11. I Bet My Life

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SARAI'S POV

Le ore passano inesorabilmente e non so dire con certezza da quanto tempo ci troviamo qua dentro, forse un giorno o una settimana. Non c'è ricambio d'aria e mi sembra di respirare sempre più a fatica. La polvere è talmente tanta da essere palpabile, persino nell'aria.

In questi momenti c'è solo una cosa che può farti sentire peggio, la tua testa. I pensieri, i ricordi, le paure vorticano furiosamente nella mia mente e pensieri totalmente sconnessi gli uni dagli altri si accavallano e rendono tutto più difficile. Vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di non pensare.

Hanno detto di non volermi uccidere, perché i soldi pagano più della vendetta. Dunque, chi potrebbe volermi morta più di loro? 

Sento Tony tossire e mi si forma un groppo in gola. Lui non sarebbe dovuto essere qui. Voglio avvicinarmi a lui, giusto per vedere in che condizioni è, voglio capire se almeno lui può riuscire a scappare. Mi alzo per andare da lui, ma un forte capogiro mi fa cadere di nuovo per terra, da quanto è che non mangio?

Mi avvicino strisciando e lui mi guarda, mi guarda con pena e impotenza. Chissà che cosa vede, chissà che faccia devo avere.

Con un sospiro di fatica mi appoggio al muro, vicino a lui "Non saresti dovuto venire" ho una voce così rauca che quasi fatico a riconoscerla.

Sorride amaramente "Non mi crederesti se ti dicessi che ho già sentito questa frase in una situazione simile."

Non capisco a cosa si riferisce ma si sbaglia, gli credo.

"E poi è solo questione di tempo" aggiunge "Gibbs ci troverà, prima del Mossad."

Il suono di un allarme ci fa sussultare, ed è come se mi fossi svegliata di colpo.

Fuori dalla porta si sente un gran frastuono, uomini che corrono, che gridano in arabo e ordini di prendere i prigionieri. Ci stiamo spostando.

"Troppo tardi, si stanno preparando a spostarsi, ho capito gli ordini."

Un uomo con un turbante avvolto su tutta la faccia entra improvvisamente, potrebbe essere un'occasione per scappare. Ha due sacchi in mano, ma non lascerò che ce li metta in testa.

Stranamente l'uomo guarda alle sue spalle e chiude la porta con un calcio.

Porta le mani avanti per far capire che non ha cattive intenzioni e in quel frangente riesco a riconoscere il braccialetto d'oro che porta al polso.

"Non fare niente" dico a Tony, il quale sembra aver già capito.

L'uomo si avvicina e ci copre il viso con i sacchi. Ci fa mettere in piedi, ma quando capisce che io non sono in grado di muovere un solo passo mi carica in spalla e ci muoviamo.

Tutto attorno a noi infuria il caos, ma nessuno ci ferma, sembra che non si siano accorti di noi.

Sento qualcuno in lontananza gridare "L'americano e la ragazzina sono scappati!", ma non ha più importanza, perché sento di nuovo l'aria fresca colpirmi il viso, anche attraverso il sacco. Dev'essere notte.

Vengo caricata in una macchina e finalmente posso scoprirmi il viso. La sensazione che provo è indescrivibile. Partiamo a tutta velocità mentre qualcuno ci spara a distanza. Alle nostre spalle improvvisamente un boato e una luce rossa che per qualche secondo copre tutto.

"E così era tutto calcolato" dice Tony dal sedile posteriore.

"Non proprio" Aaron si è tolto il turbante e l'ha buttato da una parte. Lo vedo che si gira a guardarmi, probabilmente è preoccupato.

"Come sei venuto a conoscenza del covo? E come sapevi che ci avresti trovati?" chiedo sinceramente sorpresa. Per la prima volta avevo pensato di non cavarmela, e invece eccomi qua.

"Seguivo da un pezzo questo gruppo in realtà. Appena tornato dall'ospedale ho chiesto in giro e chi seguiva la pista al mio posto ha notato degli spostamenti la notte in cui mi hanno sparato. Sentivo che vi trovavate là, non lo sapevo. Ah dimenticavo, piaciuto il soggiorno in Cisgiordania?"

"Vuoi dire che hai rischiato la tua vita per una sensazione?!" chiedo preoccupata.

"Già, è per questo che il Mossad non deve saperne niente." 

NCIS: Nesikha [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora