Capitolo 6: Effetti collaterali?

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Aprile, gli alberi in fiore, il sole alto nel cielo e l'allegria nei volti dei bambini che giocano e schiamazzano nei parchi.
Ladybug non si era mai sentita meglio. Vuoi che fosse per la sua tendenza a conservare gli effetti collaterali del suo Miraculous anche nella vita civile – e perciò il suo animo da coccinella aveva risvegliato il lato allegro del suo essere – vuoi che fosse perché la primavera porta felicità, punto e basta, la ragazza era al settimo cielo.
La finestra della stanza di Adrien era già aperta, e lui la osservava tutto sorridente dal suo posto ormai abituale sul divanetto bianco. La giovane non si fece problemi ad atterrare nella camera della sua cotta, che sventolò una mano nella sua direzione in segno di saluto.
Gli si sedette accanto e, con un ansimato ed euforico "Ciao", gli offrì un sorriso smagliante.
Lui la sorprese con un abbraccio inaspettato, bisognoso, caldo. Lo sentì poggiare il viso nell'incavo del suo collo e sospirare tranquillamente, come se non si fosse mai sentito meglio prima di allora.
«Tutto bene, Adrien?» mormorò, percependo quel gesto come una ricerca di consolazione o protezione. Le sue braccia si fecero strada intorno al suo collo, accogliendolo tra di loro in un calore familiare, sebbene più intimo delle altre occasioni in cui avevano permesso ad un gesto del genere di accadere.
«Sì.» fu il soffio di una sola risposta, sicura e ferma, contro il suo collo, sfuggita a delle labbra che mantenevano il contatto involontario con il materiale scivoloso ma resistente del suo costume.
Ladybug sorrise, premurosa, e pensò che non si sarebbe affatto lamentata se i loro incontri avessero cominciato ad vedere il loro inizio con un abbraccio. Il bisogno ardente che quel ragazzo percepiva nei confronti dell'affetto risvegliava un senso di tenerezza nel cuore della giovane eroina, la faceva sorridere ed accogliere a braccia aperte – letteralmente – quelle dolci dimostrazioni. Sarebbe stata felice di rimanere tutto il giorno accoccolata a quel ragazzo, nel silenzio confortevole di quella stanza familiare, tra il profumo inebriante degli alberi in fiore e i cinguettii dei piccoli volatili che insegnavano ai pulcini inesperti a librarsi nel cielo con le loro alette intorpidite.

Quando Plagg aveva spiegato ad Adrien che il suo comportamento avrebbe assunto abitudini tipiche dei gatti, a lungo andare, lui gli aveva quasi riso in faccia. Immaginare situazioni in cui lui si atteggiava come un felino era da considerarsi assolutamente ridicolo, e quando aveva tentato a spiegarlo al suo piccolo compagno millenario, questi gli aveva risposto con uno sbuffo ed un'alzata d'occhi. L'esserino aveva borbottato – con una dose non indifferente di sarcasmo – che il ragazzo non avrebbe improvvisamente avvertito il bisogno di utilizzare una lettiera o di pregare i suoi nutrizionisti perché aggiungessero alla sua dieta crocchette o scatolette per gatti, ma aveva dichiarato che ci sarebbero stati cambiamenti relativamente notevoli. Lo aveva informato che, nel migliore dei casi, il giovane avrebbe semplicemente dovuto stare attento a controllare il bisogno di fare le fusa in situazioni particolarmente piacevoli, null'altro.
L'adolescente aveva sbeffeggiato il saggio dio dotato di migliaia di anni d'esperienza sulle spalle, affermando che quello scherzo non era poi così divertente. Aveva, poi, cominciato a credergli quando – in una battaglia piuttosto sudata contro una conduttrice televisiva caduta tra le grinfie di Le Papillon perché privata della possibilità di vedere il suo programma trasmesso in televisione – la sua partner gli era caduta addosso, bloccandolo contro il muro e premendo involontariamente il viso sul suo petto. Repentinamente, aveva percepito una sorta di vibrazione, un ronzio proveniente dal profondo della sua stessa gola, e prima ancora di rendersi conto di cosa stesse effettivamente succedendo, Ladybug gli aveva domandato – con una punta d'imbarazzo e sorpresa – se stesse per caso facendo le fusa. Lui, ovviamente, aveva negato, ma si era ripromesso di prestare maggiore attenzione alle azioni involontarie. Era erroneamente giunto a credere che quel bizzarro comportamento si limitasse ai momenti in cui la tuta da gatto sostituiva i suoi abituali vestiti, associandolo ad un effetto prodotto da Plagg, che condizionava anche il suo stesso modo di fare.
Naturalmente, la fortuna non era mai stata dalla sua parte – quasi lo detestasse per chissà quale nefasta azione compiuta nei teneri anni della sua turbolenta infanzia – perciò gli effetti collaterali, come glieli aveva esposti il kwami della Distruzione, non si erano limitati ad un lieve mormorio quasi controllabile tipico dei gatti.
Quindi, quando poi una mattina si era ritrovato acciambellato sul letto, mentre si dava involontariamente battaglia con la divinità quantistica a chi faceva le fusa più forte, aveva cominciato a pensare che forse questa avesse ragione.
I giorni erano passati – fortunatamente – senza ulteriori intoppi, finché Ladybug non era passata a salutarlo, e lui l'aveva tratta a sé come un gatto voglioso di coccole. Grazie a non si sa quale aiuto divino, il ragazzo stava riuscendo egregiamente nell'arduo compito di bloccare sul nascere le fusa che premevano al fondo della sua gola, ma non aveva la minima intenzione di lasciarla andare. Grazie a Dio, lei – benedetta sia quella ragazza – non aveva rifiutato quell'abbraccio, ma anzi, lo aveva permesso e ricambiato, e lui non poté che esserne felice. Sospirando tranquillamente – e prestando attenzione a non emettere ronzii sospettosi – il modello non fece che premersi contro la supereroina, lasciando che la sua testa carezzasse spasmodicamente il collo di lei in un gesto istintivo, quasi involontario. Il biondo bloccò sul nascere quel movimento. Eccolo, un altro effetto collaterale. Quello, tuttavia, lo conosceva bene. Aveva sentito dire, una volta, sebbene non ricordasse quando, che i gatti sfregavano il corpo – specialmente il muso – contro qualcosa o qualcuno, al fine di imprimere il proprio odore su di esso, in un chiaro segno di marcare il territorio come loro.
Il ragazzo sentì le guance cominciare a prendere calore e si ritenne, per una volta, baciato dalla fortuna, siccome il suo viso era ben lontano dal campo visivo dell'eroina in rosso, in modo che lei non fosse in grado di notare il colorito acceso sulle sue guance. Era perfettamente al corrente di desiderare di poter chiamare Ladybug, un giorno, sua, ma il fatto che il suo corpo – e il nuovo istinto felino, forse? – gli avesse fatto intendere quanto, in realtà, quella brama fosse intensa, lo aveva messo in imbarazzo con pieno successo.
«Non sei molto loquace, oggi.» la voce dilettata della ragazza dei suoi sogni lo risvegliò dalla sua trance, come chiaro tentativo di cominciare una conversazione.
Le rispose con una breve risata. «Hai ragione, scusa.» mormorò, ancora non intenzionato a rompere la calma di quell'intimo contatto. «Sono solo un po' stanco.» mormorò, sapendo che era una mezza verità.
Era leggermente assonnato, in effetti, ma per rimanere a chiacchierare e godere della presenza della sua lady, poteva sconfiggere tranquillamente quel lieve accenno di stanchezza.
«Lo vedo, dato che sono diventata il tuo cuscino personale.» la giovane esalò una risata, avvicinandolo leggermente a sé e facendogli comprendere che, nonostante la piccola battuta, nemmeno lei aveva intenzione di sciogliere quel bramato abbraccio.
«Mi dispiace...» sogghignò lui, sorridendo sul collo della moretta. «Prometto che d'ora in poi potrai utilizzarmi come cuscino, materasso o coperta, sono un pacchetto assortito.» ironizzò, facendo scorrere le dita sulla suit di Ladybug, inquadrandone il materiale e sperando che un giorno sarebbe riuscito a carezzare direttamente la sua pelle perlacea.
«Come rifiutare un'offerta così allettante?» la sentì sorridere nel tono di voce, mentre infiltrava le falangi nella sua chioma dorata, morbida ma dall'aria selvaggia e scompigliata.
«Non puoi, infatti.» replicò scherzosamente Adrien, nascondendo le iridi smeraldine sotto le palpebre rilassate. «Se mi dai il tuo indirizzo posso addirittura venire senza impegno ed offrirti trenta giorni di prova gratuita.»
«Ci hai provato, biondino.» lo rimbeccò la supereroina, picchiettandogli dispettosamente la testa con un dito. «Il mio indirizzo è top secret.» lo informò, il tono gongolante.
Il modello si lasciò andare ad una lieve risata. «Ho giocato bene le mie carte, ma non mi sono reso conto che eravamo impegnati negli scacchi.» butto lì una metaforica allusione al fatto che la corvina avesse disposto le sue parole e sfruttato l'atteggiamento in modo maestrale, battendolo sotto ogni punto di vista. «Qual è la mia penitenza?» ironizzò, in un rincorrersi di battute prive di criterio.
«Per tua fortuna sono buona e non punisco chi perde contro di me.» annunciò, fiera, la paladina della capitale francese, poggiando la guancia sul capo dell'eroe in incognito.
«Questo ti fa onore.» la elogiò il biondo, perdendosi nel calore delle braccia di quella meravigliosa ragazza.
Il suono di un battito di nocche sulla porta in legno ruppe quell'atmosfera spensierata. «Bro', posso entrare?»
Il biondo sentì la risatina della ragazza che, a malincuore, lo lasciò andare. «Hai visite.» mormorò, scrutando il suo sguardo smeraldino.
Adrien sorrise di rimando, con una punta di dispiacere e scuse sul suo viso. «Un attimo, Nino!» rispose all'amico, che ancora aspettava pazientemente dietro l'uscio serrato.
Seguendo le azioni di Ladybug, il modello si alzò in piedi, accompagnandola alla finestra. «Mi dispiace.» ridacchiò imbarazzato, grattandosi lievemente la nuca.
La giovane gli poggiò delicatamente una mano sulla spalla, un angolo delle labbra incurvato a mostrargli un sorrisetto divertito. «Non far aspettare il tuo ospite.»
Il modello afferrò delicatamente la mano che lei teneva sul suo omero, attirando la ragazza a sé e vedendola spalancare gradualmente gli occhi dalla sorpresa. «Sono sicuro che capirà.» soffiò appena, diminuendo lentamente, ma con una certa urgenza, i già pochi centimetri che lo separavano dalla giovane, le cui guance – sebbene in parte coperte dalla maschera carminia – avevano assunto un'adorabile quanto abbondante tonalità scarlatta.
Le labbra del ragazzo vennero a contatto con la pelle calda e morbida della ragazza-coccinella, all'angolo della sua bocca, troppo timorose di toccarla completamente, ma allo stesso tempo troppo deboli per non sfiorarla leggermente. Blandì appena quella zona così critica – così vicina al raggiungimento del luogo che le sue labbra avrebbero voluto carezzare – in un ringraziamento implicito e nel tentativo di farle intendere quel desiderio così ardente, così acceso nel suo cuore dal battito accelerato e ormai incontrollabile.
Si allontanò dopo meno di cinque secondi, abbozzando un sorriso imbarazzato di fronte allo sguardo sorpreso che danzava negli occhi cerulei della ragazza che lo osservava in silenzio.
La vide trovare il coraggio di ricambiare il sorriso e, con un gesto della mano, lo salutò, prima di agganciare il suo yo-yo ad un edificio non distante. Con un mormorio che lui non comprese, si gettò nel vuoto, lasciandolo solo.
Adrien si perse in quel momento che aveva generato con le sue stesse mani – e labbra, senz'altro – e gli pareva che, da un momento all'altro, avrebbe perso totalmente la percezione della realtà.
«Bro'! Sei vivo?»


E si torna con la Ladrien perché sì😂

Ho un po' di spiegazioni da darvi e ne sono consapevole... anzitutto, il fatto che i portatori dei Miraculous presentino effetti collaterali anche nelle loro vite civili non è confermato, ma è un headcanon molto popolare e che io adoro, nel fandom, e ho deciso di aggiungerlo.👽

In secondo luogo, LO SO, dovevo pubblicare l'altro ieri, ma ho problemi con Internet e... beh, faccio come posso!!😅

In ogni modo, spero di cuore che vi sia piaciuto💚

Alla prossima❤️

Call it what you want ~ Miraculous LadybugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora