~Capitolo 2~

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"L'antidoto contro cinquanta
nemici è un amico"
Cit. Aristotele

La settimana è passata lentamente e per colmare la mia noia mi sono immersa pienamente nello studio.
Nel frattempo, Andrew non era sparito dai miei pensieri, semplicemente perché non riuscivo a capacitarmi di tutta quella gentilezza e spontaneità che aveva avuto nei miei confronti, nonostante ci conoscessimo poco.
Sabato è finalmente arrivato, non posso ancora crederci - anche se in realtà è sabato già da diciotto ore, venti minuti e undici secondi -.
Questa sera conoscerò gente nuova, ricomincierò da zero. Nuovi amici, nuova vita. Mai più sola.

"Cammie, Cammie, Cammie... chi vuoi prendere in giro?! Ma chi ti caga!" penso giù di morale.

Eh, sì, sono queste le mie conversazioni interne. Io sono la migliore amica di me stessa ma allo stesso tempo la mia acerrima nemica.
Che lunaticità, vero?
A volte penso di soffrire di bipolarismo.

Mi stiracchio per bene prima di alzarmi dal divano, il posto in cui potete essere certi di trovarmi quando mi cercate.
Incomincio a prepararmi mettendomi una gonna nera a vita alta, una maglietta smanicata blu elettrico e degli stivaletti con un leggero tacco. Stavolta opto per i capelli sciolti e presto più attenzione al trucco, mettendo in risalto i miei occhi azzurri con eyeliner e matita nera. Prendo una borsetta con il necessario ed esco di casa, dicendo ai miei che mangerò fuori con degli amici.
Ne sono rimasti un po' colpiti, dato che sono mesi che non esco con qualcuno.
Mi incammino spensierata con un sorriso a trentadue denti.
Ma tutto sta filando un po' troppo liscio...

《Ma porca...》impreco per metà.

Solo adesso mi sono ricordata che la pizzeria è troppo lontana da casa. Non posso di certo andarci a piedi.
Torno indietro correndo, per non arrivare tardi.
Salgo le scale incespicando con l'affanno e busso alla porta.
Mi appoggio allo stipite riprendendo a respirare, mentre da dietro la porta che nel frattempo si è aperta, sbuca la faccia dallo sguardo interrogativo di mio padre, con un sopracciglio alzato.

《Ehm... ciao papà... ahah, come va?》

"Come va? Ma sul serio?!"

Mio padre sospira e credo che abbia già capito. Mannaggia.

《Di cosa hai bisogno?》

《Mi ero scordata di quanto fosse lontano il punto di incontro. Così ho pensato che mi potresti portare tu, ahah》continuo a farneticare.

"Ma perché continuo a ridere come un'ebete? Cosa spero di ottenere? Quarantadue favori?!"

Papà rientra dentro e non capisco se sia un segno di rifiuto o meno, ma mi rilasso appena lo vedo chiudersi la porta alle spalle con la giacca addosso.
Fiu.

Durante il tragitto, non faccio a meno di domandarmi se piacerò agli amici di Andrew.
Guardo fuori dal finestrino e osservo un gruppo di ragazzi che ride e scherza allegramente.
Quanto tempo è che non mi succede una cosa simile. Di essere felice con i miei amici, come tutti i ragazzi della mia età.
Inizio a sperare veramente che mi accoglieranno volentieri nel loro gruppo.

《Siamo arrivati》dice papà.

《Grazie per avermi accompagnata.》

《Fammi uno squillo quando ti devo venire a prendere.》

《Va bene, ciao papà》lo saluto.

《Aspetta, Cammie, c'è qualcosa che mi devi dire?》mi chiede poi, con un'espressione maliziosa.

Sta sorridendo e mi sta fissando con uno sguardo che sembra voglia dire: "c'è qualche ragazzo di mezzo?"

《No, nulla》rispondo uscendo dalla macchina, probabilmente paonazza dalla vergogna come al solito.

Come Una ConchigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora