Tom si passò una mano sul viso stanco e sospirò, volgendo lo sguardo oltre le vetrine rotte del suo negozio. La distesa di corpi senza vita era stata appena rimossa: dodici vittime, tanti feriti e nessun disperso. Questo era stato il conteggio finale, stilato a notte fonda dalle autorità. Solo quando si era accertato che gli scavi potevano fermarsi lì, il sindaco Bourgeois si era convinto a farsi portare in ospedale, dopo una prima medicazione di fortuna alla spalla e al volto, che aveva battuto violentemente in seguito all'esplosione. Come lui, anche molti agenti di polizia erano rimasti feriti, eppure chi aveva potuto era rimasto fermo al proprio posto, cercando di garantire un minimo di sicurezza ai cittadini presenti sul luogo dell'attentato. Fra i tre che avevano scosso Parigi nell'ultimo mese, quello era stato il meno cruento, benché fosse chiaro a tutti che gli artefici avessero scelto l'istituto Françoise Dupont proprio perché quel pomeriggio avrebbe accolto diverse autorità – a cominciare dal primo cittadino. Il sospetto che non si trattasse più di terrorismo religioso o internazionale ora poteva forse essere confermato: era una questione interna alla città – o all'intera nazione, questo era ancora da appurare. Nessuno, comunque, aveva più alcun dubbio riguardo alla totale estraneità di Papillon ai fatti, non dopo averlo visto dare man forte ai soccorsi, schierandosi per una volta accanto a Ladybug e Chat Noir.
Lo spostamento d'aria dovuto alla deflagrazione della bomba, e la conseguente pioggia di detriti, aveva causato danni alle abitazioni circostanti. Nulla che non potesse risolversi in capo a pochi giorni, ma di certo i residenti della zona non potevano rimanere lì. Il sindaco si era perciò preso ogni responsabilità al riguardo – anche perché in troppi puntavano il dito contro di lui e la sua incompetenza nel non riuscire a sventare gli attacchi terroristici – e si era esposto in prima persona, proponendosi di ospitare gli sfollati per tutto il tempo che fosse stato necessario. Quando perciò Sabine e Marinette lo raggiunsero di sotto con due borse piene dei propri effetti personali più importanti, Tom le strinse a sé con amore e le guidò fuori dall'edificio. Non ricordava nulla dell'akumizzazione che aveva subito, ma si riteneva fortunato ad essere caduto sotto l'effetto dei poteri di Papillon: aveva contribuito a salvare quante più vite possibili.
Adrien e Chloé rizzarono la schiena non appena i Dupain-Cheng uscirono in strada e subito il giovane andò loro incontro, trattenendosi a stento dall'abbracciare Marinette. Non erano ancora riusciti a parlare fra loro, dopo quella chiamata, perciò non avevano avuto modo di discutere riguardo a ciò che Papillon aveva detto o non detto a Chat Noir. Quella conversazione poteva aspettare, ora tutti loro avevano qualcosa di più importante a cui pensare. «Non era necessario che rimanessi fino a quest'ora...» disse Marinette, ringraziando l'amato con un sorriso stanco. Solo un attimo più tardi si accorse che, poco più in là, accanto all'auto di famiglia, c'era anche monsieur Agreste che li fissava da lontano. La ragazza non riusciva a vedere l'espressione del suo volto, ma non doveva essere poi troppo diversa da quella di tutti gli altri. «Va' a casa con tuo padre, anche lui sarà esausto.»
«Sì, è vero», confermò Adrien, rivolgendo uno sguardo sollevato in direzione dell'uomo. «Ma avevo bisogno di vederti un'ultima volta», ammise, infischiandosene del fatto che i genitori di lei potessero sentirlo. Anche Marinette, allora, abbandonò ogni remora e si sporse verso di lui per stringerlo a sé con amore.
«Ci sentiamo domani», si promisero prima di sciogliere l'abbraccio.
Dopo gli ultimi saluti e dopo che l'auto degli Agreste cominciò ad allontanarsi, fu il turno di Chloé di avvicinarsi alla compagna di classe. Era pallida e stanca come tutti loro, i suoi occhi erano ancora arrossati dal fumo e dal pianto, ma nel complesso stava bene. Sembrava persino più bella, così scarmigliata e col trucco ormai rovinato. «Se siete pronti, possiamo andare», esordì con voce gentile ma ferma. Davanti a quella tragedia e al coraggio mostrato da Marinette, che aveva messo a repentaglio se stessa per salvarle la vita, aveva deciso di mettere da parte ogni screzio, ogni spocchia, preferendo di gran lunga concentrare le sue energie su altro, a cominciare dalla preoccupazione per la salute di suo padre – che comunque non correva alcun serio rischio.
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Limiti
Fanfiction*** Attenzione! La presente storia si collega direttamente alla shot Verità. Vi consiglio perciò di leggere prima quest'ultima, per comprendere appieno le vicende di ciò che verrà narrato qui di seguito. *** «A cosa servono, questi poteri, se non po...