Ma petite bête - Il riflesso dell'Io

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(Qicksilver - Stephen Mackey)

Che cosa sogni? Rimirandoti nello specchio della tentazione della morte stessa eccovi tutta la tua verità, la tua fragilità. Ed ecco te, nelle tue vere sembianze animali che, in pompose vesti umane, si son perse e, ridicole, non sembrano più tali.
Vi è un dolcissimo sortilegio; quello che gli occhi possono donare con l'astuzia del pensiero, e tu che fino a questo momento hai perso coscienza del tuo valore, ora, l'hai ritrovato - benamato - grazie ad una semplicissima convinzione tua. Ma di nuovo, d'improvviso, rispunta; rieccola la fragilità tornar costante, a far visita alla tua ingannevole fierezza che - pari alla più dolce delle carezze - è lì solo il tempo d'un breve sorriso. Il tuo più bel sorriso, ricolmo di sincera e convinta grandezza.

Ed è grande la mente con la sua esuberante fantasia la quale, in brevi istanti, diviene fatalmente malattia.
Così tu ti lasci convincere ancora e ancora, ancora ma petite bête, che la tua vita non sia un'incantevole menzogna, quella bugia dell'istesso colore del tuo abito preferito: un rosa chee è pallido e candido, senza macchia alcuna. Ma è solo specchiandoti che ti mirerai spoglia e nuda, di fronte così alla dolorosa rivelazione della tua essenza più animalesca, più crudelmente vera: hai le ali, che ora però costringi in succinti abiti non tuoi.
E nel lusso d'un corpo che ti sei cucita addosso ti sei persa nella falsità della superficiale apparenza: ti vedi bella.

E dunque dimmi, cosa sogni? Cosa sogni mai vedendoti scontenta, dopo tutto questo tuo affannoso giocare a nascondino? Le sottili ali che ti sei costruita non reggono l'ammontare del peso delle menzogne tue, mentre quelle che son vere lentamente periscono offese dai tuoi capricci. Non far capricci ma petite bête e vola, vola via. Non t'accorgi che sei cresciuta e il piccolo piro-piro ch'eri è ancora lì con te, che t'attende e mentre ti attende t'osserva tanto impotente e impietosito che quasi non si riconosce. Immobile quasi a scomparire diviene l'ombra di quell'Io che ormai affoga, sotto dell'inutilmente pomposo tulle rosa.

Cosa vedi? Nulla è diverso da quando non cinguetti più in riva alle acque dolci? Cos'hai abbandonato? Chi sei ora? Le risa della morte fanno da sfondo a questi pensieri e, a ritmo - come in un valzer - t'uccidono con beffa, senza dolore, ma con quanta pena! Si cristallizza così, nell'eternità, l'unico momento di pura sincerità in cui tu, bella ed umana, hai desiderato ancora l'acqua sporca e l'umida notte d'una brevissima esistenza che, però, era la tua.

Sei tanto fragile ma petite bête, che persa ad agghindarti, t'è sfuggita la vita; e senza tempo per rimpiangerla, guardi ormai , fissa negli occhi, un'anima tanto libera quanto vuota e, ormai, avvizzita.

Sulle labbra di AteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora