Capitolo 1: Sempre

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Non era una buona idea.
Tikki glielo aveva ripetuto chissà quante volte. Tuttavia, lei non l'aveva ascoltata. Avrebbe dovuto prestare attenzione ai saggi consigli della creaturina millenaria, prima di agire d'impulso.
Inizialmente, Marinette si era sentita così determinata all'idea di tirarlo su di morale da non pensare al fatto che quel ragazzo era, in effetti, Adrien Agreste. Era già tanto se la corvina, in sua presenza, riusciva a formulare una sentenza di senso compiuto senza balbettare parole prive di significato, come poteva pensare di potergli parlare tranquillamente?
Quella consapevolezza l'aveva colpita solo quando la giovane era giunta a casa, dopo una lunga giornata scolastica. E fu in quel momento che la folle idea le balzò alla mente. Se fosse stata Ladybug a visitarlo? Era risaputo che la giovane eroina di Parigi aveva un carattere coraggioso e risoluto, che non le avrebbe permesso di balbettare in nessuna situazione. O, perlomeno, era ciò che sperava. La sua prudente kwami le aveva immediatamente mostrato il suo disaccordo, convinta che un contatto così ravvicinato con una persona che interagiva con lei anche nella sua vita civile avrebbe messo in serio pericolo la sua identità segreta, ma l'adolescente non aveva cambiato idea, testarda com'era. La quindicenne era convinta che, con la maschera ed il costume addosso, sarebbe riuscita a parlare al ragazzo di cui era palesemente innamorata senza intoppi o balbettii. Eppure, quando si ritrovò davanti alla parete fatta interamente di vetro che caratterizzava la camera di Adrien, Ladybug sentì quella sicurezza scivolare via dal suo corpo. C'era poi da considerare un particolare non così insignificante: era l'una e dieci di notte. Infatti, la giovane aveva passato quasi mezz'ora ad assicurare a Tikki che non avrebbe permesso a nulla di mettere a repentaglio la sua identità, poco più di due ore per preparare un discorso e trovare il coraggio di andare da lui e dieci minuti scarsi per arrivare a casa sua.
La coccinella prese un profondo respiro. Poteva farcela. Era Ladybug. Salvava Parigi dalle forze del male tutti i giorni. Parlare con un ragazzo non sarebbe stato certo più difficile che combattere contro cittadini furiosi trascinati nell'abisso della malvagità da parte di un potente supercattivo. Non poteva tornare indietro. Attraversò la finestra aperta e balzò nella stanza buia di Adrien, atterrando con grazia sul tappeto posto sul pavimento. Si guardò intorno. Fortunatamente, la camera, nonostante fosse notte fonda, era ben illuminata dalla luce lunare, che filtrava liberamente attraverso le finestre. Ciò le rese più facile il lavoro. Finalmente la giovane scorse il letto e sussultò quando vide il ragazzo sdraiato su di esso, le palpebre serrate ed il respiro irregolare. A giudicare dai suoi movimenti, sembrava che stesse avendo un incubo, ma Ladybug non poteva saperlo con certezza. Gli si avvicinò con passi incerti, lentamente, evitando in tutti i modi di fare mosse brusche. Arrivata ad un lato del letto, poté finalmente avere una visuale più chiara del modello adolescente e si accorse che, effettivamente, sembrava essere nel mezzo di un brutto sogno. Facendo appello a tutto il suo coraggio, si sedette il più silenziosamente possibile accanto a lui. Allungò con lentezza un braccio verso il ragazzo, deglutendo e ripetendosi che non era il momento di comportarsi come la sua imbranata compagna di classe, ma di agire come l'impavida giustiziera mascherata della capitale francese. Gli poggiò una mano sulla guancia e gli carezzò, con un'intelligente e consona delicatezza, il viso madido di sudore, osservandolo rilassarsi quasi immediatamente al suo tocco. Un sorriso premuroso le danzò sulle labbra, adornando con dolcezza il suo viso angelico, illuminato lievemente dal bagliore argenteo della luna piena che troneggiava nel firmamento limpido. «Adrien...» sussurrò, quasi impercettibilmente, abbandonando per qualche attimo l'idea di parlargli al fine di lasciarlo riposare. Questo finché, quasi improvvisamente, il biondo aprì gli occhi. Gli ci volle qualche attimo per realizzare che c'era una persona seduta accanto a lui sul letto. Messo a fuoco quello strano particolare e datogli un nome, Adrien sobbalzò. «Cos— come... uh— L-Ladybug?» farfugliò, in parte per la sorpresa, in parte per l'effettiva presenza seduta accanto a lui.
Anche Ladybug trasalì, quasi spaventata al repentino mutamento della situazione, ed inciampò sulle sue stesse parole, sentendo la lingua ingarbugliata ed incapace di produrre sentenze sensate. Continuò a ripetersi di essere Ladybug e non Marinette, in quel momento, prendendo un altro respiro profondo per calmarsi.
«Ciao, Adrien.» mormorò, schiarendosi la voce. «Ecco... mi dispiace di essere venuta qui senza preavviso e soprattutto a quest'ora, però... vedi, i tuoi amici sono tutti preoccupati per te...» proferì, torturandosi nervosamente le mani.
Il biondo si issò in una posizione seduta, scostandosi leggermente e picchiettando la parte di materasso accanto a sé per permettere alla giovane di avere più spazio. «Perdonami, ma non ti seguo...» sussurrò, abbozzando un piccolo sorriso imbarazzato e massaggiandosi la nuca.
Ladybug si morse il labbro, abbassando lo sguardo. «Oggi pomeriggio, senza volerlo ho ascoltato parte di una conversazione tra Alya ed il suo ragazzo... sai, quello con gli occhiali, credo si chiami Nino. Erano preoccupati per il tuo comportamento, ma avevano deciso di lasciarti tranquillo per paura di disturbarti. Da ciò che dicevano sembrava ti avessero visto piuttosto giù di morale...» mentì, grattandosi, imbarazzata, il collo. «Così... sì, insomma, ho pensato che invece tu avessi bisogno di qualcuno che ti ascoltasse e, beh, eccomi qui.»
Adrien la osservò per qualche secondo, scrutando con chiarezza – grazie alla visione notturna che era sorprendentemente riuscito a conservare anche nella sua vita civile – la figura della supereroina, tirando poi un sospiro sconfitto. «Ti ringrazio, Ladybug, ma non ce n'è bisogno. Dopotutto mi passerà, non è un problema, ma ti sono grato per l'interessamento.» soffiò lui, forzando un piccolo sorriso.
La ragazza-coccinella non gli aveva creduto affatto. Era evidente che il biondo avesse disperatamente bisogno di qualcuno che lo ascoltasse e supportasse e che stesse cercando in tutti i modi di sembrare forte in sua presenza.
«Adrien, non devi fingere con me.» lo informò, offrendogli un caldo sorriso. «Ma se non ne vuoi parlare non ti forzerò a farlo, volevo solo assicurarmi che stessi bene.» lo rassicurò, alzandosi dal suo letto.
Adrien le afferrò quasi immediatamente il polso. «Ladybug, aspetta...» la fermò, invitandola a sedersi di nuovo accanto a lui. «E' che... per me non è facile parlare di questo...» soffiò, abbassando lo sguardo.
Ladybug lo guardò con occhi tristi, sinceramente dispiaciuta per lui. Gli afferrò delicatamente la mano ed intrecciò le dita tra le sue, cercando di ignorare il calore che si stava raggruppando nelle sue guance. «Ehi...» mormorò, carezzandogli delicatamente il dorso della mano con il pollice. «Ascolta, se vuoi possiamo parlare di qualcos'altro. Tutto quello che vuoi, basta che ti faccia sorridere.»
Il biondo sospirò. «Perché una supereroina famosa ed importante come te si fa tanti problemi per aiutare un ragazzo che nemmeno conosce?» scherzò, mantenendo la mano stretta intorno a quella di lei.
La corvina scrollò le spalle. «Un supereroe non lascia mai nessuno in difficoltà, è risaputo.» lo informò, con una lieve risatina. «E poi te l'ho detto, i tuoi amici erano preoccupatissimi per te. Soprattutto... – si morse il labbro – soprattutto Marinette.»
Avrebbe dovuto trattenersi, ma era impossibilmente desiderosa di vedere la reazione del ragazzo alla menzione dell'appellativo della sua forma civile.
Il sedicenne sbatté curiosamente le palpebre. «Marinette?» domandò, inclinando il capo di lato.
Dio, il suo nome suonava talmente bene sulle labbra di lui.
Annuì piano, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.
Quasi si sorprese di notare un lieve sorriso carezzare la bocca di Adrien. «Non pensavo ci tenesse tanto a me.» ammise.
Il cuore della mora saltò un battito. Il pensiero del suo alter ego era stata la ragione del primo sorriso di lui in tutta la giornata. Poteva morire felice.
«Scherzi, vero? Quella ragazza ti...» Ladybug s'interruppe con un fasullo colpo di tosse. «Ehm, v-volevo dire... c-ci tiene davvero tanto a t-te...» farfugliò, troppo emozionata per non incespicare sulle sue parole.
«Ah, sì?» chiese il biondo, incuriosito. «Pensavo di non esserle molto simpatico, in realtà.» rifletté, mostrando un leggero broncio. «La cosa mi dispiaceva un sacco, siccome è una ragazza meravigliosa.»
La supereroina dovette voltare il viso per assicurarsi che lui non notasse quanto fosse arrossita. Si schiarì la voce. «Me-meravigliosa?» domandò, ansiosa di sapere cosa lo schermidore pensasse davvero della sua forma civile.
«E' dolce.» sussurrò il modello, portandola a rivolgergli nuovamente lo sguardo zaffirino. «Simpatica, un po' goffa, ma la rende solo adorabile, divertente... sai, è quel tipo di ragazza che non è appariscente, né ama stare al centro dell'attenzione, ma senza la quale la vita non sarebbe la stessa. E' unica, e senza saperlo trova sempre il modo di farmi sorridere.»
Doveva andarci piano o il cuore di Ladybug non avrebbe retto. Come poteva pensare di non collassare o esplodere dal troppo arrossire se lui la spiazzava con quelle risposte?
«D-dev'essere proprio un'amica speciale.» mormorò la giovane, abbassando gli occhi sulle loro mani intrecciate.
«Lo è.» rispose il ragazzo, uno sguardo affettuoso adornava le sue iridi smeraldine. «E tu? Hai un amico o un'amica che descriveresti come io ho fatto con Marinette?»
La moretta ci pensò profondamente su. Normalmente, avrebbe parlato di Alya – sviando i particolari che avrebbero potuto indebolire la corazza della sua identità segreta, ovviamente – ma non fu quello della blogger il nome che lasciò le sue labbra. «Chat Noir.»
Il biondo alzò le sopracciglia. «Davvero?» domandò, il tono curiosamente sorpreso e... felice...?
Ladybug non sapeva perché il morale di Adrien avesse fatto quell'incredibile balzo, quando lei aveva menzionato il nome del suo partner, ma suppose che, forse, il ragazzo lo ammirava. Dunque, se parlare del suo gattino avrebbe rallegrato il modello, perché non farlo?
«Sì.» sorrise, i suoi pensieri che gravitavano sul compagno di combattimenti. «E' vero che spesso non si comporta in modo serio, ma so che mette tutto il suo impegno per garantire la protezione di ogni singolo parigino. Le sue battute, a volte, sono divertenti, anche se inopportune.» confessò, scrollando le spalle. «So che, anche se si sforza di mostrarsi come un duro, in realtà è molto sensibile, ma è una qualità che vorrei vedergli mostrare più spesso. A volte lo strangolerei, altre lo abbraccerei al punto di non volerlo più lasciar andare.»
«S-Sul serio?»
La corvina gli lanciò un'occhiata perplessa. Non vedeva molto, al buio, ma il tremolio della sua voce stava cominciando ad incuriosirla. «Beh, sì...» mormorò, scrollando le spalle.
«Glielo dimostri?» domandò ancora il biondo, rivolgendole totalmente il suo sguardo smeraldino.
Ladybug non sapeva perché, ma gli occhi di Adrien avevano un che di inquisitorio, che la metteva leggermente a disagio. In effetti, non mostrava quasi mai gesti o parole affettuose al suo partner, siccome si concentrava unicamente sul supercattivo di turno. In più, era sicura che un abbraccio o qualche complimento avrebbero sicuramente contribuito ad accrescere il suo ego già smisurato.
«B-beh... e tu hai mai detto a Marinette quanto tieni a lei?» si mise sulla difensiva, contrattaccando con una domanda di cui, in effetti, desiderava conoscere la risposta.
«Uh... io...» temporeggiò il modello, grattandosi il collo. «Ti ho fatto un'altra domanda.»
La mora si morse il labbro, spostando lo sguardo sulla sveglia digitale del ragazzo. «Oh, guarda! E' davvero tardi, devo andare!» scattò, in piedi, portando le dita allo yo-yo che il suo costume aveva in dotazione.
Si sentì trattenere da una mano intorno al polso, il tocco delicato. «No! Mi spiace, non volevo farti andar via, è solo che... ecco... – la lingua del biondo incespicò tra i suoi denti – n-nel senso, se devi andare non voglio trattenerti, ma...»
Ladybug sorrise, voltandosi nuovamente verso di lui. «Vuoi che resti qui?» lo interpellò, offrendogli un sorriso premuroso.
Adrien arrossì leggermente. «Non voglio disturbarti, hai già fatto tanto per me, non ho intenzione di—»
«Ti ho fatto un'altra domanda.» cantilenò la corvina, con una risatina divertita, il tono canzonatorio.
Il sedicenne sospirò, come se stesse cercando di riordinare i suoi pensieri. «Sì, vorrei che restassi.» ammise, mettendo su un sorriso incerto.
La giovane scrollò le spalle, sedendosi nuovamente sul letto di lui. «Bastava chiedere.» mormorò, ignorando il leggero calore che sentiva sulle guance.
Il suo cuore saltò un battito quando il ragazzo intrecciò nuovamente le dita tra le sue, facendole ritrovare quel bramato calore di cui non sapeva la sua mano avesse tanto bisogno.
«Grazie, Ladybug.» sussurrò lui, sorridendole teneramente.
Ladybug, dopo aver riacquistato la mobilità, gli accarezzò dolcemente il dorso della mano con il pollice, ricambiando timidamente il sorriso. Prese coraggio ed allungò una mano verso il suo viso, spostandogli il ciuffo biondo dagli occhi. Gli si avvicinò lentamente. «Io ci sarò sempre per te, Adrien.» mormorò, poggiando le labbra sulla sua fronte. «Sempre.» ripeté, stringendogli dolcemente la mano.

La Ladrien è adorabile, non mi sfidate😂

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!💓

Alla prossima❤️

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