Prima

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Abbiamo iniziato a parlarci.
Tutti i giorni.
Mi ha mandato la foto di uno stupido braccialetto con il mio nome scritto sopra. Mi ha detto di averlo trovato in un cassetto sotto le sue magliette.
Quel braccialetto gli ha fatto pensare a me, a noi. Gli ha dato l'idea di venirmi a parlare.
Sono giorni che non faccio altro che saltare sulla sedia ogni volta che sento il rumore del telefono, ho persino smesso di tenere il silenzioso.
Non so più come gestire la cosa, non voglio far soffrire Trey, ma ho come l'impressione che sta volta ci sia qualcosa di diverso.
Il mio cervello, comunque non ha nemmeno preso in considerazione l'idea di non rischiarsela.
Avevo iniziato a non pensarlo più poi tanto spesso, a vivere la mia vita.
Sono andata avanti mentre credevo che avrebbe fatto per sempre parte del mio passato.
Avevo smesso di piangere la notte se per caso mi veniva in mente, avevo smesso di credere che prima o poi sarebbe tornato. E ci convivevo bene con le mie patetiche convinzioni di avercela fatta.
Il problema con quelle come me è che crediamo di essere immuni alle sensazioni.
Riesco a gestirle quasi tutte, quelle che mi solleticano o che mi fanno venire il mal di stomaco. Riesco a rimanere fredda, di pietra. Ma la pietra si spezza e l'uomo si piega.
Me ne ricordo sempre troppo tardi che sono umana, che devo sentire dolore e calore come tutti, che ho il mio punto debole.
C'è chi sente la paura, chi l'amore, chi la vergogna. C'è chi è ossessionato dalla mancanza di qualcosa. Ognuno ha la sua sensazione dominante, il suo modo di essere vivo.
Io ho Freddie, io sento lui.
<<Metti via questo telefono.>> Mi rimprovera Kay seduta accanto a me.
<<Se per caso ti vede siamo nella merda.>>
Alzo velocemente lo sguardo che incontra quello di Trey, posizionato proprio di fronte a me.
Casa mia è piena di gente, è il compleanno di mia madre ed ha organizzato una cena con tutti gli amici, quell'idiota di mio fratello, la sua ragazza e ovviamente Kay.
So che è da stronzi sul serio, ma proprio non posso fare a meno di parlarci, di guardare il telefono ogni secondo.
Non ho fame, non ho sonno eppure mi sento piena da scoppiare.
<<Ho bisogno di vederlo Kay.>> Le sussurro a denti stretti mentre morde una tartina dell'antipasto.
Per poco non si strozza quando Trey si volta verso di lei.
<<Bhe che hai da guardare?>>
Mia madre da un calcio a Kaya sotto il tavolino. <<Non litigate voi due.>>
La mia migliore amica mi fissa con gli occhi confusi e sorpresi.
<<Hai davvero intenzione di fare tu la grande proposta?>>
<<Tecnicamente la proposta l'ha fatta lui scrivendomi dopo appena due anni.>>
<<Magari voleva solo sapere come stavi.>> Dice con una tonnellata di sarcasmo nella voce.
<<Magari voleva sapere come stavano le mie mutande.>>
<<Quindi sta volta è ufficiale che tentiamo il suicidio.>>
È come decidere di lanciarsi con il paracadute.
Sai che c'è la possibilità dell'impatto, che farà male e che probabilmente non sopravviverai, ma ti godi la velocità. Te la mangi, perché l'adrenalina che ti da quel minuto fino all'arrivo al suolo non la puoi sostituire con nessun tipo di paura.
<<Credo di si.>>
<<Devi dirglielo.>>
Cerco Trey con lo sguardo.
Ha il viso serio, gli occhi azzurri velati di una preoccupazione immaginaria per lui, troppo reale per me.
Penso a quanto ho investito in questa storia a differenza delle altre.
Ci credevo a me e Trey, ho creduto di essere innamorata di lui fino a poco fa, ma sono stata smascherata.
Quando l'amore della tua vita bussa alla tua porta tutto il resto perde di importanza, non puoi farci molto è istinto, sensazione, sentimento.
Parlerò con Trey appena saremo soli, raccoglierò quel poco coraggio che mi accompagna in questo genere di cose e gli dirò la verità.
Il telefono mi vibra nella tasca dei jeans.
Kay mi da un impercettibile colpetto sulla spalla.
Sorrido.
Non so cosa ha risposto, non so che cosa ha detto, ma so che è lui quindi sorrido.

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