Capitolo 1

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Le 4:00 di mattina.
Il mio corpo è costretto ad abbandonare le calde lenzuola del letto, andando a cercare quel piacevole calore sotto il getto d' acqua della doccia e la dolce fragranza fruttata del bagnoschiuma che rilassa la mente, ma soltanto per pochi istanti.
Esco di casa, è ancora buio, la luce calda degli alti lampioni illumina il distretto in cui si trova il mio piccolo appartamento; a pochi passi la fermata dell' autobus, sempre la stessa, sempre vuota alle 5:20 del mattino, con la mia unica compagnia.
Accanto al palo con la tabella degli orari, la panchina su cui mi siedo ogni giorno ad aspettare.
Il cigolio del legno che risuona nell' aria silenziosa appena mi siedo, lo stesso identico suono, ogni giorno.
Estraggo dalla tasca gli auricolari bianchi, non più dello stesso bianco puro di quando gli comprai, man mano che passava il tempo divennero di un bianco sporco, un grigio opaco; infilo lo spinotto, per poi far partire la mia playlist, sempre la stessa, ma ogni volta sempre più carica di emozioni.
I miei occhi, persi nel nulla, noncuranti del soggetto che poco fa stavano osservando, vengono distratti dalla forte luce di due fanali.
Lo sportello dell' autobus si apre, salgo i tre scalini mostrando l' abbonamento all' autista che annuisce facendo segno di proseguire.
Quelle poche persone che salgono su questo autobus, sempre le stesse, conosco le fermate di ciascuno a memoria, dai loro visi traspare stanchezza, la stanchezza di chi lavora per mantenere sé stessi e la propria famiglia sacrificandosi.
Prendo posto ai penultimi due sedili in fondo, sempre vuoti, rivolgendo gli occhi alla strada, alle persone che camminano sui marciapiedi, alla mia immagine sfocata sul finestrino.
Passa mezz'ora, mi alzo in piedi, la mia fermata è vicina, nonostante il traffico abbia rallentato l' autista.
Scendo guardandomi intorno, riprendendo poi a camminare per due isolati, l'odore di benzina diventa sempre più forte.
La grande insegna del bar della stazione di servizio, eccola lì, riverniciata di un rosso fuoco e messa a nuovo.
Il profumo del cibo che cuoce nei grandi forni toglie i residui dell'odore sgradevole che persiste all'esterno.
Anche oggi sono arrivata in orario, dietro al bancone Seoyeon e Mikyong, due ragazze che lavorano con me, intente a estrarre il cibo dal forno con molta attenzione.
-"Buongiorno Yume!"
Seoyeon agita la mano per salutarmi, Mikyong da un'occhiata al suo orologio da polso per poi rivolgermi un sorriso.
-"Oggi sei in orario, di nuovo."
Sistemo gli auricolari e gli metto in tasca seguiti dal telefono.
-"Vado a cambiarmi."
Annuiscono e tornano a fare ciò che avevano lasciato in sospeso.
Esco dalla borsa le chiavi del mio armadietto, prendendo la divisa per lavorare, ovvero pantaloni neri e una t-shirt rossa con lo stemma del bar, mi cambio in poco tempo per poi avvicinarmi allo specchio, sistemando un po' i capelli.
Guardo la mia immagine.
La ragazza riflessa sono io, Yume, Kim Yume, ventuno anni, occhi nocciola, furbi osservatori nascosti dalle lenti degli occhiali dalla montatura tonda, capelli neri raccolti in una coda, corpo nella norma.
Vivo nel mio piccolo appartamento nella periferia di Goyang, i miei genitori tempo fa non erano d'accordo su questo mio desiderio di essere indipendente, ma non vollero combattere ancora con la mia testardaggine.
Ho una sorella più grande di cinque anni, Yunseo; ha una figlia di sette anni, Eunmi, la gioia della mia vita: ogni volta che vado a trovarla mi riempie di coccole e bacini chiedendomi di giocare con lei o portarla a fare un passeggiata.
Lavoro nel bar di una stazione di servizio dal lunedì al sabato, a partire dalle 6:30 di mattina fino alle 21:00 la sera, il sabato il mio turno termina alle 19:00, davvero stancante ma se voglio mantenermi devo lavorare.
Sciolgo i capelli rifacendo la coda, dopodiché prendo posto dietro al bancone per servire i primi clienti.
-"Yume!"
Mi guardo intorno cercando di capire chi mi avesse chiamato.
-"Yume sono qui!"
Vicino all' ingresso riesco a vederlo, sventola la mano in alto con energia.
-"Jackson!"
Jackson è il mio migliore amico, l'unico, ci siamo conosciuti il primo giorno del primo anno al liceo, ero arrivata in ritardo e l' unico posto libero era quello accanto al suo; da quel giorno non ci siamo separati più.  Il cappello con la visiera all' indietro e la larga tuta da benzinaio lo rendono figo in un certo senso, lavora servendo le auto alle pompe della benzina, finisco di servire alcuni clienti e lui si avvicina al bancone per bere il suo solito caffè.
Vuole che glielo faccia sempre io, dice che lo rendo speciale, quindi ogni volta ci metto tutto il mio amore nel farlo.
-"Oggi è pieno."
Guarda la lunga coda di clienti alla cassa.
-"Già."
Sorseggia il suo caffè.
-"Per fortuna oggi è sabato."
Dico servendo un cliente.
-"Vero, e tu sai cosa vuol dire."
So perfettamente cosa vuol dire il sabato sera: divertimento.
-"Jack, vorrei tanto venire con te, ma sono stanca, vorrei riposarmi un po' oggi."
Distoglie gli occhi dalla tazzina, guardandomi, fa il labbruccio.
-"Ti prego, senza di te non mi diverto."
Quando fa così riesce sempre a farmi cambiare idea su qualsiasi cosa.
-"Dopo il turno andiamo.."
-"Jackson. Ho bisogno di cambiarmi."
Incrocio le braccia al petto.
-"Allora ti vengo a prendere verso le 20:00, ok?"
-"Ok."
Gli do un bacio sulla guancia, deve tornare fuori.
-"Ci vediamo, bellissima."
Scuoto la testa tornando a servire i clienti che aspettano con le braccia poggiate sul bancone.

-"Le 19:00 finalmente, ragazze io vi lascio!"
Seoyeon e Mikyong stanno finendo di pulire gli ultimi tavoli, io ho già finito di sistemare il bancone.
-"Ciao, divertiti!"
Mi cambio velocemente, Jackson sarà già andato via; salgo sull' autobus sfilando gli auricolari, spero di tornare presto a casa, non so proprio cosa indossare.

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Buonasera, questa è la mia seconda storia!
Spero vi piaccia il capitolo❤❤❤❤

Dependence~ Kim NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora