NCIS: Nesikha [COMPLETA]

9. Not Alone

TONY'S POV

"Sa cosa mi diceva sempre Ziva?"

Siamo su un aereo militare. Per Orli ci sono solo l'agente Ofman e Sarai, io non dovrei esserci. Voleva che indagassimo da Washington, come se fosse possibile.

Sarai è seduta accanto a me e sembra piuttosto provata dalle turbolenze, ma non lo da a vedere. Questo atteggiamento mi ricorda qualcuno.

"No" le rispondo.

"Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio andò ad aprire e vide che non c'era nessuno."

"Martin Luther King?"

"Già."

Non capisco perché mi abbia detto una cosa del genere, probabilmente voleva solo iniziare a conversare. Io ho tantissime domande da farle, ma per qualche strana ragione ho paura di conoscere le risposte. Dopo qualche minuto mi faccio coraggio.

"Tu sei una sorella di Ziva? Una cugina?"

"Nipote" mi lascia spiazzato, non pensavo che Ziva potesse avere una nipote.

Senza che alcun suono esca dalla mia bocca capisce quale interrogativo ho in testa.

"Mio padre si chiamava Ari Haswari, so che le ha fatto del male, anche se indirettamente, non era una brava persona. Non mi ha cresciuta lui, ma ho avuto modo di conoscere i suoi...colleghi."

Ari Haswari aveva una figlia. Vorrei riversare la mia rabbia nei confronti di quell'uomo su di lei, ma non ci riesco, non riesco ad associare le due persone.

Una domanda mi sorge spontanea "Quindi chi ti ha cresciuta?"

Dall'altro lato dell'aereo vedo Ofman guardarci di sottecchi. Il rumore copre le nostre voci e lui non riesce a capire cosa ci stiamo dicendo.

Sarai sorride amaramente "Mio nonno Eli e in parte anche Ziva."

Le sorrido di rimando, pensando a una giovane Ziva che gioca con una bambina, che la cambia e che le fa imparare cose nuove.

"Quanti anni hai?"

"Quasi quindici"

Quindi Ziva aveva all'incirca 17 anni quando è nata. La nostra conversazione finisce lì, ognuno perso nei propri pensieri.

Più di una volta cerco di addormentarmi, ma proprio non riesco a prendere sonno. Sarai accanto a me dorme già da un'ora e non posso fare a meno di soffermarmi su di lei. Quanto cavolo deve essere stata difficile la sua vita per trovarsi armata a casa di un uomo morto? Come deve aver sofferto per le perdite della sua famiglia mentre era sola al mondo? E Ziva in tutto questo dov'era? Perché non era dall'unica persona della sua famiglia rimasta in vita?

Uno scintillio attira il mio sguardo e solo ora noto il ciondolo al collo di Sarai, uguale a quello di Ziva. Devo interpretarlo come una risposta?

Una cosa però è sicura, ci sono cose che non capirò mai nella vita, cose che possono essere capite solo da chi le ha vissute in prima persona. 

Sarai si muove nel sonno, assumendo la stessa espressione che avevo visto a Ziva mentre dormiva. Come possono assomigliarsi così tanto?

Istintivamente mi tolgo la giacca e la copro con essa. Vorrei dirle che non è sola, così come feci con Ziva tempo fa. Dall'altra parte dell'aereo Ofman mi osserva guardingo, sta cercando di capire se si può fidare di me o meno.

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Arriviamo all'aeroporto di Tel Aviv a notte fonda, sarà l'una al massimo le due. Sarai si sveglia quando il carrello dell'aereo tocca terra non troppo dolcemente. Mi ridà la giacca e mi ringrazia imbarazzata.

Scendiamo dall'aereo ognuno con il proprio zaino in spalla. A qualche metro da noi sosta un SUV nero, l'unico mezzo di trasporto nelle vicinanze. L'unico problema è che per noi non è previsto alcun mezzo di trasporto.

"Maledizione, Mossad?" chiedo a Ofman.

Lui tira fuori la pistola dalla fondina, tenendola bassa "Non lo so" risponde. Si avvicina alla vettura e istintivamente tiro fuori la mia pistola.

Si abbassa un finestrino, sento dire qualcosa di incomprensibile, forse in ebraico, e poi uno sparo. In una frazione di secondo l'agente Ofman è a terra che spara colpi alla cieca mentre l'auto si dirige verso me e Sarai. Noi iniziamo a correre e io cerco di colpire le gomme dell'auto, ma noi non siamo abbastanza veloci.

Il SUV ci raggiunge e in qualche modo le persone al suo interno ci afferrano e ci buttano dentro per poi ripartire a tutta velocità.