Capitolo 18

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Bucky scese le scale così velocemente da rischiare di perdere l'equilibrio, una volta arrivato alla fine. Cercò Gamora in mezzo alla penombra, per due piani più in basso.
Alla fine la trovò seduta sul bordo di un gradino, rannicchiata alla parete bianca e ruvida quasi in posizione fetale. Le gambe sottilissime strette al petto, e sotto al mento le ginocchia spigolose. Le mani le coprivano il viso. Forse stava piangendo, Bucky lo capì difficilmente.
Le parve uno scheletro, prima di quel momento non aveva notato quanto si fosse gradualmente dimagrita. Trattenne un sospiro mentre si sedette vicino a lei, non troppo vicino. La compativa, ed era proprio quel sentimento a non fargli trovare qualcosa da dire.
Tutti d'abitudine si approcciano con formalità, come "andrà bene", "è solo un brutto momento", oppure "tirati su".
Bucky non aveva certe stronzate da andare a raccontare, né a se stesso, né a Gamora, né a nessuno.
Lei si accorse immediatamente della massiccia presenza di Bucky. Dapprima lo ignorò, poi, non potendo più sopportare quel silenzio snervante, tirò su col naso e si ricompose alla meglio. Raddrizzò la schiena, la canotta avrebbe dovuto andarle stretta per lo stile del capo d'abbigliamento, ma dal ventre le stava troppo larga, e le ossa della gabbia toracica sporgevano nel petto scollato, facendo da distesa infinita per quei seni talmente piccoli da non aver bisogno nemmeno di biancheria intima.
Stava iniziando a perdere i capelli, la sua fortuna era che quel groviglio scuro e rosa fosse davvero tanto voluminoso, e nemmeno la malnutrizione poteva renderla meno capelluta.
Bucky studiò velocemente un piano di approccio, che non sembrasse imbarazzante o inadeguato.
Si sfilò il cerchietto colorato dalla testa, poggiandoselo sulle gambe. Allungò la mano destra e la posò timidamente su quel di Gamora. Era talmente scheletrica da poter sentire tra le dita quelle nocche sporgenti e le falangi sottili.
Era gelida, quasi tremava.
Voltò lo sguardo pieno di collera verso Bucky, bagnando anche la sua immagine con il luccichio delle lacrime trattenute in quegli occhi.

«Sei per caso il loro piano di riserva?» domandò, tenendo la mano immobile, senza ricambiare la stretta.
«Non mi ha chiesto nessuno di cercarti, ho deciso io.» le rispose.
Gamora si morse il labbro secco. Il viso incavato da profonde occhiaie e gli zigomi sporgenti, come se fosse un cadavere.
«Ti sei accorto adesso della mia magrezza? Tsh, questa è la considerazione che ricevo...» con un gesto veloce scacciò via la mano di Bucky. Lui non si diede per vinto, battendo le dita della mano sinistra sul proprio ginocchio. Le cicatrici chiare brillarono come foglie d'oro. Gamora le guardò, zitta.

«Se non ti avessi considerata adesso non sarei qui, non pensi?» chiese Bucky.
«Non volevo prendermela con te. In verità, non voglio avercela con nessuno, è solo che mi sento un tale nervosismo addosso, i-io...» Gamora gesticolò, stringendo i pugni.
Bucky contò fino a tre, e poi lo disse. In totale, adesso, erano due le persone a cui aveva parlato della propria zavorra.

«Ti hanno spiegato la storia del mio braccio, no? So che si parla su certe cose, la gente è curiosa e vuole confrontarsi con altri pareri.» James nascose la propria mano colpita sotto una coscia. «Non pensare che io sia qui per convincerti a guarire, vedi da che pulpito viene la predica» si sforzò di sorridere per sdrammatizzare, alzando la spalla sinistra per indicare il braccio; «Ma non devi morire. Scegli di soffrire, ma non di morire.»
«Pensi che potrei morire? Sul serio?» Gamora rise nervosamente.
«È più semplice di quanto pensi. Un taglio troppo profondo, un digiuno più lungo del solito, ed ecco che ti ritrovi coperto da un lenzuolo bianco perché sei troppo freddo e non puoi più essere riscaldato.» Bucky si inumidì le labbra con la punta della lingua. Il rossetto di Steve lo aveva ancora un po' sbavato sulla bocca.
Gamora gli fece capire immediatamente quella punta di panico che stava per esploderle addosso. Era visibilmente scossa e arrabbiata, disperata con gli occhi cavati dalle lacrime. Le tremò il labbro, che morse per farlo smettere.

«Tu hai idea di quante calorie ci siano in un panino? 310! E in una fetta di crostata? Ce ne stanno 421! Io non posso ingerire tutte queste calorie! I-io...» gesticolò nervosamente, fino a quando mostrò le braccia nude davanti allo sguardo di Bucky. Così scarnite che il polso sembrava colpito da qualche forma di reumatismo, che lo rendeva tumefatto e sproporzionato. Invece era -solo- la troppa magrezza.
«Guarda queste braccia! Guardale! Se lasciassi prendere al mio corpo 310 calorie diventerebbero enormi, così terribilmente disgustose!» sbraitò lei.
Bucky si morse l'interno della guancia per trattenere la rabbia. Chissà se anche la gente, quando sentiva parlare della sua malattia, pensava a quanto idiota fosse nel creare così tanto scompiglio da solo, tutto merito della testa.
Gamora non aveva ferite esterne come le sue, non sanguinava sempre sotto la stessa esecuzione, eppure le sue lacrime somigliavano a quelle di Bucky.
Barnes mandò subito via quel pensiero di collera, quello che lo tentava a dirle "ti stai riducendo ad una carcassa, smettila e mangia una buona volta! Guarda me! Guarda come mi sto facendo male!".
Esatto, era lui che lo stava facendo, stava facendo lo stesso di Gamora. In una modalità diversa, naturalmente, ma i mezzi erano due, identici: la testa e il corpo.
La loro mente li aveva convinti di una cosa che doveva compiersi attraverso il dolore.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora