Capitolo 19: Di ferite e bagliori

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«Adrien...»
Il biondo sentì la voce ovattata di Plagg che cercava di mormorare qualcosa, ma non riusciva a muoversi, tantomeno a replicare. Era rimasto inchiodato sul posto, le braccia rigide lungo i fianchi, i denti serrati e gli occhi increduli.
Scosse con veemenza la testa, ignorando il capogiro, e fece per ritornare sui suoi passi e pensare ad un modo – un qualsiasi modo – per allontanare quelle immagini vivide e pulsanti nel suo cervello, ma una voce lo interruppe.
«Ehi, Adrien!»
Luka, un sorriso sulle labbra, stava sventolando la mano in segno di saluto, come se un secondo prima non fosse accaduto proprio nulla.
Adrien non se la sentì di ricambiare, sapeva solo di volersi rifugiare in un luogo in cui non l'avrebbe scorto nessuno. Ciò che aveva visto aveva trafitto il suo torace con una precisione millimetrica; un pugnale avvelenato, ben fermo proprio al centro del suo petto, abbandonandolo ad un turbine di sensazioni talmente incisivo, doloroso e confuso, da lasciarlo intorpidito, strappando la sensibilità alle sue cellule.
Lo ignorò e si voltò, ma la dolce voce di quella ragazza che gli infondeva benessere quanto lo straziava s'intromise con l'esclamazione del suo nome.
Rabbia.
Ora si sentiva pervadere dalla collera.
Non era giusto che la sua amica, appena qualche giorno prima, fosse arrivata a meno di due centimetri dalle sue labbra, mentre poco prima stava baciando un altro ragazzo.
Che cosa immaginava, che cadessero tutti ai suoi piedi?
Bene, lui l'aveva fatto – aveva anche sbattuto prepotentemente la testa, in effetti – ma non gli pareva corretto che lei si comportasse in quel modo.
Si avvicinò ai due, fermandosi solo quando fu loro abbastanza vicino da scorgere entrambe quelle espressioni perplesse con chiarezza.
Le conseguenze non contavano, al momento. L'avrebbe affrontata.
Le avrebbe anche urlato di amarla, proprio lì e subito, pur di lasciare andare quelle pesanti catene dal suo corpo.
«Sono molto felice per voi.» pronunciò, a denti stretti, forzando un sorriso. «Ma, Luka, non voglio che Marinette giochi con i tuoi sentimenti.»
La replica della corvina non tardò ad arrivare. «Come?» il tono era scricchiolante di confusione, ma nascondeva una leggera alterazione.
«Non pensavo fossi così, Marinette.» sussurrò il biondo, lugubre.
Non gli sfuggì il cipiglio innervosito e sempre più smarrito della giovane mora. «Che vuoi dire?»
«Hai baciato Luka, ma tre giorni fa non ti saresti fatta problemi a baciare me.» sibilò, tagliente, il modello, incrociando le braccia al petto.
Luka cercò di intervenire con una spiegazione: «Hai inteso male—»
«Aspetta, cosa?» lo interruppe Marinette, assottigliando gli occhi in due fessure. «Vuoi insinuare che io sia una ragazza "facile"?» si rivolse totalmente ad Adrien, virgolettando la sua ultima parola.
«Non sto insinuando proprio nulla.» fece il sedicenne, muovendo un passo verso la corvina. «Mi attengo a quello che ho visto.»
La ragazza finse una breve risata, che di divertito non aveva nulla. «Non ci posso credere...» mormorò, alzando le braccia al cielo, prima di farle cadere, stizzita, contro i fianchi. «Due anni e mezzo che ci conosciamo e non ti fidi di me?»
«Conosciamo?» il biondo abbandonò la sua posizione, stringendo i pugni. «Marinette, non sono nemmeno sicuro di conoscerti! Non ti sei mai aperta, con me, tra poco non so nemmeno come tu sia in realtà!»
Sapeva di aver sbagliato, a pronunciare quelle parole: la conosceva abbastanza – sia sotto la maschera da eroe che tra i banchi di scuola – da essersene completamente innamorato, ma percepiva ancora troppa ira, troppo orgoglio, per tornare sui suoi passi.
«Credi... credi che per me sia facile?» il tono della giovane si affievolì notevolmente, tanto da portare il biondo a esaminare il suo viso, su cui spiccavano gli occhioni lucidi di lacrime trattenute. «Non hai idea di... di contro cosa io debba combattere tutti i giorni, anche solo per parlarti, quindi non permetterti mai più di giudicarmi in quel modo!» gli puntò un dito contro, mentre una goccia salata, solitaria, scivolava sulla sua guancia destra.
«Che cosa ti ho mai fatto, per farti sentire così? – strinse i denti, scuotendo la testa – di cos'hai paura, Marinette? Ti sembro un mostro, per caso?»
Aveva una voglia matta, un desiderio immenso, doloroso, di scoprire che cosa la turbasse a tal punto da portarla a comportarsi in modo scostante, intorno a lui – ne aveva bisogno.
La risposta si fece attendere parecchi secondi, prima di giungere, fievole, alle sue orecchie: «Adesso sì.»

Call it what you want ~ Miraculous LadybugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora