3. An absent-minded fallen Thomas

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Mi sveglio con un saporaccio in bocca e con lo stomaco che brontola in modo sinistro.
Mi accorgo, controllando il display del cellulare, che sono le due del pomeriggio.
Scendo in cucina senza prendermi la briga di vestirmi, anche se sono solo in mutande le temperature sono abbastanza gradevoli da essere appena sopportabili.
Credo di avere un aspetto un po' ridicolo così.
Mangio le prime cose che trovo in frigo senza preoccuparmi di cosa siano o di che sapore abbiano, per quanto ne so potrei star mangiando acciughe e gelato, o ananas e pizza.
Finisco il mio pasto in poco tempo e mi aggiorno su quello che è successo a scuola, posso ancora chiamarla così o non rende l'idea?
Certe volte mi pongo domande strane, o senza senso, nonostante io sappia che nessuno potrà rispondermi nella mia stessa testa.
Minho mi fa sapere che non ha seguito nulla dei corsi, si è limitato ad annoiarsi su una sedia; Brenda mi fa notare che sono stato un completo idiota a non presentarmi, ma poi si scusa e mi chiede come sto. Le rispondo che sto bene e che mi sarei presentato per le attività sportive. Comunico lo stesso anche Minho e vado a lavarmi e ad indossare la mia tenuta sportiva, semplici pantaloni della tuta con scarpe da ginnastica e una maglia a maniche corte, poi prendo il borsone, e mi chiudo la porta di casa alle spalle.
In poco tempo arrivo al campo.
Minho è già li, pronto a sudare, che mi saluta con il suo solito sarcasmo.
"Sembri stare bene, non è che hai per caso deciso di tradire la tua ragazza?"
"Minho ho l'umore perfetto per tirarti un pugno sul muso. Ti conviene placare la fantasia, mi sono svegliato sì e no mezz'ora fa"
Ne ridiamo entrambi.
Conosciamo Alby, il capitano della squadra, che inizia a illustrarci i programmi. Io e Minho non abbiamo dubbi, saremo velocisti.
Quello che abbiamo sempre fatto insieme era proprio correre, ed è stato grazie al club d'atletica delle medie se ci siamo conosciuti. Sì, lo sopporto da molto tempo.
Ci riscaldiamo e risvegliamo i muscoli pronti per i primi giri di corsa.
Ci prepariamo sui blocchi di partenza: alla mia destra ho Minho, alla mia sinistra un ragazzo che credo si chiami Ben, ma non ne sono del tutto sicuro.
Siamo pronti a partire.
Sentiamo il fischio e partiamo come fulmini. Sfreccio sul terreno rossiccio, sento il vento sbattermi in faccia e fischiarmi nelle orecchie, sento i vestiti che si scontrano con la mia pelle e sento ogni singolo muscolo tendersi. Vedo anche la linea bianca che attraverso e arresto gradualmente la mia corsa.
Credo di aver fatto un buon tempo, arrivato quasi insieme a Minho.
Si decide per un'altro giro e poi un terzo.
Siamo di nuovo ai blocchi di partenza, sono pronto a sentire di nuovo le stesse sensazioni amplificate dal battito accelerato e dalle prime gocce di sudore che iniziano ad imperlare la mia fronte.
Attendo il fischio ma mi guardo prima intorno stavolta.
Il mio sguardo cade sulle tribune vuote, ma non lo sono del tutto.
Trovo quel ragazzo, sdraiato su un'asse della tribuna a pancia in giù, che scrive qualcosa su un raccoglitore grigio.
Sento il fischio in ritardo, mi volto di scatto verso il mio obiettivo, la pista che ho davanti, ma il momento di iniziare a correre mi ha colto troppo di sorpresa e inciampo sulle mie stesse scarpe sbattendo il viso contro il terreno.
Il dolore non è forte, è anzi quasi inesistente, ma non ho voglia di alzarmi. Mi giro a guardare il cielo e resto così, immobile, senza nemmeno un pensiero per la testa.
Tutto solo fino a quando gli altri non completano il giro e sono costretto a ritornare alla realtà, la stessa realtà che mi vede preso in giro dal mio migliore amico perchè sono, testuale, "caduto come una pera".
Mi aiutano a rimettere i piedi per terra e, dopo essermi spolverato i vestiti e scombinato i capelli con una mano, riprendiamo a correre aumentando di volta in volta il percorso da seguire.
Per i prossimi turni mi faccio il favore di non seguire altro con lo sguardo, di non tornare alle tribune, anche se la curiosità di sapere se quel tizio sia ancora lì, se stia ridendo di me, è dilaniante.
Quando Alby e il coach Janson hanno deciso di averne abbastanza di noi ci dirigiamo verso gli spogliatoi.
Quando esco, affiancato da Minho, il ragazzo sta passando davanti la porta con passo veloce. Ci scambiamo uno sguardo veloce.
"Bel volo, Thomas"
Lo dice con un'aria divertita, consapevole del fatto che non fosse nulla di serio, sfacciata e amichevole.
"Ciao, Newt"
Il mio tono è più monocorde, ma assume la dose perfetta di ilarità, tanta da far capire che sto fingendo di essere scocciato.
Se ne va sorridendo, a passo veloce, con il raccoglitore grigio sottobraccio.
"Ehi pive. Vedi di non rimpiazzarmi eh"
È Minho.

Evolved ||Newtmas|| ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora