SECONDA PARTE: In viaggio verso casa

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UNA SETTIMANA DOPO...
La settimana successiva al mio ingresso come medico nello staff della Juventus si è rivelata un inferno. Sapevo che sarebbe stato complicato, ma non immaginavo la pressione mediatica a cui sarei stata sottoposta.
Dopo quella mattina a casa mia, dopo quella colazione portata a domicilio, dopo quel dialogo surreale avuto con il mio immaginario omino sui miei presunti sentimenti nei confronti di Paulo, con lui non ho avuto più contatti o per lo meno non più diretti.
La conferenza stampa in cui sono stata presentata come membro ufficiale era piena di giornalisti della carta stampata nonché di telecamere e TV. Fortunatamente non è durata troppo a lungo, ma sempre toppo per i miei gusti. Mi sono sentita come un pezzo di carne esposto in una macelleria, un oggetto su cui fare nuove congetture, una bambola messa in vetrina. Le domande sono state dalle più ovvie, riguardanti la mia professione, alle più subdole e sleali riguardanti la mia fisicità, la mia immagine di donna "bella" e che quindi dovrebbe essere stupida e conseguentemente aver raggiunto quel posto di lavoro dietro scontata prestazione sessuale nei confronti di qualche dirigente. Sapevo che sarebbe stato così, quello che non sapevo è quanto può essere morboso l'interesse dei mass media quando trovano qualcosa su cui fare illazioni.
In ogni caso, la dirigenza, con la presenza di tutte e tre le più alte cariche della squadra ha fatto quadrato in torno a me è messo subito a tacere voci e insinuazioni, il mio curriculum preciso e dettagliato e' finito nelle mani di ogni giornalista presente e poi di nuovo sul sito ufficiale e pare che per il momento la cosa abbia funzionato.
In ogni caso, la domenica ho assistito alla mia prima partita in tribuna allo Stadium da "membro della famiglia" .
Confesso che è stato emozionante, almeno finché l'attenzione non si è posata su di
me anche in quell'occasione, come se fossi l'unica donna presente allo stadio.
Ho ignorato tutto, o almeno ho cercato di farlo, nel modo più disinvolto possibile, come se per me fosse tutto naturale, normale, quando invece è il contrario. La mia presenza però, non ha portato troppo bene alla squadra che ha pareggiato, ma soprattutto non ha portato bene a Paulo che ha incredibilmente sbagliato un rigore.
Sono entrata per la prima volta nello spogliatoi, non mentre erano sotto la doccia come molti avranno immaginato.Mi sono fatta un idea dell'attrezzatura, delle tempistiche, degli spazi, qualora, spero il più tardi e il meno possibile, fossi chiamata a entrare in azione.
Quella è stata l'ultima volta, da sette giorni a questa parte, che ho incontrato lo sguardo di Paulo. I ragazzi stavano uscendo dalla stanza dello spogliatoio riservata alla squadra e all'allenatore prima e dopo le partite, vestiti di tutto punto,chi diretto alle interviste chi intenzionato a dileguarsi il più in fretta possibile. Tutti mi hanno salutato calorosamente quasi fosse un abitudine vedermi li,forse alcuni, come Gonzalo, ammiccando. Tra tutti solo lui era diverso. Serio e tirato,  indubbiamente nervoso dopo il rigore sbagliato. L'ho visto uscire dalla porta, la divisa con giacca e cravatta perfette, la sciarpa da mettere al collo in mano, gli auricolari penzolanti intorno al collo, in mano una pochette nera. Ricordo di aver incrociato il suo sguardo, cupo e metallico, mi ha fissato pochi attimi, mi è passato accanto e dicendomi:
"Benvenuta al circo..." A bassa voce, in modo che solo io potessi sentire, ha infilato la porta di uscita ed è scomparso.
Ho avuto solo il tempo di vedere le sue spalle prima che la porta si richiudesse e poi basta. Silenzio. Lontananza. Assenza.
Mentre salgo in ascensore verso il quinto piano dell'ospedale tutto ripassa nella mia mente. Non ci rifletto troppo, non voglio fermarmi a pensarci né a chiedermi cosa voglia dire o non dire questo atteggiamento, questo suo modo di fare, in fondo non ho diritto di farlo, non solo per un cioccolatino con un biglietto lasciato sul mio letto.
"E dovrei essere innamorata di lui...ma per favore?"
"Non servono queste pseudo scuse per negare l'evidenza..." L'omino decide di rifarsi sentire e io decido di ignorarlo facendogli mentalmente il dito medio!
Non sono scuse è certezza. Non posso e non voglio nemmeno pensare di potermi frequentare una persona così scostante.
"Perché tu invece sei sempre coerente nei tuoi comportamenti"...sibila l'invertebrato.
"No! Appunto! Vedi che sarebbe un caos inutile?"
Esco dal l'ascensore sperando di essermi lasciata il mio grillo parlante alle spalle.
Infilò la porta del mio ufficio mentre penso ancora una volta che almeno lì mi sento a casa. Ma, pur non volendolo, mentre infilo il camice mi ritrovo a pensare ancora a lui. So che è in Argentina, in ritiro con la nazionale ormai da quasi una settimana è ancora per la prossima. Chissà come deve sentirsi a tornare nella sua terra, dove è cresciuto, dove ha vissuto per tanto tempo e dove ha anche sofferto.
"Per fortuna che non ti interessa?" L'omino è sempre all'erta.
"È solo curiosità niente di più!"
"Certo! Come no!...tu cosa faresti al suo posto?"
Mentre mi guardo allo specchio sistemandomi i capelli rifletto sulla domanda del mio amico inconsistente e la risposta arriva chiara, chiarissima nella mia mente.
"Cosa fare io? Andrei a trovare la persona che mi manca di più al mondo!"

L'altro battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora