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17. Iniziò con un tramonto; Daniel, saprai mai come è finita?

L'inverno è come l'estate: una stagione. Un tempo. Un periodo. Un intermezzo. E come inizia, così finisce. E la fine è come ogni stagione: c'è sempre.

È questo quello che, adesso, ormai passata la perfetta metà di settembre, Astra pensa. E lo pensa, seduta sulle mattonelle color ocra del suo balcone, mentre guarda il cielo tingersi di mille colori, mentre saluta in un addio colmo di passione, gli ultimi raggi del sole di quel giorno. E questo sole, questa stella così poco potente ma tanto vicina a questa terra così infida, riscalda gli ultimi ettari del vecchio Occidente, quest'ultimo se ne gode gli ultimi bagliori mentre permette al nuovo di potersi riscaldare nell'ultimo calore di quell'estate. E così fa quella stella: illumina gli edifici di fronte la casa di Astra, fa risplendere di un tenue bagliore quella ringhiera che la separava, inevitabile, dal raggiungere con più velocità la processione, e poter così sentire suoni di canti di lode e banda più forti, più forti di come potesse richiamarla quella chitarra.

Eppure si dice che no, che avrebbe comunque ascoltato quella chitarra chiamarla, fosse stato un giorno prima, un giorno dopo. Fosse stato semplicemente un giorno disperso in quella monotona estate. Ha anche capito che no, forse non l'avrebbe ascoltata davvero tutti gli altri giorni, perché nessuno era uguale a quello in cui il chitarrista suonava: facendo i conti infatti, ha ormai compreso che la chitarra veniva suonata solo nei giorni importanti che il giovane misterioso aveva vissuto a Cuba. Cuba rossa – pensa, mentre attira le gambe al petto e le avvolge attorno alle braccia, posandovi la testa sopra. Perde un attimo lo sguardo sulla cicatrice rimasta sul palmo sinistro della mano, un brivido freddo le attraversa la nuca al ricordo di quel vetro contro la sua mano, quel vetro contro la sua guancia. E il cuore accoglie solo un'altra pugnalata, dritta lì nel petto fino a due mesi prima candido e intoccato.

Le onde castane, ora corte e più mosse, si agitano davanti ai suoi occhi spenti, mentre delle lacrime iniziano a graffiarle e a bruciarle il viso, mentre reprime i singhiozzi nei polmoni, per non farli uscire, per non sentirsi ancora più vulnerabile. Astra, che Luglio l'aveva lasciata timorosa, Agosto l'aveva resa coraggiosa, sta vivendo Settembre che le ha portato via l'anima, e tutto quello che aveva da prendersi. Tutta la luce che la illuminava, che la rendeva sole incompleto in quella vita, necessitante della luna che potesse porre fine a quel mondo, è stata perduta. Il suo nome, persa la sua essenza, è ormai solo un identificativo che ora più che mai odia ascoltare. E odia vedere tutto ciò che continua a circondarla, odia vedere il mondo che va avanti, che la lascia indietro e non se ne cura. Odia vedere quelle che erano le sue amiche continuare a ridere, odia vedere la donna a cui voleva bene più di ogni altra cosa continuare a cucinare, a ballare sotto quelle musiche commerciali latino-americane. Odia vedere suo fratello continuare ad amare Giulia, odia sua sorella che continua ad avere un successo dopo l'altro, odia suo padre che continua a rischiare la sua vita. Odia Giuseppe che continua a mantenere il locale, odia non vedere Marco e sapere che se n'è andato per avverare i suoi sogni. Li odia tutti, uno dopo l'altro, perché stanno andando avanti mentre lei sta cercando disperatamente e inutilmente di mantenere il passo, ma è ormai chilometri lontani.

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