Capitolo 10

16 8 0
                                    

Gilnie non poteva permettere al Guardiano di rovinare il lavoro di una vita, calpestando i germogli dell'Albero dei Ricordi.

I mesi trascorsero velocemente. Zefirus impiegava tanta dedizione negli allenamenti. Ormai aveva compiuto l'età di sedici anni e, giorno dopo giorno, era cresciuto sia mentalmente che fisicamente.

Ogni mattina, prima di fare colazione, doveva completare un percorso pieno di trappole e trabocchetti, che col tempo diventava sempre più difficile e lungo; il così detto Efferato. Venne addestrato a combattere con tutte le armi presenti al maniero e ad invocare ogni sorta di incantesimo, su questi ultimi dedicava almeno tre giorni alla settimana. Inoltre, aveva imparato a coltivare pazienza e neutralità. Il tutto sotto la supervisione e gli incitamenti, nonché minacce, di Gilnie, che a quanto pare, tornò a sentirsi come un giovincello.

Il volto del fratello sbiadiva nella memoria di Zefirus ad ogni singolo ticchettio dell'orologio a pendolo ed egli iniziò ad abituarsi alla sua assenza; ma le carte in gioco erano cambiate e questo non aveva più importanza ormai. Adesso era il padre che voleva riportare a casa il figlio. Doveva spiegargli molte cose. Una sensazione premonitrice lo avvisava che nel caso non fosse riuscito a placare l'ira di Fawynto, molte sciagure si sarebbero rovesciate sul Giardino e di conseguenza sul mondo intero.

Gli allenamenti a cui era sottoposto Zefirus erano estenuanti, se non estremi. Una sera, quando il ragazzo si stava medicando qualche graffio e bruciatura derivanti dall'Efferato, capitò che il monaco, nostalgico, elogiasse le straordinarie capacità di Fawynto durante la sua infanzia.

-Pur essendo un pargoletto,- sospirò -era in grado di padroneggiare abilmente un gran numero di incantesimi. Ha studiato i Mistici tanto quanto me... e come gli piaceva esercitarsi di continuo nella foresta.

Il giovane apprendista non aveva mai visto il fratello combattere facendo ricorso a tutte le sue potenzialità. Dal giorno della lite percepì che qualcosa in lui era cambiato: un potente furore gli si era acceso in corpo.

-A tua differenza, le emozioni scorrono intensamente dentro Fawynto.- disse Gilnie andandosi a sedere su un tronco steso in terra. Il fuoco del focolare che avevano acceso illuminava il suo volto nella sera. Era una giornata mite e calda, da trascorrere all'aperto fino all'ultimo. -Per questo lui non può diventare ciò che sarai tu.- concluse. -Nel caso ti trovassi in una brutta situazione, ricorda di fare leva su questo suo aspetto. Ho già perso un figlio, non voglio perdere anche te, Zefirus.- Quest'ultima frase riecheggiò nella mente del giovane. In tutto quel discorso stonava, ma era troppo stanco per rifletterci su, perciò uscì tanto velocemente dal suo orecchio quanto ci era entrata.

In questi mesi Zefirus non aveva perso di vista l'obbiettivo finale e così non smise mai di allenarsi a quella strana danza. I movimenti li conosceva, ma più di una volta era dovuto intervenire il padre per evitare una catastrofe durante la prova sul campo.

-Se conosci così bene questo ballo, perché non rovisti tu nei ricordi di mio fratello?- domandò scontroso la furia. Tutti i legamenti del corpo gli dolevano per il troppo sforzo facendolo apparire scoordinato nei movimenti della sequenza.

-Io non posso farlo, per lo stesso motivo per cui tu sbagli la danza: le mie ossa non sopporterebbero tutto quel fluire di ricordi, sono troppo potenti.

Rimprovero dopo rimprovero, la furia decise di porre fine al suo strazio: uscì di notte dal maniero cercando di fare il minimo rumore possibile. Scalzo, camminò nel prato umido; poi, si fermò nello stesso punto di quel lontano giorno, quando il suo allenamento cominciò.

Però stavolta era diverso, adesso ce l'avrebbe fatta, non c'era il padre a fargli pressione, non poteva né aiutarlo né bloccarlo. Era libero.

Il prato era disseminato di infiniti bagliori violacei, i germogli risplendevano alla luce della luna. I suoi piedi erano fermi al bordo di quel mare.

Trasse un sospiro e fece un passo avanti.

Si piegò sulle ginocchia, passo dopo passo traeva lenti e profondi respiri. Lo aiutavano a concentrarsi. Con i piacevoli movimenti degli arti, si faceva cullare dolcemente dalle onde dei ricordi, passando da uno al successivo. Scivolava sulla macchia violacea come se fosse sul ghiaccio, e avanzava.

Le braccia danzavano nell'aria con movimenti fluidi. Il ragazzo era immerso in una melodia caotica e veloce. Mille scie colorate e cangianti gli sfrecciavano dentro gli occhi chiusi, ma lui le vedeva distintamente.

Un'immagine di un'altalena andare avanti e indietro, la risata di una bambina, e poi, di nuovo il vortice che lo trascinava verso il basso.

Guidati dal movimento delle mani, questi ricordi gli attraversavano il corpo passando da una giuntura ad un'altra; e Zefirus saliva. Respirava profondamente. La fatica si faceva sentire. Una, due giravolte. Percepiva le gocce di sudore scivolare sulla fronte. Si fermò esausto. Ce l'aveva fatta.

Il Guardiano degli AlberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora