Dagmos non sa dirmi cosa può accadere quando si torna in un tempo in cui si esiste già. Sa per certo che è proibito, molto più degli stessi viaggi per cui è prevista la soppressione.
Non l'ho mai fatto, mamma.Non mi importa, voglio andarmene da qui il prima possibile. Questo mondo finto, monotono, mi toglie il respiro. Mi sento in apnea come dentro una palla di vetro; manca solo che qualcuno ci scuota e scenda la neve. Ho bisogno di ossigeno naturale, un lago con dell'acqua che non sia sintetica. Mi mancano le persone calde, affettuose, con degli istinti umani. Ho bisogno di un abbraccio.
Se la portate qui, non rischierò di incontrare il mio doppione di là; è quello l'unico vero ostacolo. Lo aggireremo, provo a convincerli.
Quello che chiami doppione è una persona come te. Quando ti abbiamo rapita, ti abbiamo sottratto alla tua vita vera. Siamo tornati una seconda volta, ti abbiamo ammazzata. Non voglio rischiare che vi incontriate; fra i tre tentativi, potrebbe risultare il peggiore.
Dagmos non sa più come dissuadermi.
Non potrò essere più sfortunata di così; sono morta e, peggio ancora, sono finita qui.
Li odio tutti. Vorrei non averli mai conosciuti insieme al mondo di cui sono ostaggio.
Potremmo provare a curarla, interviene Israel seduto al pianoforte. Le sue parole rimangono sospese a mezz'aria, come le note del brano che ha appena eseguito. Le osserviamo attoniti. Volevo solo tornare a casa, sottovalutando il fatto che la mia casa è già occupata da qualcuno.
Ricordo quando sei arrivata qui, prosegue, eri stravolta, angosciata, avevi subito l'ingiustizia più grande che possa capitare a un essere umano. Ti hanno sradicata dal tuo tempo. Perché vuoi rendermi complice di un simile abominio? Costringermi a rapire un'innocente, sottrarla ai suoi cari, condurla in un luogo che detesterebbe almeno quanto te.
La fine della mia esistenza assume connotazioni plausibili. Israel, con la sua assennatezza, mi sta uccidendo.
Pensa a Emma. Se curassimo la tua proiezione passata, non rimarrebbe orfana.Nessuno pensa a me, al mio disperato bisogno di tornare.
È esistito un tempo in cui avevo una vita normale; i problemi di allora, a guardarli da qui, fanno solo ridere. Avevo paura di invecchiare; ero infelice, malgrado respirassi amore. I giorni che fluivano lenti, le ore implacabili, erano la risorsa più preziosa di cui disponevo; da stupida, li percepivo come una condanna a morte. Il tempo depredava la mia bellezza; avrei potuto tramutare l'odiosa perdita in saggezza, profondità, ma non riuscivo ad andare oltre la superficie.Avrei voluto arrestare il tempo, se avessi potuto, lo ripetevo spesso; ecco, ci sono riuscita.
Mamma, non fare così.
Piango.
La risata di Emma sarebbe bastata a rendermi felice per l'eternità. Io pensavo alle rughe.Non avrei dovuto entrare in quella dannata banca; se avessi apprezzato ciò che avevo, se solo avessi creduto in me stessa... ricordo la sensazione provata prima di arrendermi all'inevitabile.
Non dovrebbe esserci concesso di ricordare in quello strano modo chiamato deja-vu: l'impressione di aver già vissuto un certo momento, innesca la ripetizione.
Ho vissuto quella scena più volte. La mia vita finisce e ricomincia daccapo, in maniera sempre simile ma mai identica; la banca fa parte degli appuntamenti fissi cui non posso sottrarmi, il resto è libero arbitrio.Il mondo gira come la mia pietra; la osservo e trovo le risposte.
La mia essenza è sparpagliata negli infiniti cerchi in cui il mio essere si dipana. Io sono qui, ma esisto anche mille anni fa; infinite volte qui, altrettante volte là.Il buonsenso di Israel mi illumina: è un errore ostinarmi a tornare. Mi stamperò sempre lì.
Questa volta, non cederò al richiamo del deja-vu.
È straziante, ma sono costretta ad ammetterlo: è giunto il momento di dire basta, anche solo per concedere un giro di pace alla mia piccola Emma e passare, chissà, a uno stadio diverso.
Israel propone l'unica soluzione sensata. La musica deve aver spalancato le porte al suo discernimento.
Per questa mia proiezione sbagliata è finita. Devo interrompere il loop o questo limbo si tramuterà in inferno.
Salvatela, dico perentoria.
Rinuncio a me stessa. Morirò in esilio, non abbraccerò mai più la mia bambina; il mio sacrificio darà il LA a un tempo in cui non la priverò del mio amore. Non verrò rapita, non morirò di cancro a quarantotto anni. Giulio non perderà sua moglie. Emanuele...Rinuncio a me stessa, ma non dimentichiamo Manuel.
Mi accorgo che, da qualche giorno, il bambino non si fa più vedere. Forse il mio crollo l'ha spaventato. Dev'essere andato a giocare con i suoi amici sperduti - è pur sempre un bambino - o a vivere una delle sue proiezioni passate. E future.
Non siamo che pianeti disabitati che orbitano intorno alla propria stella; microscopici sistemi solari, eterni come l'universo. Da qualche parte qualcuno gioca con il mio spirito inquieto, come ho fatto in questi giorni con Manuel; da un'altra giaccio dentro una fossa profonda tre metri. I tunnel si mescolano, eppure, percepisco l'ordine impeccabile che è in tutte le cose.
"L'aurora osa quando sorge" suggerisce Hugo dal milleottocento; questa volta, esco dalla mia rotta.Voglio andare io da Manuel. Hadassa trema. Vi prego, fatemelo rivedere.
Quelle parole stupiscono tutti. Ha detto 'rivedere', come se lo conoscesse già.
Tu... Gloria...
Hadassa ammette di non essere una semplice discendente di quella povera antenata, ma la sua proiezione futura: una delle sue molteplici reincarnazioni.
Come lo sai? le chiedo.
Le nostre pietre galleggianti, scaglie di Universo, possiedono la conoscenza fin dalla notte dei tempi.
E tu, sei... chiedo a Smilliu, nei cui occhi ho sempre incontrato i miei.
No, sorride, sono solo una tua lontana parente.Con lo stesso trasporto di due becchini nell'atto di scavare una fossa, Dagmos e Israel mi chiedono il permesso di congedarsi. I camici azzurri hanno consegnato loro uno strumento, simile a una pistola, che gli consentirà di verificare lo stadio del cancro. A metà maggio, potrebbe essersi appena formato. Potrebbero bastare due pillole.
Se non fossero sufficienti, la condurrete dal Professore; a quell'epoca disponeva già di un prototipo del macchinario riparatore, li informa uno dei due camici azzurri.Hadassa partirà dieci minuti prima di loro; ogni minuto, corrisponde a un anno.
Impostano le coordinate.
Quanto a me, non mi resta che attendere e disperarmi.
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Rapita
Science FictionHR #1 in fantascienza *** Bianca è una donna di quarantotto anni in crisi di mezza età. È una scrittrice frustrata il cui orologio biologico ha iniziato a saltare qualche rintocco. Ha un marito, un amante e una figlia dislessica di sei anni. Durante...