Giorno 2: Resa e difesa (terza parte)

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Riapro gli occhi e Paulo non è più al mio fianco. La stanza e' quasi buia anche se qualche raggio del giorno filtra dalle persiane chiuse.
Guardo il telefono per vedere che ore sono.
Le 14.30! Ho dormito sei ore filate! Era un sacco di tempo che non facevo una sonno così lungo è talmente ristoratore!
Mi alzo, mi dirigo in bagno e mi rivesto mettendo i leggins e la maglia della sera prima con lo scaldacuore .
Devo visitare Alicia. Ho saltato l'aggiornamento mattutino sulle sue condizioni con Anna, ma sono certa che è stata informata della mia presenza in ospedale nella notte appena trascorsa.
Prendo il telefonino che Paulo mi ha lasciato sul comodino. Miranda mi ha mandato un messaggio per dirmi che la febbre di Isabella è scesa a 36.8 all'ultima misurazione, il che mi dà un gran senso di sollievo.
Appena metto piede in soggiorno trovo Alicia, vestita con una tuta grigia e rosa che sta sparecchiando qualcosa che era sul tavolo.
Quando mi vede, il suo volto si allarga in un sorriso caldo e dolcissimo. Da quello che posso vedere sta decisamente meglio.
"Ahi hija! Como estas?...ti sei riposata?" Mi domanda mentre si avvicina a me a braccia tese.
Mi prende il viso tra le mani e mi posa un bacio delicato sulla guancia con quel modo di fare che solo una madre può avere, poi mi stringe piano in un abbraccio a cui rispondo automaticamente.
Quanto tempo è passato dall'ultimo abbraccio con mia nonna?! È il temine di paragone che mi viene subito alla mente, l'unico che per me sia vicino a qualcosa di simile ad una madre.
Mi fa una carezza sui capelli.
Mi scosta leggermente e mi guarda in faccia con lo sguardo attento.
"Paulo mi ha detto che cosa è successo stanotte...ah Dios! Che ingiustizia...come sta la ragazza?"
"Sembra stia un po' meglio...la febbre è scesa...ha avuto un arresto cardiaco, ho dovuto rianimarla e nel fare il massaggio le ho rotto una costola...come se non bastasse quello che già ha...comunque è in rianimazione in coma farmacologico per sicurezza..."
"Sono certa che hai fatto tutto quello che potevi e dovevi fare..."
"Lo spero..."
"Hai riposato almeno un po'...per fortuna Paulo ti ha dato il suo letto! Ci mancava solo dovessi dormire sul divano dopo una nottata come questa!"
Penso al tempo trascorso insieme poche ore prima e dentro so che ha fatto molto più che cedermi un letto.
"Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa? Dovresti...siediti, oggi ti servo io...sto molto meglio sai? Ho anche fatto un dolce mentre dormivi! Hai mai mangiato il "dulce de leche?"
"Alicia , non dovresti stancarti troppo, sei ancora convalescente...domani abbiamo la visita con la dottoressa Bernanrdi  e voglio che tu sia al meglio..."
"Sto bene! Alla mia età, dopo tre figli so quando sto male e quando invece sto bene...adesso siediti e permetti che sia io a servirti per una volta in questi giorni!"
Sposta la sedia dal tavolo e mi costringe delicatamente, ma con fermezza, a sedermi. Si vede che sta meglio, così come è evidente la sua abitudine ad essere una madre di famiglia, di quelle a cui non sfugge niente, di quelle forti, che sanno sempre cosa fare e se cadono si rialzano in fretta perché non c'è molto tempo per rimanere a terra.
La guardo muoversi in cucina con sicurezza.
"Caterina, hai mai bevuto il "mate"?" Mi chiede voltandosi verso di me con un sorriso.
"No, mai...ne ho sentito parlare...so che Paulo lo beve ma non ho mai provato a berlo"
"Ah, Dios! Paulo non ti ha mai offerto un "mate", ti fa dormire sul divano quando sei qui per aiutare sua madre...quando torna mi sente! Ma non gli ho insegnato niente davvero!"
Il suo modo di parlare con quella marcata cadenza spagnolo tanto simile a quella di Paulo mi fa ridere. Riesco a immaginarmela crescere tre figli e non fargliene passare una liscia, sempre con grande amore, lo stesso che ci mette oggi. Capisco perché Paulo ha tanta paura di perderla, non può essere diversamente.
Ciò che fa mi incuriosisce, forse perché la  presa di consapevolezza del sentimento che provo per lui mi spinge a sapere di più di quello che gli piace, sotto tutti i punti di vista, anche quello culinario.
"Mi fai vedere come si prepara il "Mate"? Le chiedo alzandomi e avvicinandomi a lei.
"Certo! Vieni...intanto devi mettere a bollire l'acqua, deve essere bollente...poi devi preparare la tazza, si dice così in italiano vero?"
"Si, si dice così...ma è una tazza particolare vero?"
"Si, si chiama "Bombilla"...poi devi mettere l'erba "Mate"...in realtà è un tè con un basso contenuto di caffeina quindi noi lo beviamo a tutte le ore..."
"Si può zuccherare?"
"Claro! Paulo per esempio lo addolcisce con il fruttosio...è sempre attento agli zuccheri e alle calorie..."
Lo dice con un sorriso dolce e ho l'impressione che nella sua mente passino ricordi e pensieri, tutto condito da quel infinito amore materno.
Il bollitore scatta e l'acqua è pronta.
"Si leva la cannuccia di metallo, ha un filtro per non far passare le foglie...poi devi versare piano l'acqua calda, dall'alto verso il basso...un po' come nel te marocchino hai presente?"
"Si, per ossigenare giusto?"
"Esatto! Una volta versata l'acqua, rimetti la cannuccia e si può bere, se ti piace bollente...ma e' buono anche tiepido..."
Rimette la cannuccia al centro e mi porge la tazza.
La sua consistenza non lascia passare troppo il calore e quindi tenerla in mano non è un problema.
"Assaggia..." Mi incoraggia Alicia con un sorriso.
Poso le labbra sul tubicino metallico e iniziò a succhiare, un po' dubbiosa sul fatto che le foglie vengano fermate dal filtro.
Il gusto che mi arriva alla bocca è quello di un tè aromatico, forse con un retrogusto amarognolo ma piacevolissimo.
"Uhm...è davvero buonissimo! E non è memento troppo caldo...incredibile"
"Sono contenta che ti piaccia...e adesso ti faccio assaggiare anche El dulce de leche...vai a sederti"
Obbedisco, portandomi dietro la strana tazza per questa bevanda altrettanto particolare.
Mi siedo sul divano, ho voglia di stare comodo. Appoggio i piedi scalzi sulla penisola e la testa ai cuscini che ho dietro la schiena.
Mi ritrovo a pensare che questa situazione è veramente strana, quasi paradossale.
Potrebbe essere qualcosa di normale se io e Paulo fossimo insieme, se tutti sapessero che tra di noi esiste qualcosa...un qualcosa che fosse amore da entrambe le parti. Sarebbe la regola pensare che in fondo Alicia sarebbe una "suocera", con cui probabilmente andrei anche d'accordo.
Tutto però è condito dai "se" e dai "sarebbe", un misto di ipotetico e condizionale che nella realtà non ha nulla di vero su cui basarsi.
Mentre la mia mente continua a girare e rigirare su questi pensieri, Alicia ritorna portando con se una fetta di dolce farcita con la crema de leche.
Il gusto è a dir poco squisito, qualcosa di dolce che si scioglie in bocca.
Il nostro pomeriggio trascorre così, tra una chiacchiera e l'altra, in modo rilassato, come se ci conoscessimo da tempo.
Alle cinque decido che è ora di sottoporla alla visita e lei non fa nessuna protesta.
L'addome è tornato trattabile alla palpazione e senza dolori particolari, la febbre è sparita e la pressione è quasi perfetta.
Chiamo subito Anna per aggiornarla, anche lei sembra contenta di sentire le notizie che ho da darle, mi dà appuntamento alle undici della mattina dopo per la visita che sarà sicuramente una formalità.
Tornando in soggiorno trovo Alicia al cellulare mentre scrive un messaggio.
"Paulo sta tornando...l'allenamento è finito..."
"Bene! Allora posso provare a preparare io il "Mate"...così vediamo se sono stata una allieva attenta!"
Lei ride e fa cenno di sì con la testa. Vado in cucina e faccio gli stessi gesti che ho visto fare a lei.
Mi guarda sorridente mentre metto le foglie nella "Bombillia".
"Se è per Paulo devi metterne un po' di più..." mi dice guardandomi con un sorriso caldo e uno sguardo che...sembra volermi dire qualcosa...e quel qualcosa mi fa salire una vampata al volto costringendomi ad abbassare lo sguardo. Avrà intuito? Forse ha sentito dei rumori...e quel pensiero raddoppia il calore sulle mie guance! Non sono pronta a pensare che possa averci sentito stanotte quando facevamo...o stamattina presto, nella vasca.
Tutto in effetti è possibile...
"Oh, dai...è stata giovane anche lei! Non dirmi che ti vergogni? Poi, secondo me lei suo figlio lo conosce bene...e ti dirò che tu le piaci...e se la cosa tra voi dovesse diventare ..."
L'inconsistente invertebrato si fa sentire dopo ore di silenzio. Le sue parole non servono a tranquillizzarmi. Non gli rispondo, ma ciò che dice rimbalza nella mia testa come una pallina di gomma sul pavimento.
Faccio come mi dice Alicia, in modo automatico, senza badare attentamente ai miei movimenti.
Il bollitore scatta, mi avvicino per afferrarlo, come un automa, stando attenta a non incrociare lo sguardo di Lei che sta trafficando con il cellulare.
Sollevato l'elettrodomestico dal suo piedistallo mi appresto a versare l'acqua nella tazza. Lei poggia sul ripiano il telefono.
"Todo bien?" Mi chiede piano poggiandomi una mano sulla spalla "...sembri pensierosa..." Continua in modo più serio.
"Si...si, tutto bene...stavo pensando a Isabella..." Dico cercando di dissimulare il mio imbarazzo e il fatto che quelle domande continuino a rimbalzarmi nella testa.
"Oh, chica! Ci credo... hai fatto tutto quello che potevi fare e Isabella è in ottime mani!" Pronuncia le parole avvicinandosi a me, stringendomi le spalle in un leggero ma affettuoso abbraccio.
Mi rendo conto che ha detto gli stessi identici termini, che ha pronunciato Paulo questa mattina e non so perché mi sale un nodo alla gola e le lacrime agli occhi.
Mi sposta un po' i capelli per vedermi in volto. È una donna, ed è una madre e le donne madri sanno quando le barriere stanno per frantumarsi lasciando uscire un fiume di lacrime come uno tsunami inatteso.
Io non l'ho avuta una madre. E in questo momento sento profondamente la mancanza di mia nonna, l'unica donna che sapesse leggere tutto quello che c'era nel mio universo  senza che io parlassi.
La mano di Alicia si posa al centro della mia schiena, l'altra arriva sotto il mio mento e mi costringe a voltarmi.
Appena guardo il suo viso, la diga cede e un singhiozzo che squarcia il mio silenzio doloroso scatena tutte le lacrime che ho trattenuto credo, per anni.
"Ahi! Mi chica linda...va tutto bene...piangere aiuta non ti preoccupare..."
Mi stringe in un abbraccio tenero, materno, che sa di comprensione e di famiglia e la cosa amplifica ancora di più il mio senso di vuoto.
Ricambio l'abbraccio poggiando il volto sulla sua spalla. La sento che mi accarezza i capelli e mi sussurra qualcosa in spagnolo.
E continuo a piangere. Piango per Isabella e l'ingiustizia che subisce ogni giorno. Piango per la mancanza di mia nonna e per tutto quel mondo che rappresentava per me. Piango per tutte le volte che ho dovuto essere forte e avrei solo voluto rintanarmi nel mio dolore. Piango per ciò che sento di provare per Paulo e che non dovrebbe esistere. E alla fine piango per me stessa, per ciò che mi porto dentro e che non voglio rivelare a nessuno, piango per ciò che ho perso tempo fa e non può tornare, piango per tutte le volte che mi sono sentita incompleta, vuota, distrutta da un destino beffardo e ingiusto. Piango per ciò che non potrò avere e non potrò mai dare.
"Quanto è dura essere donne in un mondo di uomini eh? A volte solo le lacrime possono aiutarci a ricostruire quello che portiamo dentro...ma tu sei giovane, tu hai tanto da costruire, tu puoi combattere e vincere, anche se hai scelto una strada molto complicata..."
Mi alzo cercando di darmi un contegno.
"Scusami...non so cosa mi sia successo...io non piango mai...e ti ho bagnato tutta la felpa..." Parlo cercando di trovare un tono fermo nella voce, asciugandomi le lacrime con le mani e tirando su con il naso come se avessi quattro anni.
Lei mi sorride e mi porge un pezzo di scottex.
"Non preoccuparti, la felpa si sistema...hai trattenuto anche troppo queste lacrime, era ora di farle uscire..."
La ascolto e mi soffio il naso, ora so da chi viene l'innata sensibilità di Paulo, quel sesto senso che mi spiazza quasi sempre.
Prende il mio viso tra le mani e mi guarda dritta in faccia.
"Sei così bella...la vita ti darà anche quello che sembra ti abbia tolto, vedrai! Le persone che ti incontrano sono fortunate, come l'uomo che un giorno ti starà a fianco..." Mi dà un bacio sulla fronte, uno di quelli che solo una mamma ti dà dopo che magari hai pianto per un brutto voto o perché il tuo primo fidanzato ti ha lasciato e tu dichiari di non voler saper più niente dell'amore.
"Adesso vai a lavarti il viso..."
Faccio come mi dice. Entro nella stanza di Paulo e vado dritta in bagno. Lo specchio sopra il lavandino mi rimanda un immagine di me che non conosco.
Gli occhi lucidi, la faccia arrossata, i singhiozzi che ancora vorrebbero uscire ma che riesco a trattenere.
Non sono io. Non sono più io. Tutta questa situazione ha ribaltato il mio mondo. Le mie certezze. Mi sta rendendo troppo vulnerabile. Sono diventata troppo, decisamente troppo vulnerabile.
"Togliere quella corazza forse non è stato un male, non credi? Forse era tempo..."
"No! Non è tempo! Non può esserlo...e non lo sarà mai!" Rispondo rabbiosa all'invertebrato che resta muto e un po' intimorito dalla mia reazione.
L'acqua fredda che mi gettò in faccia serve solo ad attenuare i segni che ho fuori e dentro di me.
Mi guardo di nuovo e prendo all'istante la mia decisione.
Esco dal bagno,  afferrola la mia piccola valigia. Raccolgo le poche cose che ho in giro. Piego la sua felpa che ho indossato stanotte per andare in ospedale. Mi sfilo i leggins e mi metto i jeans, le scarpe da ginnastica e sono pronta.
"Stai scappando?" Mi chiede l'omino con calma.
"Ho bisogno di prendere le distanze...tornare nel mio ambiente...non posso restare qui, non sono lucida..."
"Stai comunque scappando dalla tua presa di coscienza...puoi tornare a casa...ma non cambia il fatto che hai capito di amarlo..."
Ha ragione. Ma non posso restare. Sono troppo in balia delle mie emozioni e non lo sono mai stata, ho sempre saputo gestire i miei sentimenti, con lui non ci riesco.
Non riesco ancora a mettere insieme tutto quello che provo e se restassi...se restassi finirei per perdere qualsiasi controllo, per lasciarmi andare del tutto, finirei di nuovo nel suo letto e stavolta con la sicurezza che non è per nulla sesso quello che farei con lui, farei l'amore fino a confessargli tutto quello che sono, che non sono e quello che provo. E comunque anche andarmene mi provoca un dolore lacerante. La mia anima spezzata tra sentimento e ragione. Tra resa e difesa.
Prendo la borsa ed esco. In soggiorno Alicia è seduta sul divano. Appena mi vede mi guarda intensamente. Sembra capire che cosa provo, i suoi occhi mi indagano. Ha un leggero sorriso e io mi sento quasi in colpa.
"Hai deciso di riprenderti il tuo spazio...hai ragione!" Dice pacatamente.
"Alicia, io..."
"Non mi devi dare nessuna giustificazione, hija! Hai fatto anche troppo per noi e l'ultima notte non deve essere stata facile...non potrò mai ringraziarti abbastanza"
Non so cosa dire.
"Ho bisogno di riposare...non è una scusa...e domani sono di turno..."
"Capisco perfettamente" mi dice, si avvicina e mi poggia, ancora una volta, un bacio sulla guancia.
"Ci vediamo comunque domani con Anna per la tua visita"
"Certo!"
In quel istante, la porta di casa si apre e un vociare entra nella stanza.
Ci giriamo all'unisono. Paulo è davanti a tutti. Il suo viso mi sembra leggermente tirato.
Oltrepassa la soglia della porta e dietro di lui vedo apparire altri due uomini e mi ci vuole poco a copire che sono Gustavo e Moreno.
Il secondo l'ho già incontrato e il primo somiglia vagamente ad Alicia.
"Mis hijos! ¿Que estás haciendo aqui?"
"Estamos aquí para a ti mamá" Gustavo le va incontro e la abbraccia forte, lei ha le lacrime agli occhi per la sorpresa.
Anche Moreno la abbraccia e lei li bacia tutti con lo stesso identico amore.
Ma le sorprese non sembrano finire. Oltre le spalle di Moreno intravedo una figura femminile.
Paulo è fermo a lato della porta. Lei entra e non ho bisogno di aspettare nemmeno un attimo per riconoscere la figura di Antonella.
Varca la soglia di casa come se fosse abituata a stare lì, ma in effetti, devo ammettere che lei è abituata a stare lì, ci ha abitato per parecchio tempo.
Alicia sembra sorpresa di vederla.
"Antonella! Anche tu qui..."
"Ma certo! Moreno mi ha detto che cosa è successo..."
Le va incontro e la bacia sulle guance. Antonella ha posato per terra la sua valigia, al braccio tiene una borsa nera di Michael Kors. Dopo aver salutato Alicia si sposta i lunghi capelli perfettamente stirati con un gesto leggermente civettuolo.
Paulo è rimasto sulla porta che ora è chiusa, mi lancia uno sguardo che non riesco a interpretare.
Decide di intervenire.
"Scusa il ritardo má! Ho dovuto recuperare il resto dei tuoi figli dall'aeroporto..."
"Cioè i tuoi fratelli!" Risponde lei sorridendo
"Così pare..." Dice stavolta sorridendo un po'.
Io rimango ad osservare la scena, spettatrice inopportuna di quel quadro famigliare.
Vorrei defilarmi velocemente e anche in modo invisibile ma non è un opzione praticabile.
Ad accorgersi della mia presenza mettendomi al centro dell'attenzione è proprio lei, Antonella "dai perfetti capelli".
Alicia però la precede.
"Lei è Caterina..." Ma non fa in tempo a terminare la frase che la voce sottile e leggermente tagliente dell'argentina la interrompe.
"Alicia! Se avessi saputo che eri costretta a prendere una badante, sarei venuta subito...ma Paulo non mi ha detto nulla quando glielo ho chiesto..."
A quelle parole cala il silenzio più totale nella stanza.
Alicia è pietrificata. Moreno è quasi sbiancato. Gustavo ha la faccia a punto di domanda e Paulo...
Paulo le lancia uno sguardo che potrebbe incenerirla all'istante.
Il sangue prende a scorrermi nelle vene a velocità supersonica, arriva al mio cervello come una scossa.
Prima che lei possa parlare ancora, Paulo interviene.
"Antonella! Ma come ti viene in mente che possa essere una badante...lei è ..."
A quel punto il mio cervello è in pieno lavoro e il mio omino sta sputando fumo dalle narici e dalle orecchie.
"Signor. Dybala non si preoccupi..." Faccio una passo nella direzione di Antonella che è notevolmente più bassa di me anche se indossa i tacchi e io le scarpe da ginnastica.
"Posso presentarmi da sola...sono la Dottoressa Donati...ortopedico di professione e membro dello staff medico della Juventus per hobby, pare...." tendo la mano e lei la stringe in modo automatico ma poco naturale. Il suo sorrisetto è ancora presente ma meno sicuro di prima. Molto meno sicuro. So che il suo cervello sta recependo ciò che ho detto e sovrapponendo la mia immagine a quella del medico della squadra che può entrare negli spogliatoi.
"Piacere, Antonella..." Dice, con voce più bassa è incerta.
Stringerle la mano è come toccare una sogliola, molle e sfuggente.
"Bene...Alicia, ora che è arrivata la sua "infermiera privata" posso lasciarla godersi la sua famiglia..."
"...ma io non sono un infermiera professionista...e non volevo offenderla, Caterina giusto?" Parla ancora l'Argentina cercando di dissimulare il brutto colpo che le ho inferto con le mie credenziali.
"Oh, credevo lo fosse...beh, in ogni caso IO invece, sono davvero un medico e direi che qui ho finito il mio turno...per il resto può chiamarmi dottoressa Donati" Dico mentre mi dirigo a prendere la mia valigia.
Nella stanza e' calato il gelo. Moreno si passa una mano sul volto. Gustavo, imbarazzato ha messo le mani in tasca. Paulo mi segue cercando di prendere la mia valigia, ma io sono più rapida.
"Grazie, posso fare da sola..."
Il suo sguardo e torvo, non è per nulla tranquillo ma francamente sento di potermene infischiare altamente.
Alicia si avvicina e mi posa una mano sulla spalla.
"DOTTORESSA, ci vediamo domani mattina...la ringrazio veramente per tutto..."
Scandisce quel dottoressa in modo preciso e squillante,  perché nessuno abbia più il minimo dubbio sul mio ruolo in quella casa, o per lo meno sul ruolo che ho avuto.
Intravedo Antonella arrossire leggermente mentre distoglie lo sguardo e posa la sua borsa sul divano. I due fratelli parlano tra loro a bassa voce, non posso sentire cosa si dicono.
"Paulo, accompagna la dottoressa alla macchina" Dice Alicia, quasi sillabando altrettanto precisamente quelle parole, che non sono una richiesta, ma in realtà un preciso ordine da eseguire.
Lui risponde solo con un laconico, quanto scontato, "certo"
Rivolgo un cenno di saluto a tutti, o almeno a chi vuol riceverlo e contraccambiarlo, poi, con la mia valigia tra le mani e la presenza di Paulo alle spalle mi dirigo sicura verso la porta.
Il battente si chiude alle nostre spalle e lui va dritto al pulsante dell'ascensore. Io d'istinto invece infilo le scale e iniziò a scendere, se crede che passerò con lui anche solo il tempo di un tragitto, chiusa in una scatola di poco più di un metro si sbaglia di grosso.
Ad ogni gradino sento salire la rabbia. So che mi sta seguendo e questo aumenta la mia irritazione.
Non mi volto. Non mi fermo. Scendo dritta verso l'uscita. Lui non dice una parola, ovvio, ci sono troppe porte e troppe orecchie pronte ad ascoltare lungo quelle scale, non si metterebbe mai a discutere in quel luogo e questo mi fa capire quanto può essere calcolatore nelle sue mosse.
Il mio omino è teso almeno quanto me, continua a camminare avanti e indietro sul suo immaginario pavimento, con le braccia dietro la schiena e lo sguardo preoccupatissimo perché sa, lui lo sa, che sono una bomba ad orologeria pronta ad esplodere con conseguenze che sono inimmaginabili.
Arrivo davanti alla porta che da sul retro e la apro immediatamente, dalla borsa ho estratto le chiavi della macchina, spingo il tasto facendo alzare il portellone e gettandoci dentro la valigia.
Mi dirigo alla portiera del guidatore pronta a salire e ad andarmene il più in fretta possibile, ma stavolta, non ho via di scampo. Paulo si è piazzato davanti alla porta.
"Puoi cortesemente spostarti?" Domando ben sapendo che la mia richiesta non sarà ascoltata.
"Tu puoi CORTESEMENTE fermarti un attimo?"
"NO! Mi sono fermata anche per troppo tempo...e non avrei dovuto..."
Sospira. È nervoso.
"Caterina...por favor...ascoltami....o se non vuoi ascoltarmi, PARLA! Habla..."
"Cosa vuoi che ti dica? Che mi ha fatto piacere incontrare la tua fidanzata? ...e farmi prendere per il culo da lei! MI HA CHIAMATO BADANTE!!! Non so se te ne sei reso conto...e adesso levati dalle palle..."
Gli do' uno spintone sul petto per allontanarlo, ma riesco a spostarlo solo di qualche centimetro.
Prima che possa ritirare le braccia riesce ad afferrarle e a trascinarmi nel garage che chiude subito alla nostre spalle. La luce si accende automaticamente e vorrei che il buio che ci avvolgeva fuori proseguisse anche dentro quelle mura.
La luce fredda e tagliente mette in risalto ogni segno sul mio volto e lui non ci metterà molto ad accorgersene.
Tento di spiegarlo di lato per uscire senza riuscirci. Senza applicare troppa forza riesce a riprendermi e a spingermi con le spalle contro la porta del garage e li capisco di non aver più via di scampo.
Si para di fronte a me con tutto il corpo, mi tiene ferme le braccia con le mani, chiudo gli occhi appoggiando la testa al battente.
"Puoi stare ferma ora!?...sei proprio selvatica!"
Respiro profondamente. Cerco di prendere tempo come se potesse servirmi a qualcosa.
"Mi dispiace per quello che ha detto Antonella...non doveva permettersi...non aveva alcun diritto...ti chiedo scusa io per lei..."
Mi viene da ridere. Una risata isterica, che mi parte dalla pancia. Rido. Tenendo ben chiusi gli occhi e scuotendo la testa per coprirmi il volto con i capelli.
Sento che allenta la presa sulle mie braccia. Ma la mia è una risata amara, che preannuncia il ringurgito di bile che mi sta salendo dallo stomaco dritto al cervello.
"Posso sapere perché ridi?"
La sua domanda scatena tutta la mia ferocia.
Con uno strattone mi libero della sua presa. Non se lo aspetta, lo spingo ancora con le mani sul petto, ma stavolta la rabbia mi dà la forza che mi serve ad allontanarlo.
La mia spinta gli fa sbattere la scienza sul posteriore della Maserati parcheggiata.
"Vuoi sapere cosa ho da ridere? Tu mi chiedi scusa per quello che mi ha detto la TUA ragazzina? E a cosa mi servono le tue scuse...a NIENTE! Me ne sbatto delle tue parole! Non sarà lei a prendermi in giro e tanto meno lo permetto a te..."
"Non ti ho mai preso in giro..."
"Stai zitto! Non dovresti nemmeno essere qui perché te l'ha detto la mamma..."
"Credi che ti avrei lasciato andar via così..."
"Perché non avresti dovuto? Hai riunito la tua famiglia, con la tua donzella al seguito..."
"No! Questo no! Nn sapevo che sarebbero arrivati fino a un'ora fa! Volevano fare una sorpresa a mia madre...e tanto meno sapevo che con loro ci sarebbe stata anche lei...probabilmente è  una brillante idea di Moreno..."
"Ma non mi dire! Tuo fratello oltre che tuo procuratore si occupa anche dei tuoi problemi di cuore?"
"Non hai idea di quanto possa essere invadente la mia famiglia..."
"Dovrei provare pena per te?"
"Potresti provare a capire..."
"Capire cosa Paulo? Che non sei in grado di scegliere? Che non riesci a liberarti del passato? Che ti diverte stare con i piedi in due scarpe o forse anche di più..."
"La mia storia con Antonella è FINITA! FI-NI-TA!!! Non c'è più niente tra noi...lei non doveva essere qui stasera e non resterà a casa mia ancora per molto" i suoi occhi sono cupi e rabbioso mentre parla, ma non mi interessa.
"Ti consiglio di ripeterle quello che hai appena detto a me perché lei non lo ha capito!"
"Lo sa benissimo! Ma ci riprova con l'appoggio di mio fratello..."
"Dovresti essere un po' più chiaro con le persone...e ora se nn ti dispiace me ne andrei"
Mi volto per uscire ma la scena è sempre la stessa, io che cerco di andarmene e lui che di nuovo mi afferra e mi blocca.
"Anche tu potresti essere più chiara...non trovi? Un attimo sei tranquilla e amorevole...l'attimo dopo sei una tigre pronta a squartare chi ti sta davanti...perché non provi ad essere...."
"Essere cosa Paulo? Una delle tue donnine che dicono solo "si, certo...tutto quello che vuoi!"...non l'ho mai fatto e non lo farò adesso...non mi interessano i tuoi soldi, né la tua fama...se vuoi una donna così devi solo fare le scale e tornare  in casa tua!"
"Cosa vuoi? Caterina, cosa vuoi davvero?"
"In questo momento solo andarmene lontano da te"
Su quelle parole lo vedo guardarmi con attenzione in faccia.
"Hai pianto? Perché?" Mi chiede più calmo.
Cerco di spostare la faccia nascondendomi ancora con i capelli ma non serve.
"Guardami! Perché hai pianto?"
"Non sono affari tuoi!"
"Si invece...tutto quello che ti riguarda mi interessa, tutto di te mi interessa...non sai quanto..."
"Non voglio parlarne..."
"Come sempre...quando arriverà il momento in cui smetterai di lasciarmi fuori...di tenermi lontano come un nemico..."
Non ho risposte da dare e non voglio trovarle, lo guardo, sentendo che una parte di me  vorrebbe aprirsi e l'altra sbatterlo fuori dalla mia vita.
In quel preciso istante, su quel pensiero, un dolore lancinante mi trafigge l'addome, tra i reni, l'intestino e lo stomaco.
Ho l'impressione che una lama mi stia trapassando ma sfortunatamente è un dolore che conosco già.
La fitta però è forte e piuttosto lunga.
Mi piego su me stessa cercando di resistere a quel dolore.
"Caterina! Cos'hai? Che succede..."
La sua voce è angosciata e mi arriva come fosse lontanissima mentre cerco di concentrarmi per arginare il dolore.
"Cate...mi amor...dimmi qualcosa, ti prego...che succede"
Raccolgo le forze per parlare.
"Calmati...stai calmo Paulo! Mi è già successo...mi succede spesso...purtroppo...ora passa...mi siedo e mi passa..."
Seduta sul pavimento del garage, con la schiena appoggiata ancora alla porta cerco di respirare profondamente.
Sento che il viso si sta imperlando di sudore.
"Ti prego Caterina...dimmi che succede...amore mio..."
Non riesco a parlare. Lo vedo alzarsi e aprire il baule della macchina, estrae un borsone e da quello un asciugamano. Si avvicina e tampona il mio viso con la spugna.
La fitta sta lentamente passando e cerco di riprendere a respirare normalmente.
"Ci sei Cate?"
"Si, più o meno...ora va un po' meglio..."
"Dimmi cosa possa fare..."
"Puoi fare solo una cosa...aiutarmi a salire in macchina e lasciarmi andare a casa..." Lo dico con le poche forze che ho in questo momento.
"No, mia piccola selvaggia...se vuoi tornare a casa ti ci porto io, ma da qui, da SOLA non te ne vai!!" La sua voce è ferma e so che non ho alternative.
"Va bene...basta che mi porti a casa mia!" Non ho forza per lottare in questo momento, il compromesso è tutto ciò che posso ottenere, ma non è una resa.

Spazio autrice
Care amiche,
Manco da un po' e mi scuso per l'assenza. Questo capitolo mi ha richiesto tempo (pensieri e qualche ripensamento).
Come potete vedere il risultato è una parte più lunga del solito, non che lunghezza sia sinonimo di "bellezza" ma è nato così, con qualche difficoltà nel capire che cosa Caterina e Paulo vogliano...francamente non so come giudicare questo ultimo scritto quindi lascio a voi il compito. Attendo, come sempre, le vostre ⭐️ e soprattuto i vostri commenti. Vi abbraccio forte. Velmachelly

L'altro battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora