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2. False fedi e silenzi che urlano terrore.

Silenzio.

Il silenzio è un po' come l'estate: ha quel non so ché di soffocante, toccante, che a volte desideri così ardentemente, senza rendertene conto. Eppure, quando arriva, non lo sopporti più, desideri che mille voci sovrastino quella quiete che ti mangia le membra e ti attacca ancora di più il derma al tessuto muscolare, quasi pressandolo, bruciandolo, senza pietà.

Esistono silenzi e silenzi. Silenzi che si sopravvivono, silenzi che, semplicemente, sono impossibili da vivere. Silenzi che non si vivono e basta.

Quell'entità accasciata sui ciottoli in quel vialetto, questo silenzio ora lo sta vivendo. Ma allo stesso tempo, quello stesso silenzio la sta uccidendo. E, nonostante l'aria cupa e muta sia interrotta dai suoi lamenti, dai suoi respiri affannati e dal suo pianto, quell'oblio di rumori persiste, e la pelle di essa si attacca ancora di più al suo tessuto muscolare, bruciandolo senza pietà. Non una parola, non un singolo sospiro esterno; nessun terzo ad assistere a quella scena, solo un Dio lontano che è troppo impegnato a guardare altro in quel momento. Troppo impegnato per ascoltare i lamenti flebili di quella persona che combatte contro il suo stesso corpo, mentre la sua mano cerca un palo come un appiglio, mentre vorrebbe urlare con tutto il fiato che ha in gola ma non ce la fa. E non per qualche forza psicologica, qualche trauma che la blocca irreversibilmente – o almeno, non solo – ma perché nella condizione fisica presente è davvero impossibilitata dal farlo. Al suo fianco giace la sua compagna di viaggio, martoriata quasi quanto quell'entità che cerca un appiglio, sofferente, mentre le lacrime annebbiano i suoi occhi, sfocano la visione che ha ora del mondo infido, il sangue cade su quei ciottoli sconnessi, vermiglio, illuminando ancora di più quella notte buia. Le sue mani sono fredde, tremanti, il sudore freddo le imperla la fronte mentre le labbra mormorano flebilmente e con fatica un "aiuto" più volte balbettato, il campanile non suona più. La notte ormai incombe su tutte le anime, senza lasciare spazio a nessuno. I sogni sono ormai spariti, lasciando posto solo a un vuoto sconfinato e privo di salvezza e redenzione. Tutte le finestre sono chiuse, sono apparentemente vuote e prive di vita: ma gli occhi curiosi cambiano sempre religione. E questa volta seguono il corteo doloroso e a tratti funebre di quel soggetto, che prova in tutti i modi a rialzarsi, mentre lividi e graffi pesano sul suo corpo martoriato e ormai privo di vita e speranza. E piange, piange, piange: credo non possa far altro.

Abbandona ogni speranza, voltandosi sulla schiena contro i ciottoli scomodi e ruvidi della strada, mentre le lacrime scorrono verso le orecchie ora, tracciano poi la mascella, accarezzano il collo e cadono, goccia dopo goccia, per terra, assieme al sangue che continua a fluire, mentre accanto all'essere la sua compagna di viaggio non esala più alcun rumore: lei forse non tornerà più.

E mentre le lacrime provano a sostituire l'acqua ossigenata, provano a guarire quelle ferite, e bruciano sulla pelle, mentre il caldo pressa quel cuore maciullato in quel vicolo, mentre gli occhi curiosi non credono a nulla se non a ciò che vogliono vedere, mentre il sangue scorre bollente sulla pelle e i singhiozzi soffocano i polmoni, scorge una lucentezza disarmante nel mezzo del cielo oscuro e per quell'entità ormai priva di senso, prima che gli occhi guardino solo verso il nulla apparentemente eterno.

Una stella è caduta.

E ora, quel cuore, muore lì.

Con dolore. In silenzio.



Angolo Autore:

La seconda parte di Havana inizia così, Agosto inizia così: col silenzio. Non credo ci siano parole giuste per descrivere questo inizio, dato che è il silenzio a descriverlo, il silenzio di una persona che muore. Anche per me Agosto è stato il mese del silenzio, anche se forse è un continuo silenzio che mi oppressa il cuore e il respiro: mi sento un po' come quel soggetto in quel capitolo su quei ciottoli di strada.

Trovo una sorta di dualismo quasi non voluto tra questo capitolo e il primo della prima parte di Havana: la religione e i curiosi. I curiosi che, come descritti nel capitolo, cambiano sempre religione, e forse è così. Non ho molto da dire, solo che c'è un motivo per cui il primo capitolo si chiama "2" e che non vuol dire che ricomincerò ad aggiornare ogni settimana; ci vorrà più tempo, per Agosto ho idee essenziali ma troppi pensieri da elaborare, dato che sarà la parte più difficile da affrontare; spero abbiate pazienza, vedrò di tornare il prima possibile.

Vi lascio così stasera, col silenzio, sperando che esso non vi squarci gli ultimi lembi di pelle rimasti.

Un bacio e buon fine settimana,

Psycho.

P.S. la stella che cade è un segno, uno dei pochi simboli splendenti di questa storia alla fine così cupa e arida: per voi cosa ha significato?

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