48-JAKE

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«Adottata? Come sarebbe a dire?», domandai confuso.

Il padre di Jacopo era un ex detective privato che ora lavorava in polizia e dopo che il mio migliore amico aveva visto la sosia di Sara durante il weekend più bello di tutta la mia vita e i recenti avvenimenti gli aveva chiesto di indagare.

«Non ne ho idea. So solo che in base alle ricerche che ho fatto, ho scoperto che Sara e... Linda», mi spiegò Jacopo riferendosi alla sua gemella. «... sono state adottate da due famiglie diverse all'età di due anni. Anche Linda ha scoperto da poco di avere una gemella e si è messa alla sua ricerca. Ora l'ha trovata.»

Sbarrai gli occhi. «Cosa intendi dire con "l'ha trovata"!», gridai in preda al panico.

Capii che Linda sapeva dove abitasse Sara ed era questione di tempo prima che la raggiungesse. Corsi il più velocemente possibile verso casa sua ma arrivai troppo tardi. Bussai come un forsennato alla porta ma lei non c'era. Corsi ancora a casa mia, salii in camera per recuperare le chiavi della moto quando la vidi lì. Era seduta per terra vicino al mio letto con le ginocchia rannicchiate al petto e un borsone al suo fianco.

«Amore, mi dispiace tanto», le dissi abbracciandola.

Alzò gli occhi su di me inchiodandomi con uno sguardo d'odio. Mi spinse per terra facendomi cadere sul sedere. Si avvicinò a me sfogandosi. Mi tirava pugni forti al petto mentre le lacrime le rigavano il volto. Non potevo sopportare tutto quel dolore, non per lei. Non se lo meritava, era la persona migliore che avessi mai conosciuto e non volevo questo.

«Amore mi dispiace», le ripetei quando mi diede un sonoro schiaffo.

Chiusi gli occhi assorbendo il dolore che non era nemmeno paragonabile a quello che stava provando. Quando la guardai di nuovo aveva l'aria sconvolta. Si portò le mani alla bocca, incapace di capire cosa fosse appena successo. «Mi dispiace Jake, mi dispiace tanto!», pianse mentre mi abbracciava.

«Va tutto bene, ci sono io qui con te.»

Eravamo sdraiati sul mio letto, era accoccolata tra le mie braccia, mentre la valigia giaceva ancora infondo ai nostri piedi.

«Cosa vuoi fare ora?», le chiesi dolcemente.

«Posso stare da te per un po', almeno fino a quando non sistemo le cose con Elena?», chiese tra le lacrime.

«Certo, puoi fermarti tutto il tempo che vuoi, anche per sempre», le dissi stringendola a me.

«Non tentarmi...»

Quella notte Sara rimase a casa mia, non voleva affrontare Elena e io fui felice di poter stare assieme a lei. Ero la sua ancora, quella che la teneva aggrappata alla terra. Lei era lo stesso per me.

Il giorno dopo mi chiese di accompagnarla da sua sorella e io fui felice di farlo. Quando entrammo in casa Elena si precipitò su di lei.

«Si può sapere dove diavolo sei stata tutta la notte? Non hai neppure risposto al telefono! Ero spaventata a morte!», le urlò contro.

«Come se ti importasse...», borbottò Sara.

Elena le diede uno schiaffo e io mi precipitai affianco a lei. Avrei voluto colpirla ma non lo feci. Non ero tipo da picchiare le ragazze.

«Quando avevi intenzione di dirmelo?», urlò Sara.

«A cosa ti riferisci?»

«Quindi nemmeno tu lo sai?»

«Cosa? Cosa non dovrei sapere?»

«Che sono stata adottata!», urlò in preda alla disperazione.

Elena sbarrò gli occhi e la consapevolezza le dipinse il volto. Sara aprì la bocca in una smorfia di dolore.

«Sara, aspetta, non è come credi!», tentò di fermarla.

«Invece credo sia proprio così! Sono stata cresciuta da una famiglia di codardi che non hanno avuto le palle di dirmi che non ero sangue del loro sangue! Finalmente capisco perché i miei genitori non mi considerano nemmeno. Ah giusto vediamo un po', non sono la loro figlia! Ma non ti preoccupare, tolgo il disturbo», disse e poi mi prese per mano portandomi con sé.

Elena corse fuori raggiungendoci. «Non è come pensi, non stava a me dirtelo!», urlava battendo sul finestrino. Sara non la guardava nemmeno.

«Parti, ti prego Jake portami via!», mi supplicò con le lacrime agli occhi.


«Era ancora lei?», chiesi vedendo Sara spegnere il cellulare.

Annuì. Eravamo in cucina seduti sugli sgabelli di alluminio.

«Forse dovresti chiamarla e parlarle con più calma», suggerii porgendole una tazza di the caldo.

«Non voglio parlarle adesso Jake, sono troppo ferita, lo capisci? Certo, come potresti. Tu hai la tua bella casa, con la tua bella famiglia e la tua stupida ragazza che non ha più nessuna certezza nella sua vita.»

«Basta così, non starò qui ad ascoltarti mentre fai a pezzi la tua autostima. E non è vero che non hai nulla, tu hai me», le presi una mano e gliela posai sul cuore. «Mi hai e mi avrai sempre, Sara. Io ti amo, così come Elena, e tutti i tuoi amici. Tu hai noi.»

Sara si alzò precipitandosi su di me. «Facciamo l'amore!»

La sollevai a mo' principessa. «Si, ma non qui», dissi e raggiungemmo la mia stanza.

Sara mi spogliò, sfilandomi la maglia dalla testa. La sua bocca si avventò sul mio petto e io la strinsi forte a me. Adoravo vedere la massa di capelli ricci attaccata al mio addome, soprattutto quando, lentamente, scendeva verso il basso, proprio come stava facendo in questo momento. Gettai la testa all'indietro, incapace di assorbire tutte quelle emozioni. Sara mi torturava con la bocca mentre io tentavo di reggermi in piedi, per quanto difficile fosse. Mi adagiai sul letto e lei mi salì sopra, inchiodandomi ad esso. La feci rotolare sotto di me e la baciai prima di restituirle il favore. Per la prima volta feci l'amore nel mio letto con la sola ragazza che avessi mai amato e fu l'esperienza più bella del mondo.

«Non hai parlato con i tuoi genitori?», le chiesi e lei scosse la testa.

«No, non saprei nemmeno cosa dire. Non mi ha ferita il sapere di non essere loro figlia, ma non essere sorella di Elena», sospirò. «Io non ho mai avuto una bella famiglia Jake, non ho ricordi dolci dei miei genitori. Solo di Elena e della nonna. Loro erano tutto per me e mi hanno tradita, entrambe. Non credo che tu possa capire come mi sento», sussurrò sdraiandosi di spalle.

Osservai i capelli biondi raccolti di lato, il collo esposto e mi avvicinai cingendola da dietro.

«Mi dispiace piccola. So che ti senti tradita e hai tutte le ragione per esserlo, comunque io credo che se scoprissi che Ian o Neal non sono i miei fratelli, non cambierebbe nulla. Loro sono la mia famiglia», dissi intrecciando le dita alle sue. Sara si portò le nostre mani alla bocca e le baciò.

«Sono quelli che mi sono stati accanto, che mi hanno visto crescere. Loro sono tutto per me», ammisi stringendola forte.

Sara mi fissò da sopra la spalla, sdraiandosi a pancia in sù. I suoi occhi non si staccavano da me, mentre la sua mano destra mi accarezzava dolcemente i capelli. Avvicinò il mio volto al suo, baciandomi con amore.

«Lo so, anche Elena è tutto per me, lei è mia sorella, nonostante il sangue differente. Ma non sono ancora pronta Jake. Ho bisogno di spazio», spiegò. «Andiamo da qualche parte», propose toccandomi i capelli.

Ero accoccolato sul suo ventre e mi accarezzava il naso e le ciocche con le sue dita delicate.

«Dove vorresti andare?», le chiesi baciandole l'ombelico.

«Che ne dici di un posto caldo, tipo il mare. Sai ho sempre adorato le onde, la sabbia, i gabbiani...»

Alzai lo sguardo incrociando il suo. Scesi verso il basso baciando la sua pelle perfetta. Il suo sguardo malizioso si trasformò in uno pieno di desiderio mentre raggiungevo il punto dove ero stato solo io.

«E il mare sia», dissi e Sara si inarcò sotto il tocco esperto delle mie labbra.


AMORE: 5 lettere che ti possono incasinare la vita (1- The Lovers Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora