Maggio era alle porte, e l'umore di Marinette non era mai stato così cupo, specialmente sulla soglia di uno dei mesi che preferiva in assoluto. Come da sua stessa decisione, non aveva più vestito i panni della paladina di Parigi per far visita ad Adrien, e quel divieto autoproclamato non aveva influenzato solo la sua costante allegria. Il comportamento del biondo aveva assunto una nota malinconica, così lieve che probabilmente lei era stata l'unica ad averla notata. Nelle ultime settimane, la corvina aveva scavato una fossa profonda nel campo che vedeva racchiuso in sé il carattere di quel ragazzo, tanto da intuire quasi automaticamente un variare – che fosse in negativo o in positivo – del suo atteggiamento. In più, come se non fosse sufficiente, le brevi interazioni che la Marinette sotto mentite spoglie intraprendeva con il suo partner dalla parlantina allusiva – durante i combattimenti contro i supercattivi reclutati da Papillon e le serate che trascorrevano insieme – le stavano facendo temere di essere sul ciglio del baratro di un sentimento profondo, a cui non aveva ancora il coraggio di associare un nome. Una leggera spinta – che fosse anche solo un alito di vento – l'avrebbe fatta precipitare in quel burrone provo di fondo, mentre lei si teneva saldamente aggrappata a nulla di più che una semplice corda, legata ad un imponente quanto curiosamente fragile edificio già ben innalzato.
Tra i tetti parigini e la brezza primaverile che solleticava le sue ciocche corvine, Marinette – ora sotto la maschera dell'impavida Ladybug – stava correndo a perdifiato per la capitale, in direzione del boato che i suoi organi uditivi avevano da poco captato. Giunta sul posto, la corvina si ritrovò di fronte una scena curiosa: una ragazza che pareva camminare sulla soglia dei vent'anni, in piedi su una costruzione pericolante, che si reggeva ad un paio di forbici dalle dimensioni terrificanti.
«Guarda guarda, Ladybug!» sghignazzò la giovane donna, sistemandosi il lungo ciuffo biondo con le dita. «Ti andrebbe un bel taglio di capelli?» senza nemmeno darle il tempo di elaborare mentalmente quella domanda, le sferrò contro quelle spaventose forbici, guidata da non si seppe mai quale forza.
La corvina le evitò appena in tempo, ringraziando in tutti i modi il suo yo-yo, sempre in grado di offrirle aiuto in situazioni spinose.
«Sembra che la nostra amica abbia proprio un diavolo per capello!»
Ladybug alzò gli occhi al cielo e non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per riconoscere la voce ed il discutibile senso dell'umorismo tipici del suo partner.
«Di solito non offro servizi di toelettatura, ma se ti va posso fare uno strappo, micetto!» ridacchiò istericamente la supercattiva, riacchiappando le forbici con un movimento stizzito.
«Mi dispiace, ma dovrai limitarti a guardare e non toccare, "Lady Forbici".» rise il gatto, colpendo una lama di metallo con il suo bastone. «Non vorrei mai che la mia signora s'ingelosisse.»
Ladybug alzò gli occhi al cielo. «Non è il momento, Chat!» sbraitò, schivando per un soffio un colpo di forbici dell'ultima akumizzata.
«Il mio nome è La Coiffeuse, gattaccio insolente!» intervenne la ragazza, dando vita ad una battaglia corpo a corpo con il supereroe dagli occhi felini.
La supereroina puntinata di nero approfittò di quel momento di distrazione per chiamare il suo Lucky Charm, e ben presto si ritrovò tra le mani una confezione curiosa. «Un profumo?» domandò a nessuno in particolare, osservando la piccola bottiglia di vetro.
Fece svolazzare lo sguardo per i suoi dintorni, e si lasciò andare ad un mormorio vittorioso.
Con una velocità sorprendente, s'interpose tra il suo compagno di battaglie e la supercattiva e, con un movimento fulmineo, spruzzò la fragranza dritta negli occhi della giovane donna, che lanciò un urlo di dolore.
Presa alla sprovvista, spinse le forbici contro il bastone di Chat Noir, allontanandolo con successo da sé e spedendolo ad una decina di metri dal luogo dello scontro, dietro ad un'auto lì parcheggiata.
«Perfetto.» Ladybug pronunciò a se stessa, raggiungendo con rapidità il suo partner, ora sdraiato a terra, mentre si massaggiava il capo dolorante. «Nulla di rotto?» gli domandò distrattamente, sapendo che avrebbe dovuto agire in fretta.
«Credo di no...»
«Speriamo che ci caschi...» esalò la supereroina. «Ho bisogno delle tue doti da attore, micetto.»
Gli portò le labbra all'orecchio e gli rese noto il suo piano, vedendolo annuire sicuro. La corvina si nascose dietro ad un edificio non lontano, attendendo l'inesorabile arrivo della loro attuale nemica.
La Coiffeuse atterrò accanto al corpo immobile di Chat Noir, intontita, mentre si massaggiava un occhio irritato, lo sguardo malfidato. Il supereroe pareva svenuto, disteso a terra, il viso che non lasciava trasparire emozioni.
«La Coiffeuse, portami il suo Miraculous!» la incoraggiò Le Papillon, facendole accantonare quel sospetto. Poggiò le forbici accanto al suo corpo fisso a terra, gravitando su di lui.
Stava per raggiungere il dito a cui era ancorato l'anello, ma fu distratta dal repentino spalancarsi degli occhi color smeraldo del felino, e da un sorrisetto sagace sulle labbra divertite. «Te l'ho già detto prima: guardare, ma non toccare.» sentenziò, strizzando l'occhio. «Cataclisma!» richiamò il suo potere, per poi permettere a quella pericolosa magia di farsi strada tra la composizione molecolare dell'arma che la supercattiva aveva sprovvedutamente abbandonato a terra, disintegrandola completamente.
Ladybug sorrise e lasciò il suo nascondiglio, catturando l'akuma nel suo yo-yo e purificandola. Chiamò a sé il potere del Miraculous Ladybug e, in un fascio di ammalianti coccinelle, tutto tornò alla normalità.
«Bien joué!» a quel decreto seguì il colpire dei pugni dei due supereroi nella solita quanto immancabile celebrazione che seguiva ognuna delle loro vittorie.
«Mi tratterrei più a lungo, my lady, ma la mia scaletta degli impegni è piena.» il felino le offrì il suo tradizionale saluto a due dita, prima di scomparire tra i tetti indorati della città dell'amore, mentre lei seguiva i suoi movimenti con un sorriso sulle labbra.
Scosse la testa, accucciandosi in un vicolo ben nascosto e poco illuminato, in cui annullò la trasformazione. «Recupera le forze, Tikki.» mormorò dolcemente alla sua kwami, porgendole uno dei suoi biscotti preferiti.
La piccola divinità quantistica sgranocchiò allegramente il dolce, biascicando ringraziamenti tra piccoli morsi e facendo ridere la portatrice.
Marinette sapeva di doversi ritenere incredibilmente fortunata – non fate caso alla banalità – ad avere accanto una confidente come Tikki. Contendendosi a spada tratta il ruolo con Alya, la dea dalle dimensioni ridotte era diventata ormai la sua migliore amica e fida consigliera, che portava sulle spalle migliaia e migliaia d'anni di conoscenza in svariati campi, più di quanti la moretta potesse persino immaginare. Era sempre stata presente per proporle la maniera più favorevole con cui affrontare una situazione difficoltosa – nonostante spesso la ragazza seguisse la sua testardaggine, piuttosto che quegli intelligenti ed efficaci suggerimenti. E anche in quelle settimane dominate dallo smarrimento e dai problemi accatastati l'uno sull'altro, cercava di darle conforto e spiegazioni razionali. Dopotutto, Tikki aveva trascorso frammenti della sua vita con un numero esorbitante di ragazze adolescenti e – sebbene le avesse conosciute in epoche diverse – aveva sicuramente appreso i comportamenti simili delle giovani, e aveva ben in mente come comportarsi. Per quel motivo, Marinette le aveva permesso di custodire tutta la sua fiducia in quelle zampette affidabili come null'altro al mondo.
Si chiese se anche il kwami di Chat Noir gli offrisse tutto l'aiuto ed affetto che lei riceveva dalla sua compagna millenaria. Immaginava che ogni divinità quantistica fosse differente dall'altra – dopotutto anche loro erano esseri viventi – e avesse la propria personalità, gusti, interessi e modo di fare. Indirizzò un sorriso verso Tikki e le permise di rifugiarsi nella sua borsetta, mentre lei abbandonava il suo nascondiglio per addentrarsi tra le luci ramate del tramonto. Avrebbe domandato ulteriori dettagli al saggio Maestro Fu, a proposito dei kwami, siccome quell'argomento aveva suscitato suo grande interesse e curiosità. Ridacchiò a se stessa. Il Maestro era una grande fonte d'ispirazione, ma allo stesso tempo un personaggio peculiare e sicuramente interessante nei suoi comportamenti bizzarri. Ancora non riusciva a credere che il numero della sua età contasse ben centottantotto anni. Sicuramente la magia dei Miraculous giocava un ruolo importante in quello strano particolare. Il mistero di quei poteri s'infittiva ogni giorno di più, lasciandole addosso una sensazione di leggera angoscia ed una maggiore di euforia e meraviglia.
«Ehi, Marinette!»
La sua profonda riflessione fu interrotta da un saluto, che le portò ad alzare lo sguardo verso la figura che aveva attirato la sua attenzione.
La ragazza spalancò involontariamente la bocca quando riconobbe la persona a cui apparteneva quella voce familiare.
«Luka?»Oooh... Luka ci voleva o no?🌚
Cosa farà Mari, adesso?
Spero che il capitolo, benché corto, vi sia piaciuto!
Alla prossima❤️
STAI LEGGENDO
Call it what you want ~ Miraculous Ladybug
Fanfic«Secondo te è strano che qualcuno possa innamorarsi due volte della stessa persona?» «Perché questa domanda?» «... perché a me è successo.» E' mai possibile che una semplice frase, qualche parola mugugnata in un'intonazione fievole, possa rivoluzion...