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13. Di amicizie che si sentono perse e ciliegi così morenti da toglierti ogni cosa.

Non sempre i ciliegi sono davvero fioriti.

Questa frase continua a martellare imperterrita nel cranio di Astra ormai da due giorni, e romba, rimbomba, tuona senza pietà. Quasi riesce a sentire lei stessa la voce di quel signore che ha portato Daniel verso la strada della sua fine, della distruzione, dell'immancabile annientamento completo e senza ritorno. Quasi sente anche lei il suo accento spagnolo, ché non può molto immaginarlo dato che Daniel le ha detto la frase in italiano e lei non sa tradurla - ma poco importa. Sa solo che se n'è andata con il cuore più vuoto, quel giorno, dall'appartamento, mentre un'altra canzone risuonava piano tra le pareti della stanza e il ventilatore ronzava con più fatica.

Sa solo che se n'è andata con il cuore più vuoto, e che non è riuscita a guardare in viso Daniel. Non ce l'ha fatta e, anche se lui non le ha ancora raccontato nulla di ciò che è davvero successo, lei già sente i conati solo al pensiero, già sente la bile salirle alla gola e non lasciarle scampo. Non l'ha guardato in viso, perché era terrorizzata: perché sapeva, e sa nel profondo del cuore, che quel giorno Daniel sul volto c'aveva impressa l'espressione vomitevole del dolore, quella cruda, senza colore: un viso cinereo, degli occhi vitrei, i battiti deboli e il corpo spossato. Ci mancavano solo le lacrime - ma quelle ormai il chitarrista le ha finite da un pezzo, e non si sarebbe mai sognato di piangere davanti ad Astra, mai. Nessun'altra spiegazione, nessuno sguardo di più: la ragazza ha capito quando lui aveva finito di raccontare, quando ormai era abbastanza per tutti e due; ha preso la borsa, ha aperto la porta e, senza voltarsi, se n'è andata via - ma tanto torna, lei e Daniel lo sanno, forse lo sa pure la chitarra di lui.

E ora, la ragazza, è nella sua stanza ad impazzire.

Il cellulare è in silenzioso e i mille messaggi delle sue amiche non le passano nemmeno per l'anticamera del cervello, mentre il caldo la ammazza e il ventilatore in stanza ventila il nulla. Ma forse non riesce a sentirne nemmeno il ronzio - come potrebbe? Sente solo le parole di Daniel

(Non gli ho mai sentito uscire tante parole dalla bocca)

Sente la sua voce stanca, i mille momenti in cui si è dovuto fermare, ha dovuto trattenere il respiro per poi continuare; sente come abbracciava la chitarra, come la stringeva contro il grembo di lei, a tratti da farle male inconsciamente. Si ricorda dei sussurri, dei sospiri, dei sorrisi amari che sentiva lungo la pelle senza nemmeno doversi voltare. E parole, parole, parole, parole che scorrevano tra le sue labbra, la sua lingua, il suo palato, le sue corde vocali, le sue tonsille, la sua laringe. E si chiede come, come abbia solo fatto a trattenere per tutto quel tempo così tante parole in gola, come abbia fatto a non urlarle a nessuno, nemmeno al vento; come abbia fatto a mangiarsi solo e semplicemente il silenzio, come unica difesa in un mondo che vuole grida senza senso. Astra se lo chiede davvero, mentre si tira i capelli in alto tra le mani, legandoli in una coda scombinata ché quasi la fa arrabbiare - le sue onde castane sono alquanto indomabili e fastidiose - e la canottiera le si appiccica alla pelle nuda. Sospira, alzando il capo al cielo, per poi buttarsi nuovamente sul letto, perdendo lo sguardo nel soffitto, poggiando un braccio sugli occhi.

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