Capitolo quinto

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I suoi occhi si spalancarono alla vista del suolo che si avvicinava a tutta velocità e lui lanciò un urlo strozzato, certo ormai di diventare un tutt'uno con l'asfalto e di dover dire addio ai suoi giorni di gloria e al grande amore della sua vita. Qualcosa, tuttavia, gli si avviticchiò saldamente attorno ad una caviglia, strattonandolo verso l'alto e arrestando bruscamente la sua corsa verso un'orribile fine appena prima di diventare della stessa consistenza della marmellata.

   «Sul serio, chaton?» si sentì chiedere da qualche parte, più o meno in direzione del punto dal quale era precipitato giù come un sasso.

   «My lady!» chiamò lui, tirando il più grande sospiro di sollievo della sua vita. «Sapevo che saresti venuta! Sono troppo bello per morire!»

   Il filo dello yo-yo che lo aveva salvato da morte certa smise di tendersi e Chat Noir crollò a terra come un sacco di patate. Il rumore sordo di qualcosa che atterrava accanto a lui lo indusse ad alzare lo sguardo e i suoi occhi verdi percorsero le gambe affusolate della sua partner in tutta la loro lunghezza prima che lei si chinasse per districare la propria arma dalla sua caviglia e ripetere la domanda: «Sul serio? Ti sei davvero fatto intrappolare da una ciambella?»

   Accartocciato sull'asfalto con il busto e le braccia incastrati in quello che sembrava essere un enorme salvagente di pasta dolce, il giovane accennò un sorriso. «È una storia buffa.»

   «Non stento a crederlo», sospirò lei, aiutandolo a mettersi seduto e iniziando a sfaldare fra le mani la soffice ma spessa consistenza della ciambella. «Chi hai fatto arrabbiare, stavolta?» chiese poi, facendo inaspettatamente riferimento alla vera identità del collega e a ciò che era successo tempo prima al cinema.

   Adrien ne fu felice, ma evitò di darle corda per un semplice motivo: erano ormai passati tre giorni da quando entrambi avevano avuto la conferma di chi fosse chi, eppure Marinette aveva fatto di tutto per non darlo a vedere, segno che probabilmente non si sentiva ancora pronta ad affrontare l'argomento – forse anche per via di quello che c'era stato fra loro l'ultima volta che avevano vegliato su Parigi nei panni dei loro alter ego. Per questa ragione, Adrien aveva deciso di rispettare quella sua decisione, lasciandole tutto il tempo di ragionarci su a fondo.

   «Che tu ci creda o no, me ne stavo beato a letto quando Papillon ha deciso di farci fare la levataccia anche di domenica mattina», rispose Chat Noir, ormai libero e incurante del fatto che fossero già le dieci. Prese un pezzo di dolce fra le dita e se lo portò al naso, annusandolo con diffidenza. Ne leccò la superficie. «Mh. Buono», commentò fra sé, infilandolo in bocca con un gesto rapido che fece inorridire la sua amica.

   «Pazzo incosciente! Non hai pensato che potrebbe essere avvelenato?!»

   «È per questo che l'ho esaminato prima.»

   «Con perizia scientifica, a quanto mi è parso di vedere...» fu il sarcastico commento di Ladybug.

   Lui scrollò le spalle, mangiandone un altro boccone. «Non ho avuto il tempo di fare colazione, e se la mattina non mangio, non riesco ad ingranare.»

   «Prega solo che quella roba non nasconda qualche arcano potere che ti spinga a schierarti dalla parte del nemico.»

   «Solo perché è successo in un paio di occasioni, non vuol dire ch...» Le parole gli morirono in bocca non appena si accorse di ciò che era comparso in lontananza, alle spalle della ragazza. «Attenta!» gridò, tuffandosi su di lei prima che venisse colpita da qualcosa che rimbalzò contro il palazzo accanto al quale si erano trovati fino ad un attimo prima.

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