11 La Fabbrica

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"Che cos'hai fatto nell'ultima ora?", chiese Nick.
"Oltre ad aver fatto colazione? Sono andato a dare un'occhiata alla scena del delitto. Ho scattato qualche foto".
Prese la borsa alla sua sinistra e tirò fuori una serie di fotografie, appoggiandole sul tavolo.
Nick le osservò.
In totale erano dieci.
Due raffiguravano il retro della chiesa mentre sette il cadavere, in ogni angolazione possibile, perfino il viso.
A Nick gli si strinse il cuore nel vedere la foto di un corpo della persona che lo aveva cresciuto per lunghi anni.
"Scusa, quelle foto non avrei dovuto fartele vedere", disse Peter.
"Nessun problema".
La volpe guardò l'ultima foto.
Era un foglio di carta appoggiato su un bancone, sporco di schizzi di sangue.
Vi era scritto un messaggio.

VEnto  CCHiara  fIAto  FAbio baBBuino  RIcky   CAvolo 198700432 FIco   ORIgliare   VIolino   hOLA JONATHAN   PIantare   STOria   LAna JUDY.

"Ma che diamine...?", mormorò Nick.
"Già. Non per offenderlo, ma se Padre Christopher voleva dare un messaggio poteva anche scrivere 'sono morto aiuto".
"Perché hai fatto la foto e non hai portato il foglio originale?".
"Lo avevano preso quelli della scientifica. Ho fatto in tempo a fare una sola foto".
"Una basta. Hai un blocco note?".
"Sì" guardò nella borsa e lo prese, assieme a una penna "perché?".
"Dobbiamo decifrarlo".
"Con questo enigma, il Codice Da Vinci può solo accompagnare".
La volpe sorrise, poi cominciarono.
Rilessero più volte il messaggio e, come quello di Alexa, tentarono di fare degli anagrammi, senza successo.
Le ore volarono così, tutto come al punto di partenza.
"Basta, mi arrendo", disse Peter all'improvviso.
"Non possiamo arrenderci".
"Lo so, ma è troppo difficile...".
Nick sospirò, rileggendo il messaggio.
Poi capì.
Erano stati davvero così stupidi ad non averlo capito?
"Ho capito!", esclamò.
"Cosa?".
"Guarda bene il messaggio".
Porse la foto a Peter, mentre questo la osservava con occhio critico.
"Cosa noti?", chiese Nick.
"Alcune lettere sono maiuscole e le altre sono minuscole?".
"Esatto. Prova a scrivere soltanto le lettere grandi".
"E i numeri?".
"Quelli in Grosseto".
Peter obbedì, dubbioso.
Lesse quel che aveva scritto.

VE  CCH  IA  FA BB  RI  CA 1987 FI ORI  VI  OLA JONATHAN   PI  STO LA  JUDY.

Mentre la rilesse, capì.
"Ma come abbiamo fatto a non averlo capito?!", esclamò.
"Sì, è stato molto furbo Padre Christopher".
"Adesso che abbiamo capito il senso letterale, cosa facciamo?".
"Ragioniamo: con VE CCH IA FA BB RI CA 1987 intende una fabbrica che ha chiuso nel 1987".
"E con FI ORI VI OLA?".
"Intende dire che è lì dove l'assassino sta coltivando gli Ululatori Notturni".
"E con JONATHAN PI STO LA JUDY?".
"Dove Jonathan ha tentato di ucciderla due anni fa".
"Allora sbrighiamoci".

La vecchia fabbrica gli si presentarono davanti con tutta la sua mole.
Con le innumerevoli piogge di quell'anno, si era sviluppato in direzione ovest, poco lontano dall'edificio un laghetto non molto vasto e non troppo profondo, massimo tre, forse quattro metri.
Le acque erano nere come la pece, riflettendo la luna piena e le migliaia di stelle che illuminavano il cielo.
La vecchia fabbrica era un agglomerato di tre grandi edifici collegati tra loro attraverso dei corridoi che conducevano al capannone centrale, l'edificio più grande.
Nick e Peter arrivarono in quel preciso istante.
La coppia cominciò le ricerche dagli edifici più piccoli.
Ognuno di essi era composto da stanze su stanze, chiuse con una catena e un lucchetto.
Mentre esplorava quei corridoi di quel piccolo edificio, a Nick vennero vennero i primi ricordi, di quando aveva esplorato quell'edificio assieme a Judy.
Judy...
Dovette uscire dal suo mondo e tornare in quello reale.
Non avendo trovato niente s'interessante nel primo edificio, la volpe e il coniglio andarono nel secondo.
Anche questo aveva delle stanze chiuse ma, a differenza delle altre, avevano sulla porta un piccolo foro che permetteva di vedere l'interno.
Con l'aiuto di Nick, Peter si affacciò a una di queste porte col telefono per illuminare la camera.
Era una stanza piccola e buia con in un canto un letto e di fianco tre vasi da notte.
Non c'era nessuno.
"Dev'essere una delle celle degli scienziati", commentò il coniglio, scendendo.
"Muoviti Hopps! Muoviti!".
Appena udì quella parola, Nick corse nel dedalo di corridoi seguendo quelle grida, fino a giungere al capannone.
Era proprio come se lo ricordava:  enorme, alto dieci metri con la lunghezza di trenta e largo dieci; il
soffitto era stato riparato, sostituito con dei pannelli di metallo fusi alla belle' meglio.
Al centro vi era un enorme conca piena di terriccio e di forma rettangolare, allungata per tutta la lunghezza del capannone e rialzata con delle strutture di ferro.
Il tutto faceva sembrare a un gigantesco serraglio.
In alto vi era una stanza di metallo, fissata alla parete con un muro di vetro; vi si poteva accedere tramite una porta, collegata a una scala di ferro.
Poi loro.
I trenta scienziati scomparsi erano lì, a iniettare nel terreno della conca rettangolare un liquido gelatinoso dove vi stavano crescendo gli Ululatori Notturni.
"Muoviti ti ho detto! Hopps!".
Nick e Peter seguirono le grida.
Era un caprone grosso e furibondo, dietro a un coniglio alto circa la metà, spaventato.
Aveva la pelliccia bianca con su tutto il corpo macchioline marroni.
Intorno al capannone vi erano altri animali, esclusivamente prede che scrutavano gli scienziati con occhi critici, armati di pistole.
"Quello deve essere il fratello di Judy", commentò Peter, indicando il coniglio.
Si fecero piccoli, nascondendosi dietro a un macchinario.
"Qual'è il piano?", chiese.
"Io cerco Judy, tu libera gli scienziati".
"Ma è un suicidio!".
"Provaci almeno. Sono sicuro che Judy sarà orgogliosa di te".
Peter sospirò facendosi coraggio.
"Va bene, però ricordati la promessa  che ti ho fatto".
Nick non l'avrebbe mai dimenticata.

Se mai mi dovesse succedere qualcosa, voglio lasciare a te l'onore di rinchiudere quel bastardo.
In caso contrario, ti prometto che lo mandero' sulla forca.
Lo farò per te.

Il duo si divise: Peter rimase per aiutare gli scienziati, Nick invece si diresse alla stanza rialzata.
La volpe si muoveva agile dietro ai macchinari, coperto dalle ombre che emanavano grazie ai lampadari che penzolavano dal soffitto.
Nick raggiunse le scale, guardandosi indietro.
Peter era sparito.
Non ci fece tanto caso e, in punta di piedi, salì le scale, raggiungendo alla porta metallica.
L'aprì dolcemente, causando un sibilo metallico.
Era un ufficio.
Vi era una scrivania di legno con sotto dei cassetti e dietro una poltrona.
A terra c'era un tappeto persiano, giallo e porpora.
Poi lei.
Judy era seduta sulla poltrona con i polsi legati a ciascun bracciolo, vestita con gli abiti da poliziotto, sporchi e mal ridotti.
Sorrise alla vista di Nick, ma non osò parlare: era spaventata e sudava freddo.
Dietro alla testa le stavano puntando la canna di una pistola, impugnata da una piccola figura snella, nascosta da un mantello con calato sul volto un cappuccio.
"Lasciala andare!", urlò Nick, puntandole la pistola.
"Non credo proprio".
Quella voce...
Gli era familiare, troppo per suoi gusti.
Capì.
"No...", mormorò, abbassando l'arma.
"Esatto".
Con la mano libera, la figura si tolse il cappuccio, mostrando il proprio volto: due gemme azzurre saltarono fuori su una macchia bianca sul viso. Il resto del corpo era nero.
"P-Peter?!" balbetto' Nick, più confuso che mai "che cosa ti prende?".
In quel momento fecero irruzione nella stanza quattro caproni armati di pistola, puntandola verso la volpe.
"Che cosa stai facendo?", mormorò Nick.
"Quel che ho sempre voluto fare".
La volpe non reagì in tempo.
Un dardo soporifero gli colpì il lato destro del collo.
Poi fu soltanto buio.

Il secondo misterioso casoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora