aspettare quello dopo sarei sicuramente arrivata in ritardo.

Guardai l'ora dal telefono quando un clacson mi riportò alla realtà. I miei occhi si posarono su una moto nera e sul conducente dal casco scuro e la giacca di pelle. I jeans strappati rivelarono delle gambe muscolose e lo zaino sulle spalle pressappoco la sua età. Lo fissai con aria truce e scossi la testa a causa della sua interruzione. Presi il mio telefono e composi il numero di mia sorella.

«Ele, ho bisogno del tuo aiuto!», gridai in preda al panico.

Cinque minuti dopo ero seduta in macchina con lei. I semafori continuavano a diventare rossi e io dondolavo la gamba per il nervosismo. Quando finalmente arrivammo davanti a quella che sarebbe stata la mia scuola, tirai un sospiro di sollievo.

«Grazie, non so davvero come sdebitarmi», sospirai scendendo dall'auto.

«Puoi sempre cucirmi un abito!», mi rispose strizzandomi l'occhio.

«Affare fatto!», esclamai sorridente.

Non era un problema per me, dal momento che realizzare abiti era ciò che sognavo di fare in futuro. Chiusi la portiera e feci un profondo respiro prima di dirigermi verso l'entrata.

Controllai l'ora. Bene, ero in perfetto orario.

Fissai quelle mura grigie davanti a me domandandomi come sarebbe stato il mio anno lì dentro.

Mi sarei divertita? Avrei fatto amicizia con qualcuno? Mi sarei innamorata?

Per fortuna non sarei stata sola; ci sarebbe stata la mia migliore amica, il mio angelo custode a proteggermi.

Mi guardai intorno per cercare Erika, ma non riuscii a vederla da nessuna parte. Più i minuti passavano, più la mia ansia cresceva. Vidi un ragazzo salutare nella mia direzione e, quando feci per alzare la mano, mi resi conto che si stava rivolgendo a qualcun altro.

Accidenti, sarò sicuramente sembrata una perfetta imbranata!

Aprii la ventiquattrore rosa che usavo come cartella per accertarmi che ci fosse tutto, quando sentendomi osservata, alzai lo sguardo e incrociai quello blu intenso di un ragazzo dall'altra parte del portico.

Mi guardai intorno aggrottando la fronte.

Non poteva avercela con me, eppure... quando tornai a fissarlo vidi che non aveva spostato lo sguardo dal mio.

Sul suo volto comparve un sorriso compiaciuto e fu allora che spostai l'attenzione altrove. Scossi la testa cercando di tornare in me, quando sentii la voce della mia migliore amica portarmi alla realtà. Mi voltai verso di lei, correndole praticamente incontro.

«Finalmente sei arrivata!», esclamai abbracciandola.

«Già, scusami ma oggi è stata un mattinata un po'... strana», brontolò scostandosi i lunghi capelli castani dietro alle orecchie.

«Wow, mi piace molto questo nuovo look», dissi, dandole una gomitata scherzosa sul braccio.

«Si? Pensa che mia madre dice che sembro un manga!»

«Sarà la frangia, comunque resti uno dei manga più belli che ci sono. Anzi, ricordati di prestarmene qualcuno di nuovo», risposi sorridendole.

Quando parlavamo della sua fissa per il disegno manga, Erika si illuminava. Era lo stesso che accadeva a me quando si parlava di moda o stile.

Le nostre passioni erano la nostra droga.

«Allora, adesso che facciamo?», domandai totalmente spaesata ma Erika si limitò a sorridermi.

Poi, dopo avermi presa sottobraccio, mi condusse dentro la scuola.

Fu così che iniziai ufficialmente il mio primo giorno in una scuola superiore di un paesino vicino al mio del quale non ricordavo nemmeno il nome.


AMORE: 5 lettere che ti possono incasinare la vita (1- The Lovers Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora