Capitolo 15

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Quando il dolore della notte movimentata s'affievolì, Zefirus poté attraversare il varco nel muro.

Alla fine di un breve corridoio, il ragazzo entrò in una stanza gigantesca: le pareti erano ricoperte di libri, dal soffitto penzolavano strani macchinari e alcuni di questi erano pure esposti su diversi scaffali o racchiusi in teche di vetro. Oltre a ciò, c'erano una elegante poltrona rossa appartata, un tavolo da lavoro nascosto da pile di fiale colorate e carte secolari ingiallite: cartine, appunti scarabocchiati, pagine accartocciate.

Nel suo insieme la stanza risultava estremamente caotica. Che rappresentasse la natura nascosta del perfetto studioso di Gilnie?

Meravigliato come un bambino che entra in un negozio di balocchi, Zefirus si avvicinò titubante a uno scaffale della libreria, che si estendeva per tutta la lunghezza del muro. Lesse sulle costole dei libri molti titoli strani, che dovevano assolutamente riguardare incantesimi o argomenti simili... Altri, poi, in una locazione più vicina al tavolo da lavoro, trattavano dei Mistici; erano raccolte di appunti, riflessioni, annotazioni prese nell'arco di un secolo, circa.

"Avrai sempre un aiuto finché resterai qui. Troverai il modo..."

-Quelle parole...- Solo allora il Guardiano comprese.

La chiave donatagli dal padre lo aveva guidato lì per permettergli di completare la sua preparazione.

-Padre. In punto di morte mi hai affidato il ruolo di Guardiano. Non sei riuscito a istruirmi completamente, ma come tu mi dicesti, prima di lasciarmi, ho trovato il modo.- accarezzò quei libri polverosi. -Non vanificherò i tuoi sforzi.

Fra tutti, la sua attenzione fu attirata da un libro verde scuro. Sulla copertina erano raffigurate delle venature gialle e sottili, pareva di stringere fra le mani una foglia, versione libro però.

Il ragazzo non voleva che qualcun'altro gli spirasse fra le braccia; ecco la ragione che guidò la sua scelta. Quello era il libro sull'Albero delle Cure.

Zefirus lesse, in maniera approssimativa, che si trattava di un albero miracoloso: ogni sua più piccola cellula poteva guarire un uomo da qualsiasi specie di malattia.

"Se solo lo avessi saputo!" si morse il labbro.

Inoltre, conteneva tutte le formule delle medicine conosciute e sconosciute. Le sue radici sono una copia perfetta dell'albero, ma, come lo si intuisce dal fatto che sono sottoterra, racchiudono tutti i veleni naturali e artificiali scoperti e ancora da scoprire.

Se un ramo descriveva la formula per l'antidoto di una malattia, la radice speculare mostrava come creare tale malattia. L'aura di questo albero gemello malvagio è talmente potente che anche toccandolo accadono brutte cose, è perciò pericoloso camminare intorno all'Albero delle Cure.

L'unico modo per non essere danneggiati, e danneggiare, era raggiungerne la chioma per via aerea.

Il ricordo doloroso della morte del padre s'affievolì con tutto ciò che doveva fare per completare il percorso che avevano iniziato insieme. Gilnie gli aveva affidato un compito di grande responsabilità.

Nello scaffale dedicato ai Mistici, il libro più piccolo era quello intitolato: "Albero dei Doni".

Le prime pagine riportavano, come negli altri libri, una descrizione minuziosa dell'aspetto esteriore dell'esemplare, ma a seguire, c'erano molte pagine scarabocchiate e stropicciate, alcune addirittura strappate energicamente. Quello che Zefirus riuscì a leggere, furono parole confuse, una distante dall'altra nella pagina: "aiuta", "benevolo", poi, scritto in grande e ripassato più volte, compariva "errore", "impossibile"... questi erano i soli termini rimasti intatti da linee schizofreniche e aggressive che tentavano di nascondere ciò che era stato precedentemente scritto.

Altre parole si leggevano per metà, e il più delle volte il loro significato reale restava un enigma per il giovane ragazzo.

-Non può essere tutto qui.- disse facendo scorrere velocemente sotto il pollice, le pagine scarabocchiate dell'antico taccuino, desiderando di trovare un qualcosa di leggibile. -Mio padre ha avuto secoli per studiare quest'Albero; ci dev'essere scritto qualcos'altro!- L'ultima pagina che cadde sulle altre, girandosi, recava scritto in fondo, a distinte lettere, "pericolo".

"Pericolo?! Ma che razza di conclusione è?"

Molto confuso, il Guardiano tornò nel laboratorio nascosto la mattina dopo. Decise di cercare altre informazioni, o come minimo citazioni, in altri libri su quel misterioso Albero; tanto, che alla fine, riuscì a leggere tutti i libri presenti nella stanza e a concludere i suoi studi.

Un giorno, distrattamente, quando spostò l'ultimo libro che ancora non aveva sfogliato, sentì un rumore sinistro, identico a quello che precedette la comparsa di questo posto quando girò la chiave nel muro. Per esperienza, dato che non voleva ricevere un'altra possibile pietra roteante in faccia, si ritrasse.

La libreria scricchiolò e si spostò leggermente in avanti. Zefirus non si stupì di aver trovato un altro nascondiglio, ma il muro di libri non spalancò tutto il passaggio. Il giovane dovette spostarlo a forza per aprirsi un piccolo varco, i cardini che lo fissavano alla parete andavano senza dubbio lubrificati.

Entrò in un'altra stanza.

Questa camera era in forte contrasto con il laboratorio: era un ambiente mostruosamente ordinato e minimalista, l'atmosfera statica e fredda. La tenue fonte di luce bianca, derivava da un semplice lampadario, posizionato esattamente sopra l'unico mobile presente di quella stanza assolutamente vuota.

Al centro, su un piedistallo rialzato dal terreno, si ergeva uno splendido scrittoio in legno di mogano scuro, con le gambe lavorate da delicati intagli dipinti d'oro. Il piano da lavoro era di marmo rosa e aveva i bordi modellati, lisci e levigati. Al tatto era freddo.

Davanti al tavolo c'era una finestra chiusa, il ragazzo non l'aveva mai notata dall'esterno dell'edificio. Il vetro dell'infisso non era trasparente, ma torbido, lo stesso grigio di una pozzanghera.

Illuminato dal lampadario, sopra lo scrittoio, era appoggiato un libro, sulla cui copertina era raffigurato un giovane monaco. La prima pagina portava scritto "Diario di un Monaco".

Il ragazzo faticava a credere che, un tempo, suo padre potesse essere quel tipo di uomo.

Incuriosito, o forse solamente nostalgico, aprì il manoscritto pensando di poter riuscire a sentire nuovamente la voce paterna.

Iniziò a leggere: "Caro diario, ..."


Il Guardiano degli AlberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora