Capitolo 4: Più luminosa

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«Marinette!»
Il cuore della corvina quasi guizzò fuori dal suo petto quando l'esclamazione del suo nome spezzò la calma della notte parigina.
Erano trascorse due settimane dalla prima volta in cui – nelle vesti della valorosa paladina di Parigi – aveva dormito abbracciata ad Adrien, e da quel momento, i due erano diventati molto più intimi, e non passava pomeriggio o notte in cui non si abbracciassero o donassero carezze affettuose. Niente baci, certo, ma la corvina era paziente e, in più, era sicura che un contatto che legava le sue labbra a quelle del ragazzo che aveva monopolizzato il suo cuore, in quel momento, fosse addirittura troppo. Avrebbe rischiato un infarto.
«Chat Noir.» rispose, una volta riacquistata la calma.
Il felino la raggiunse, balzando leggiadro al suo fianco. «Principessa, ti rendi conto che è l'una del mattino? Non è prudente andare in giro così tardi da sola.» quasi l'ammonì il gatto più grande e civettuolo di Parigi.
Oh, certo che se ne rendeva conto. Quella notte, il simpatico Papillon aveva avuto la brillante idea di akumizzare un bambino particolarmente attivo ed intraprendente, per la tenera età di tre anni che portava sulle spalle. Non era stato per nulla come il combattimento contro Gigantitan – che l'alter ego di Ladybug era sicura fosse stato akumizzato per errore – no, quel bambino era arrabbiatissimo, e minacciava di distruggere la città per costruirvi il suo impero dominato da macchinine telecomandate, modellini di camion dei pompieri e quant'altro.
Dunque, la moretta aveva dovuto abbandonare il suo sonno ristoratore – era la prima volta in due settimane che dormiva nel suo letto e non rimaneva sveglia fino alle due o tre del mattino per chiacchierare con la sua cotta – per vestire le spoglie di Ladybug e salvare il deretano ai parigini dormienti e ignari di quella nuova minaccia.
Alla fine, la battaglia – se pur si fosse conclusa con la vittoria degli eroi della capitale francese – aveva portato allo stremo delle forze sia Marinette che Tikki al punto di costringere quest'ultima a sciogliere la trasformazione ancor prima dello scarso tempo rimasto. Per fortuna, l'eroina si era già ritirata – dietro un edificio disabitato – ma tutto ciò le aveva fatto capire di non rischiare mai più di rimanere troppo tempo in mezzo alla gente dopo l'utilizzo del Lucky Charm e di prestare attenzione allo sforzo a cui sottoponeva la sua kwami.
«So badare a me stessa, chaton, ma grazie dell'interessamento.» cantilenò l'aspirante stilista, affiancata dal supereroe.
«Si vede, principessa.» la elogiò lui, afferrandole una mano e portandosela alle labbra. «Sei la cittadina più coraggiosa che conosca.» sussurrò, piantandole un lieve bacio sulle nocche, che lei sorprendentemente permise, prima di ritrarsi. «Posso chiedere che cosa ci fai in giro così tardi, mademoiselle?»
Marinette sorrise smaliziata: un po' di divertimento era d'obbligo – e anche se sapeva che il supereroe non provava nulla che non fosse amicizia, per lei – era sicura di riuscire a fargli rizzare le orecchie, a causa del senso di protezione che lui percepiva nei suoi confronti. «Mi sono appena divertita con il mio ragazzo, ed ora sto tornando a casa.» miagolò, premendo le labbra tra di loro per non scoppiare a ridere.
Il gatto non mostrò subito di aver afferrato la maliziosa allusione dell'apparentemente innocente cittadina. «Ah, beh, se le cose stanno così, allora...» venne tutto da sé.
Gli occhi del biondo si spalancarono al punto da far sembrare che le pupille feline stessero per saltare fuori, mentre il fiato gli si bloccò in gola in un versetto strozzato. Come previsto dalla moretta, non solo le orecchie, ma anche la coda s'irrigidì, entrambe pronte a scattare da un momento all'altro. «Che... che cosa?» domandò debolmente, spostando lo sguardo impietrito sulla divertita artefice di quell'esilarante reazione.
Poteva anche darsi che avesse capito male, inteso le sue parole nel modo errato. Marinette era la ragazza più dolce, casta ed innocente dell'intera capitale francese, era impossibile che intendesse quel "divertirsi" nel modo in cui l'aveva immaginato lui. E poi chi era il "suo ragazzo"? Per quanto ne sapeva lui, la corvina era single. Che cosa diamine si era perso in quegli ultimi giorni? Si era davvero immerso talmente tanto nei sogni ad occhi aperti che vedevano protagonista Ladybug da non accorgersi di una cosa tanto grande? A parte il fatto che quella ragazza fosse Marinette e perciò andasse protetta a prescindere, era una quindicenne, per l'amor del cielo! Quale maniaco vittima di ormoni in subbuglio avrebbe estirpato la purezza ad una ragazza così giovane, dolce e preziosa? L'avrebbe ucciso. Marinette era un bene indispensabile, un fiore appena sbocciato, una ragazza che andava protetta ad ogni costo, e lui si era implicitamente caricato quel compito in spalla. Meglio che quel ragazzo si tenesse stretto quel "divertimento", perché sarebbe stato l'ultimo.
«Chat Noir!» i suoi pensieri furono interrotti da una risata musicale, che gli riportò alla mente la sua lady.
Spostò lo sguardo sulla fonte del suono e, in un certo senso, si sorprese di notare di fronte a sé la giovane aspirante fashion designer, nonostante stesse parlando con lei in primo luogo. Quasi aveva pensato che anche Ladybug avesse fatto la sua apparizione. Scosse la testa ed osservò la corvina contorcersi dalle risate.
«Stavo... stavo scherzando!» la sentì biascicare tra spasmi e risa, e la vide reggersi alla parete esterna di un edificio per non cadere rovinosamente a terra. «Nemmeno ce l'ho, il ragazzo!» continuò, cominciando a calmare il suo corpo scosso dai fremiti.
Oh.
Un'ondata di sollievo spazzò via le preoccupazioni e l'agitazione di Chat Noir, che per poco non esalò un sospiro.
Qualcosa, tuttavia, ancora non quadrava. Perché lo preoccupava tanto la possibilità che un ragazzo potesse stare accanto a Marinette? Erano amici, e gli amici vogliono di conseguenza la felicità l'uno dell'altro.
Ma... era sicuro di desiderare che l'allietarsi di quella ragazza dipendesse da qualcun altro?
Qualcosa gli diceva che quella domanda sarebbe stata – sorvoliamo sul gioco di parole – una bella gatta da pelare.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò, unendosi alla sua risata e prendendola per la vita, cominciando a farle il solletico.
«No, Chat!» sbottò la corvina, ricominciando a ridere. «T-ti prego, basta...!» aveva sempre sofferto da matti il solletico, tanto da non riuscire a smettere di ridere nemmeno quando la tortura terminava. In più, vuoi che fosse per le unghie in dotazione nel costume da felino di Chat Noir, vuoi perché lui era riuscito ad intuire i punti più sensibili della sua vita, la ragazza non riusciva nemmeno a trovare la forza di dimenarsi.
«Sei proprio una principessa cattiva!» scherzò lui, non dando segni di voler cessare i movimenti delle sue mani.
In realtà, il motivo per cui non aveva intenzione di fermarsi, era perché quella risata era meravigliosa, alle sue orecchie, e lui le avrebbe lasciato svegliare tutta Parigi purché non smettesse di ridere.
«C-così mi uccidi... b-basta, Chat!» lo supplicò la moretta, che aveva paura di non riuscire più a respirare.
Il felino, finalmente, cessò di torturarla, permettendole di introdurre aria fresca nei suoi polmoni.
«Sei proprio permaloso, minou.» sbuffò lei, sorridendo stancamente.
«Purr-maloso... io?» il biondo si finse offeso, portandosi una mano al petto con fare teatrale. «Un cavaliere deve proteggere la sua principessa ad ogni costo, non permetterle di divertirsi con chissà chi!» forse aveva messo troppo in evidenza quel "divertirsi", ma il danno era ormai fatto.
Marinette sbatté le palpebre, con aria perplessa. Era per caso... geloso? Chat Noir geloso di lei? Perché quel pensiero era segretamente piacevole?
Lo era in modo strano, tuttavia.
Percepiva quel "piacevole" come un flebile mormorio d'aiuto, sotto le fondamenta di un sentimento ben costruito e fermo nel suo cuore. Era qualcosa di piccolo, fievole, sussurrato soltanto per chi vi si metteva d'impegno per ascoltarlo, non percepito da chi si distraeva ad ammirare quell'edificio così apparentemente indistruttibile ed imponente.
La corvina scosse la testa, ritornando alla realtà. Erano quasi giunti a casa sua, e dovevano far attenzione a non svegliare i suoi genitori, perché poi lei avrebbe dovuto spiegar loro cosa stesse facendo in giro per Parigi all'una e mezza di notte, in compagnia di un supereroe che si divertiva a farle il solletico e ad atteggiarsi a suo cavaliere personale.
«Che c'è, gattino...» cominciò, bloccandolo sui suoi passi ed osservandolo con occhi divertiti e birichini, di chi sta per scoppiare a ridere, fare una battuta o entrambi in contemporanea. «Sei geloso?» mormorò, picchiettandogli il naso con il dito indice, come sapeva fare solo Ladybug in persona, e rivolgendogli una strizzatina d'occhi. «Mi vuoi tutta per te?» lo punzecchiò ancora, aggiungendo al suo tono persino una nota seducente che nemmeno sapeva di possedere.
Il cervello del gatto andò nuovamente in tilt. Si soffermò sulla luce divertita che danzava nel mare degli occhioni grandi e svegli dell'amica; senza saperlo ammirò ogni particolare del suo volto, che i suoi organi visivi immortalarono come fotografie destinate ad essere custodite per anni e anni in quella scatola dei ricordi tutta impolverata che non si ha il coraggio di buttare, né la voglia di aprire; quella che si tiene nel mobile in mogano più costoso della casa e si ritrova solo con le pulizie di primavera di qualche decina di anni dopo, e che si riapre inconsapevoli di imbattersi nei ricordi più preziosi e gelosamente conservati in un angolo per essere osservati solo da chi ne ha pieno diritto.
Le iridi zaffirine così luminose da poter donar luce anche alla notte più nera, che danzava tra le sue ciocche color ebano, quel nasino che curvava in modo adorabile all'insù, ricoperto da una spruzzata di simpatiche lentiggini, che contagiavano anche parte delle sue guance rosate, il cui colore a volte faceva concorrenza al rosso carminio di quelle labbra così carnose, dischiuse in aspettativa, umide di leggera confusione.
Il felino riacquistò la mobilità, ma si costrinse a non guardare mai più, per nessun motivo, quella bocca così stranamente invitante. «Dipende da te, ma petite princesse.» rimbeccò, esibendo un breve inchino. «Se tu vuoi che io ti tenga tutta per me, non vedo il motivo per cui dovrei spezzare il desiderio e le aspettative di una sognatrice tanto dolce e carina.» ironizzò, cercando di ignorare il fatto che forse – ma era solo una piccola, minuscola, microscopica possibilità – ci fosse del vero nella sua allusione scherzosa.
Quella volta, la risposta non tardò ad arrivare. «Oh, ma la tua lady non si arrabbierà a vedere il suo gattino venirle strappato via dalle mani da una comune cittadina?»
«La mia signora avrà sempre un posto d'onore, qui dentro.» il supereroe si batté una mano sul cuore, solenne. «Ma io come posso negare le mie attenzioni ad una mademoiselle talmente subdola e accattivante?»
Nessuno dei due sapeva se la conversazione fosse fuori luogo, sensata o stesse sfuggendo loro di mano. Ormai la vedevano entrambi come uno scambio affettuoso di battutine dilettate, in cui nulla andava preso troppo sul personale, in quanto non era mai stato il loro forte intraprendere una conversazione totalmente seria.
«Oh, quindi...» sussurrò Marinette, soave, tenendosi una mano sul petto. «Saresti disposto a mettere i tuoi sentimenti per lei in secondo piano, se io te lo chiedessi?» era quasi importante per lei sapere la sua risposta a quella specifica domanda.
Voleva vedere se Marinette, comparata a Ladybug, avesse anche solo una possibilità di vincere. Pensiero insensato, ad occhio esterno, ma era come una sfida contro se stessa, per assicurarsi che nessuna delle due parti fosse inferiore all'altra, ma che quella che avrebbe conservato quando sarebbe inevitabilmente finito tutto, avesse una chance di andare avanti senza maschera e costume.
«So che non me lo chiederesti mai.» introdusse il gattone, rimuginando profondamente sulle parole della corvina di fronte a lui. «Ma credo che saresti l'unica, fosse anche solo per un attimo, che potrebbe oscurare la luce di Ladybug, ai miei occhi.»

Gigantitan: Gigante👶🏾

Lo so che aspettavate un po' di Marichat ed eccovi accontentati😏
Da qui le cose cominciano a farsi interessanti, credetemi🌚

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se era pienissimo di metafore anche difficili da capire perché mi piace complicarmi la vita🤯

Alla prossima❤️

Call it what you want ~ Miraculous LadybugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora