Capitolo 4

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Dopo pranzo saluto Teo e mi metto un po' sui libri, molti esami in vista e tanta roba da studiare. Quando alzo gli occhi verso la finestra è già buio ed è ora di cena, così chiamo Dedo e prenotiamo una pizza. Papà è fuori per lavoro, torna tardi questa sera. Non ho molta voglia di parlare, così finisco di mangiare e mi butto sul letto. Accendo una sigaretta e guardo fuori il mondo che va. Ha iniziato anche a piovere. Il mio pensiero nuovamente si posa su quel ragazzo, sul suo sorriso. Le labbra si schiudono leggermente e abbozzano una risatina isterica. Metto il pigiama e per oggi è tutto.
La nuova giornata comincia al meglio, fuori è spuntato il sole e mi sento invasa dalla felicità. A lezione fatico un po' a seguire perché ho la testa altrove, così decido di uscire a prendere un po' d'aria. Domani è l'anniversario della morte di mamma e non sono triste nel pensarci, dopo anni di solitudine ho imparato ad affrontare tutto a testa alta. Mi torna in mente una scena del mio passato che credevo aver rimosso. Era il mio compleanno e i miei insieme a Teo mi avevano organizzato una festa a sorpresa per i miei 18 anni in casa. Mamma era già malata da tempo, non era nel pieno delle sue forze ma nonostante tutto aveva un sorriso stupendo in volto. Metteva forza in tutto quello che faceva, non mollava la presa mai, anche se dentro di lei si sentiva sfinire dal peso della malattia. Si muoveva da una stanza all'altra affinché tutti avessero qualcosa da mangiare e in silenzio, quando nessuno la notava, si stendeva sul divano stremata dagli sforzi che stava facendo. Nei suoi occhi vedevo la stanchezza di chi combatte ogni giorno contro un mostro interiore che vuole attirarti a sé.
La voce della mia compagna di corso, Camilla, mi riporta alla realtà e mi rendo conto solo ora che una lacrima è scesa sulla mia guancia.
C. Tutto okay Gaiè?
G. Si Cami non preoccuparti, pensavo a una cosa e mi è scappata la lacrimuccia.
C. A cosa pensavi?
G. A mia madre, domani è l'anniversario della sua morte.
Mi guarda imbarazzata e la blocco prima che dica qualcosa.
G. Tranquilla, va tutto bene. Era un bel ricordo quello che avevo in mente. Ora torno dentro.
C. Scusami, io..n-non lo..
G. È tutto okay, andiamo!
Sfoggio il mio sorriso migliore che, come dice Teo, mette fine a ogni sofferenza e torniamo in aula.
Una volta a casa preparo la cena per i miei ragazzi e chiamo Teo per sentirlo un po'.
Gli racconto del ragazzo misterioso e insieme ridiamo dell'accaduto. Mi lascia con una promessa:
T. Poco prima di mezzanotte ti aspetto sotto casa, come ogni anno sai cosa dobbiamo fare.
G. Certo, passo a prenderti. Sarò puntuale questa volta.
Dopo cena torno sui libri un po' ma la testa viaggia da sé e non mi ascolta, mi porta indietro negli anni per farmi rivivere tutti i bei momenti con la mia famiglia, quando avevamo ancora il sorriso di mia madre come faro guida nella nostra vita.
Faccio uno squillo a Teo e intanto sposto una busta per fare in modo che possa sedersi. Metto in moto e mi fermo solo davanti all'entrata del cimitero.
T. Come ti senti?
G. Ce la faccio.
T. Sicura?
G. Si. Che ore sono?
T. Manca poco. Prendi tutto e andiamo.
Scavalchiamo il cancello e arriviamo di fronte la sua tomba. Ormai non guardo più la sua foto, la conosco a memoria, ogni singolo colore, ogni singolo tratto del suo viso.
G. Hai portato il girasole?
T. Si, tieni.
Lo poggio delicatamente sul marmo e lo fisso un po', è bellissimo, il suo fiore preferito.
Teo prende dalla busta la lanterna e comincia a montarla, poi tira fuori dalla tasca la penna e me la porge.
T. Ora tocca a te, io prendo l'accendino.
Mi appoggio al marmo e comincio a scrivere una piccola dedica: "Che tu possa sorridere con il sole lucente e vegliare su di noi. Sei la nostra roccia, sei la nostra forza. Per sempre. Ti amiamo mamma". Teo brucia la base per permettere alla lanterna di volare e dopo pochi minuti la vediamo salire verso il cielo, questa sera pieno di stelle.
G. Ciao mamma, ti amo!
Urlo come non mai e Teo mi stringe in un abbraccio baciandomi sulla guancia.
Una lacrima silenziosa scende, va tutto bene. La lanterna diventa ormai un punto luminoso e la vediamo sparire sempre più in alto. Mi ricompongo e mano nella mano con Teo ci avviciniamo al cancello.
Una volta lasciato il mio amico sotto casa, accendo il motore e questa volta procedo lenta. Voglio godermi il viaggio con una sigaretta.
La mia attenzione viene richiamata dai continui cenni di una figura in lontananza che si agita sempre più. Quando sono vicino la vedo delinearsi e lo riconosco. È lui, di nuovo lui. Mi accosto al marciapiede e abbasso il finestrino destro.
G. Tutto bene?
R. Ciao, scusami se ti ho spaventata.
Ha una voce molto delicata ma profonda.
G. Ma va, tranquillo! Sei rimasto a piedi?
R. Ehm..pare proprio di si.
G. Peccato, dobbiamo rimandare la sfida.
R. A quanto pare questa volta hai vinto tu!
G. Dai sali, ti porto a casa.
R. E con la macchina? Cosa faccio?
G. Chiudila, domani prometto di accompagnarti a riprenderla.
Accenno un sorriso che lui ricambia, chiude la macchina e sale.
R. Hai una sigaretta?
G. Si, prendila. Il pacchetto è lì.
Gli indico la busta sotto i suoi piedi.
G. Credo che tu mi stia chiedendo un po' troppi favori!
Ride imbarazzato e gli do una spinta scherzosa.
G. Allora? Non parli? Che ci fai a quest'ora della notte in giro?
R. E tu?
Mi prende alla sprovvista.
G. Io..beh..io facevo una cosa con un amico.
R. Niente di illegale?
G. Diciamo di si ma per una giusta causa.
R. E posso sapere cos'è?
G. Nulla di importante.
È riuscito a mettermi in difficoltà, presa dal disagio accendo la radio e parte un pezzo degli Smiths.
R. È proprio vero.
G. Cosa?
R. Quello che dice la canzone. "Some girls are bigger than others".
G. Già, era la canzone preferita di mia madre. Lei sì che era speciale.
R. Credo che anche tu lo sia.
Lo guardo sorridendogli e torno a fissare concentrata la strada.
G. Dov'è che abiti?
R. La prossima a sinistra.
G. Ah, allora siamo vicini. Non abito distante da qui.
Una volta sotto casa lo saluto timidamente con la mano e lui non riesce a non chiedermi quaranta volte scusa per averlo accompagnato.
G. È stato un piacere, mi hai fatto compagnia! Vedila così.
R. Allora ti aspetto domani.
G. Pomeriggio?
R. Va bene, il citofono è il secondo a destra.
G. Allora a domani.
R. Sei sicura?
G. I promise!
Scende dalla macchina e si avvicina verso la porta d'ingresso. Io lo fisso un po' e poi realizzo che non conosco il suo nome. Così abbasso il finestrino e lo chiamo:
G. Ehi! Non mi hai detto come ti chiami!
Lui si gira, ride di gusto e di nuovo morde il suo labbro superiore. Chiude la porta dietro di sé senza degnarmi di una risposta.

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Questo capitolo è più lungo rispetto agli altri perché ho deciso di chiarire un po' di dinamiche della storia. Spero possa piacervi..e spero soprattutto di avervi lasciato con la suspence! Buona lettura a voi, dolcezze. 💘

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