Risveglio

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Il sonno mi avvolge. Le sue braccia mi tengono stretta. Il contatto con il suo corpo mi rilassa. Lo sento respirare regolarmente e capisco che si è addormentato. E cado definitivamente tra le braccia di Morfeo.

Il rumore fastidioso di una sveglia proveniente da un cellulare giunge al mio orecchio strappandomi al piacevole sonno. Paulo si gira e spegne il telefono poi si volta verso di me, mi sposta i capelli e mi scopre il collo posando un bacio lieve sulla mia pelle. Sorrido mentre lui non mi vede.
"Buongiorno bella addormentata....devi alzarti...jo preparo la colazione."
Si alza, togliendo il suo peso dal materasso e lasciando il letto vuoto. La luce grigia del mattino filtra dalle serrande ancora chiuse, sfiorò le lenzuola dove ha dormito per sentire ancora il suo calore. 
Sento il corpo indolenzito dall'intenso attività fisica della sera prima, di certo lui non ha di questi problemi! Le scene della notte precedente tra le sue braccia prendono a scorrermi davanti agli occhi. Mi paso una mano sul volto. Le domande iniziano ad affacciarsi alla mia mente. Non voglio ascoltarle!
Butto le coperte da un lato e scendo dal letto diretta verso il bagno. Chiudo la porta alle mie spalle. Apro l'acqua nella doccia e attendo che arrivi tiepida. Mi vedo riflessa nel grande specchio sopra il lavabo, ancora nuda. Mi sembra di non riconoscermi. I capelli sciolti, il viso senza trucco. Fissò il mio corpo quasi a cercare segni che mi rendano diversa dalla scorsa mattina e da tutte le mattine precedenti, ma non c'è apparentemente nulla.
Dentro di me al contrari, c'è un fiume in piena, un tumulto di emozioni, di domande, di risposte, di pensieri che non trovano un senso logico o il modo di arrivare alla mia mente per formulare un pensiero.
Apro la doccia e mi infilo sotto il getto. Lascio che il calore dell'acqua mi scivoli addosso e sciolga i miei muscoli. Ho raccolto i capelli per non bagnarli, l'acqua mi scorre anche sul viso. Resto qualche minuto a farmi coccolare dal tepore, poi decido che è il momento di uscire e riprendere la vita quotidiana. Ho troppe cose a cui pensare per restare a crogiolarmi tra i miei punti di domanda. "Già! E c'è un uomo di là che ti aspetta e che devi affrontare..."
"Buongiorno anche a te str...!" Rispondo al mio omino che si è evidentemente svegliato.
Ha ragione ovviamente, l'omino bastardo! Paulo è di là e questa è casa sua, non ho possibilità di evitarlo e in fondo non sarebbe nemmeno giusto, non sono una bambina.
Esco dalla doccia, mi avvolgo in un asciugamano e tornò nella stanza. Il letto sfatto mi riporta alla mente ricordi troppo recenti e non posso guardarlo. Prendo i vestiti che ho lasciato sulla poltroncina la sera precedente e mi rivesto. Infilato anche il vestito mi sento un po' più a mio agio. Mi accorgo di aver lasciato la borsa con il trucco nel salotto. Pazienza. Mi truccherò dopo. Con i miei vesti addosso mi sento più sicura. La mia immagine nello specchio è quella che conosco, sento qualche pezzo del caos che si muove dentro di me andare al suo posto. So cosa mi aspetta fuori di qui, il lavoro, l'ospedale, tutte cose che conosco bene. "Tranne ciò che ti attende oltre la porta di questa stanza..." , l'omino non perde occasione di farsi vivo, ma io non voglio ascoltarlo, decido di non rispondergli e mi dirigo verso il soggiorno.
Quando arrivò nel soggiorno lui non c'è e non so perché la cosa mi solleva. In cucina la macchina del caffè è accesa prendo una tazza e spingo il tasto di avvio, mentre scende la bevanda dall'aroma inconfondibile. Da frigo prendo il latte che ho aperto stanotte. Ne verso un po' nella tazza con il caffè e bevo un sorso. Sul tavolo ci sono ancora gli abbracci che ho aperto dopo il mio strano sogno, né addento uno e continuo a bere.
Fuori dalla finestra la giornata si preannuncia grigia. Sono assorta nei miei pensieri e non lo sento arrivare. Sobbalzo quando le sue mani si appoggiano ai miei fianchi. Riesco fortunatamente a non rovesciare ciò che resta del caffè nella tazza.
Il suo tocco è leggero ma il calore mi arriva comunque oltre la stoffa del vestito.
"Buongiorno bellezza...hai lo sguardo perso nell'infinito"
Le mani sono scivolate dai fianchi al mio ventre, il cuore mi ha fatto una capriola nel petto, il suo profumo mi arriva dritto al le narici, faccio quasi fatica a respirare. Lo vedo riflesso nel vetro della finestra. Ha i capelli umidi dopo la doccia, le labbra sorridono e gli occhi mi fissano nello stesso riflesso che sto guardando.
Continua ad accarezzarmi piano la pancia e la sensazione è estremamente piacevole e intima. Non so cosa dire sinceramente, mi rendo conto di non averlo nemmeno salutato.
"Buongiorno anche a te"riesco a sussurrare, con un tono più basso e più malfermo di quello che vorrei.
Non posso continuare a voltargli le spalle, mi giro piano restando all'interno del cerchio delle sue braccia.
Lo guardò negli occhi ed è un grosso errore.
Vedo avvicinarsi il suo viso e in un attimo sento le sue labbra sulle mie. Chiudo gli occhi e rispondo al bacio a stampo, il contatto si prolunga più del dovuto, non vorrei lasciarmi andare ma il tocco leggero della sua lingua sulle mie labbra non mi lascia scampo. Rispondo ma senza lasciarmi trasportare è un contato breve ma piacevole.
Lui non insiste e dopo avermi posato un altro bacio sulle labbra si stacca.
"Quando sei pronta ti accompagno" mi dice tenendomi ancora stretta.
"Mi trucco un po' e sono pronta...non voglio darti troppo disturbo...posso chiamare un taxi se hai da fare..."
"L'allenamento inizia alle 9.00, non sono nemmeno le 8.00 non mi dà nessun disturbo...è un piacere accompagnarti"
"Grazie..." Non riesco a dire altro.
Posò la tazza nel lavello, lui si dirige in camera, io allo specchio del bagno dopo aver recuperato il necessario per il trucco.
Ci metto poco a sistemarmi. In dieci minuti sono di nuovo in salotto alla ricerca del mio telefono che trovo sul mobile in carica.
"L'ho messo in carica ieri sera, altrimenti ti si sarebbe spento.."
"Grazie...non ci avevo pensato"
Lui sorride e basta, infilando il suo telefono nella tasca dei jeans che ha messo.
Infilò il mio in borsa, mi rimetto la giacca e sono pronta.
"Andiamo?"
"Si, sono pronta"
Con la valigetta in mano lo segue verso la porta d'ingresso. Non mi volto a guardare l'appartamento in cui ho trascorso la notte.
Sento la porta blindata chiudersi alle nostre spalle. Paulo chiama l'ascensore che arriva immediatamente. Entriamo nell'angusto spazio specchiato che rimanda le nostre immagini diverse volte.
Lui ha un leggero sorriso, io non riesco a fare nemmeno quello. Non posso guardarlo, tantomeno sfiorarlo. Per evitare tutto ciò estraggo il telefono dalla borsa e do un occhiata. Trovo diverse chiamate perse: mia zia qualche minuto fa, mia cugina Stefania, una chiamata del dott. Castellani. Questa tra tutte mi sembra la più importante è mi ripropongo di richiamare appena sarò in ospedale. A mia zia e a Stefania mando un messaggio per dire che ci sentiremo più tardi.
Intanto l'ascensore si apre, usciamo nell'androne prima e nel giardino da cui siamo arrivati poi. Con il telecomando lui apre il garage e il portone, aspetto che esca con la macchina, appoggio la valigetta sul sedile posteriore e salgo dalla parte del passeggero.
Appena chiudo la portiera ci immettiamo in strada, Il traffico sta aumentando ma è ancora scorrevole.
Nessuno dei due parla. L'abitacolo è riempito solo dalle note di una canzone sud americana che non conosco.
Passano venti minuti prima di arrivare all'ospedale. Paulo mi chiede da dove devo entrare e io gli dico di fermarsi poco lontano dall'ingresso principale. Lui obbedisce e si ferma.
Così arriva il momento che temo da questa mattina. Cosa devo fare ora? Come ci dobbiamo salutare? Come mi devo comportare? Cosa devo dire? Se esiste qualcosa da dire.
"Certo che esiste...solo che tu hai deciso di complicarti la vita..." Stupido omino!
A rompere il silenzio è lui.
"Caterina, non devi dire o fare niente se non vuoi." La voce è ferma e mi sembra più dura di ieri.
"...non hai motivo di essere imbarazzata..."
"Non sono imbarazzata!" Rispondo girandomi a guardarlo. È appoggiato alla portiera con una mano sul volante, mi guarda negli occhi con quel sorriso leggermente beffardo di chi la sa lunga.
"Hai ragione, non sei imbarazzata. Hai solo rimesso la tu armatura, la tua protezione, l'hai rimessa appena ti sei svegliata e ora nessuno può entrare..."
Rimango scioccata dalle sue parole. Dalla lucida visione di me che ha dato è che è vera. Non posso però dargliela vinta così come se niente fosse.
"Non ho un armatura...sono solo pronta per entrare qui dentro, dove non posso permettermi sentimentalismi...la mia vita è questa, suddivisa in spazi precisi...non posso fare diversamente...non pensare..."
"Non penso nulla Caterina, il tuo è un lavoro importante, importantissimo...la vita delle persone dipende da te, non giudico le tue scelte...non me lo posso permettere..."
"...devo andare...grazie per...beh, credo di doverti un grazie per TUTTO" dico mentre mi scappa una spontanea risata inaspettata anche per me.
Anche lui ride e il suo sorriso muove qualcosa nel mio stomaco.
"Prego...per...todos..."
Metto la mano sulla portiera per scendere, mentre sto già aprendo, sento che manca qualcosa, un istinto primordiale mi spinge a richiudere la portiera, girarmi verso di lui e dargli un bacio. Un bacio così, stampato. Poggio le labbra sulle sue e gli accarezzo una guancia. Continuano a piacermi le sue labbra. Lui mette una mano dietro la mia nuca e mi trattiene. Appena mi sposto da lui sul suo volto resta un sorriso.
Mi accarezza anche lui il viso.
"Ten un buen día" mi dice
"Tú también..."
Scendo, prendo la mia valigetta e lo salutò prima di voltarmi e avviarmi verso l'ingresso. Lo saluto un ultima volta, pensando che probabilmente sarà davvero l'ultima.

L'altro battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora