Capitolo 21

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Era sera, la nebbia fredda regalava una sensazione piacevole sulla pelle. La lettura di quel diario fu intensa e veloce.

"Ora capisco perché Gilnie mi ospitò senza alcuna paura. Mi riconobbe." pensò Zefirus camminando davanti ai Mistici.

"Mi trattò come un figlio, perchè lo ero per davvero!" strinse i pugni.

-Quindi, con la questione del diverso scorrere del tempo, io avrei vissuto sotto le sembianze di un bambino per chissà quanti anni! Ad un secondo della mia vita, il luogo che mi circondava invecchiava di circa dieci anni e oltre... perché non mi sono mai accorto di nulla? Poi, una volta entrato al Giardino, la mia crescita stessa è diventata la medesima del posto in cui mi trovavo.- rifletté.

Il dolore per la morte del vecchio ormai si era spento, ma, adesso... doveva affrontare il lutto del padre, prima perso, ora ritrovato, adesso, nuovamente perso.

Ripensando a Fawynto, s'innervosì. "Il collegamento è l'albero dei Doni." Si fermò davanti all'omonimo esemplare. "Appena comparsi in questo luogo, sia io che Fawynto siamo stati attratti da lui."

-Ma che cosa vuoi?- sussurrò fra i denti.

Lo sconcerto per la scoperta delle sue origini durò stranamente poco.

-Ho fatto una promessa e ora che so che mio padre ha grandi aspettative su di me, non posso starmene con le mani in mano. Riporterò Fawynto. Detto questo, attraversò l'Albero dalle Infinite Porte.

Il viaggio fu istantaneo e una volta arrivato a destinazione, un forte fischio perdurò nelle orecchie del Guardiano.

L'atmosfera cambiò: una distesa di alberi si stagliava davanti a lui, che si ritrovava in un punto rialzato della foresta. Una piccola laguna lo circondava e, forse, era tale laguna a rendere quel posto terribilmente umido e afoso.

Non appena comparso in quella specie di giungla, l'albero si smaterializzò e Zefirus atterrò, in maniera impeccabile, al centro di ciò che era comparso: un pugno di sabbia, troppo piccolo per chiamarlo spiaggia.

Superò la laguna senza problemi, con l'aiuto di una magia; poi si inoltrò nella foresta.

"Non esiste niente di peggio dell'umido. È così opprimente. Il corpo interagisce poco con l'esterno. Inoltre, il vapore esterno ostacola un'adeguata sudorazione..." Ebbene, questi erano i pensieri che affollavano la mente del ragazzo, che, ogni qualvolta inciampava in una radice, imprecava contro di essa pestandola, ricambiando il favore ricevuto.

La camminata fu estremamente impervia: fra rami da schivare e radici da saltare; il Guardiano era seriamente intenzionato a tornare indietro, ma la comparsa di un sentiero tracciato gli fece cambiare idea.

"Ancora un po'." Si auto-incoraggiò.

Nelle miglia a venire, pareva che il ragazzo avesse un tic al collo: guardava instancabilmente prima a destra e poi a sinistra, senza mai fermarsi.

Zefirus smise di camminare quando vide una cosa inusuale: un pozzo.

"L'ho trovato." pensò. Tutto sommato, non poteva essere più sicuro di così. Un pozzo nel bel mezzo di una foresta, lontano da ogni abitazione... era totalmente insensato.

Decise di calarcisi dentro.

"Una corda?" La tirò. "È in buone condizioni. Questo posto è abitato." Sorrise. Era sulla giusta strada.

Bastò un salto e l'oscurità lo inghiottì.

Atterrò dopo qualche metro e, per la sua felicità, l'umidità aumentò drasticamente. Doveva trovarsi in una falda acquifera prosciugata.

Il rumore delle goccioline che cadevano dal soffitto atterrando sul suolo, scandiva a ritmo regolare quel silenzio di tomba.

Malgrado il fastidioso ticchettio, Zefirus, concentrandosi, intravide un tenue bagliore sulle tonalità del rosso. Non vide altra scelta che seguire quella traccia.

Passo dopo passo, il Guardiano si inoltrava sempre di più nel cuore della falda acquifera; ma durante il percorso la luce mutò in color blu ghiaccio. Diventando sempre più abbagliante.

Il bagliore proveniva al di là di un arco a tutto sesto, costituito di pura terra. Fece un altro passo e la luce aumentò repentinamente, accecandolo.


Il Guardiano degli AlberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora